Gli esiti del recente summit sul riscaldamento globale

 

di Bartolomeo Buscema

 

Si è conclusa, il 15 dicembre 2018, a Katowice (Polonia), la ventiquattresima Conferenza delle Parti (COP24) della Convenzione Quadro sul Clima delle Nazioni Unite.  Il summit, iniziato lo scorso 2 dicembre, ha visto la partecipazione di delegati e ministri di oltre 200 Nazioni con l’obiettivo di attuare e in parte rivedere le indicazioni dell’Accordo sottoscritto a Parigi nel 2015(COP21). L’inizio dei lavori è stato caratterizzato da molti segnali di allarme provenienti da più parti. Vogliamo qui ricordare quello lanciato dal segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, all’apertura dei lavori: ci stiamo muovendo troppo lentamente e nella direzione sbagliata, è già tardi per fermare il caos, dobbiamo accorciare il nostro ritardo al più presto perché per molti Paesi è già una questione di vita o di morte. Un monito che muove da precise evidenze scientifiche che si possono leggere nell’ultimo rapporto dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), pubblicato lo scorso ottobre, in cui si pone come soglia limite un aumento massimo della temperatura media globale pari 1,5° C rispetto ai valori pre-industriali, e si stabilisce che le emissioni devono essere ridotte almeno del 45 per cento a livello globale entro il 2030, se si vogliono evitare scenari climatici catastrofici e non controllabili. Il citato rapporto contiene, anche, indicazioni per riuscire a mantenere l’aumento globale della temperatura sotto 1,5 gradi centigradi. Un aumento di mezzo grado centigrado in meno rispetto ai due gradi centigradi evocati, nel 2015, nel summit mondiale della capitale francese. E’ opportuno qui ricordare che l’aumento di temperatura media globale rispetto ai valori preindustriali è già oggi pari a +1°C. Uno scenario preoccupante che ha imposto ai partecipanti del summit una corsa febbrile per redigere il cosiddetto Rulebook che stabilisce una tabella di marcia, con le relative regole necessarie, per rendere effettivo l’Accordo di Parigi. Tutto ciò in un contesto di palese divisione in materia climatica: da un lato i Paesi dell’Unione Europea, America Latina, piccole isole, Nuova Zelanda, Canada, Africa più solerti, dall’altro quelli più recalcitranti tra cui Stati Uniti, Russia, Arabia Saudita e Kuwait, grandi produttori d’idrocarburi, che si rifiutano di riconoscere molte indicazioni dello studio IPCC. Ora, senza addentrarci nelle specificità dei negoziati e tenendo conto che, dopo un leggero calo negli anni passati, le emissioni di anidride carbonica nel 2018 sono tornate a crescere, cerchiamo di tratteggiare gli esiti del summit polacco. Pur in un clima negoziale come quello accennato, la redazione del Rulebook è stata portata a termine con molti punti non ben chiariti, ma anche con alcune regole vincolanti tra cui la definizione dei criteri di misura delle emissioni di anidride carbonica, la valutazione periodica delle azioni intraprese da ogni singolo Stato per contrastare il cambiamento climatico e la conferma delle regole di finanziamento del Green Fund, un fondo monetario per aiutare i Paesi in via di sviluppo. Per quanto concerne, invece, l’adozione delle indicazioni del Rapporto dell’IPCC, ostacolata dalle citate quattro Nazioni, è stato raggiunto il compromesso di richiedere agli specialisti tecnici del Subsidiary Body for Scientific and Technological Advice (SBSTA), un organo permanente  di supporto alla Conferenza delle Parti (COP), di riesaminare  il rapporto  in vista della prossima sessione negoziale prevista per giugno 2019.

Un quadro, come si vede, complesso e di non facile soluzione. Secondo molti osservatori gli esiti di Katowice non sono sufficienti per affrontare con tempestività il problema del cambiamento climatico. Secondo altri, per quanto non sufficienti, sono gli unici possibili considerata la diversità degli interessi degli stati firmatari. Saranno i prossimi mesi a chiarirci le idee. Per ora non possiamo non rilevare che nel testo approvato a Katowice, non sono presenti né riferimenti ai diritti umani, né riferimenti all’equità intergenerazionale. Un’imperdonabile mancanza.

Il Galileo