IL MUSEO DELL’INTERNAMENTO E DELLA
DEPORTAZIONE
Luogo della memoria per gli oltre 600mila militari italiani internati nei lager
tedeschi
In 40mila non fecero ritorno
Il museo nasce per non disperdere il patrimonio storico, culturale e umano degli
oltre 600mila militari italiani che, catturati dopo l’8 settembre 1943, furono
internati nei lager tedeschi. 40mila di loro non fecero più ritorno. Il regime
nazionalsocialista, nel disprezzo delle norme di diritto internazionale,
modificò il loro status da “prigionieri di guerra” a “internati militari
italiani” privi di tutele, e successivamente a “lavoratori civili”, per meglio
utilizzarli coattivamente come forza lavoro. Per venti lunghi mesi subirono un
trattamento disumano come “traditori badogliani”. Alcuni vennero rinchiusi in
“campi di rieducazione al lavoro” o nei Konzentrationslager. Con il loro rifiuto
a arruolarsi nelle truppe di Salò, o come ausiliari nella Wehrmacht,
contribuirono alla resistenza antifascista. A differenza di altri gruppi in una
posizione analoga (per esempio i prigionieri di guerra polacchi, in seguito
inquadrati come “lavoratori civili”), la Germania ha finora inspiegabilmente
rifiutato di risarcirli per il lavoro coatto. La loro vicenda non può essere
ricostruita senza collocarla nel contesto del sistema concentrazionario nazista,
che giunse a inglobare tra prigionieri militari e civili e lavoratori coatti
fino a 20 milioni di persone catturate in tutta l’Europa occupata.
Il museo vuole essere una casa comune per tutte le associazioni di internati e
deportati, invitate a contribuire con i loro fondi archivistici. La sua
realizzazione, qui delineata come progetto di massima, curata dal Prof. Luigi
Zani docente di Storia contemporanea della Sapienza di Roma, dalla Dott.sa Eva
Pietroni dell’Istituto per le Tecnologie Applicate ai Beni Culturali CNR-ITABC e
dallo studio DFG Architetti del Dipartimento per la tutela e valorizzazione dei
beni monumentali e rimembranza, sarà affidata a un comitato storico
rappresentativo della comunità scientifica italiana e tedesca. Il museo intende
collaborare con l’Istituto italiano per la storia del movimento di liberazione,
l’Istituto storico germanico di Roma, il Museo della Shoah in costruzione a
Roma, il Museo della Liberazione di via Tasso a Roma, la Fondazione memoria
della deportazione a Milano, il Centro ricerche “Schiavi di Hitler” a Cernobbio
(Como), il Museo dell’internamento a Padova e il Centro di documentazione sul
lavoro coatto a Berlino.
IL METODO ESPOSITIVO
Il museo si avvarrà di tecnologie e supporti comunicativi multimediali, anche
per consentire ricerche e approfondimenti individuali. Da postazioni con video e
cuffie audio sarà possibile accedere a un data-base da costruire e completare
negli anni (la Anrp sta già lavorando alla redazione di un libro dei caduti e a
un lessico biografico degli internati militari), con la progressiva
digitalizzazione degli archivi, delle foto e della memorialistica. Il percorso
nel museo si struttura, sala per sala, secondo linee cronologiche e allo stesso
tempo tematiche. Per ogni blocco tematico sono previste postazioni con
testimonianze in video dei protagonisti sull’argomento trattato.
IL PERCORSO NEL MUSEO
SALA 1 – Introduzione nell’universo
concentrazionario
La prima sala dovrà consentire di orientarsi nel labirinto concentrazionario,
con i suoi gironi di progressiva discriminazione per motivi politici e razziali,
dai campi di lavoro ai diversi campi di concentramento fino all’estremo dei
campi di sterminio per gli ebrei e i rom. Una carta d’Europa raffigurerà
graficamente i flussi di prigionieri dai diversi paesi occupati. Altri grafici
informeranno sui segni distintivi per le diverse categorie di internati e
lavoratori coatti stranieri, e sulla collocazione geografica dei lager, in
particolare degli Stalag e Oflager per i militari.
Da postazioni individuali si potranno effettuare ricerche sugli elenchi
nominativi di tutti – per quanto possibile – gli internati e deportati italiani,
militari e civili, con informazioni sui destini personali, sui campi di
detenzione, sui luoghi di lavoro. E si potrà accedere a un repertorio di
testimonianze videoregistrate di reduci dall’internamento e dalla deportazione.
SALA 2 – Cattura e disarmo Nella seconda sala si presentano gli avvenimenti
successivi all’8 settembre 1943. A una sequenza di video e tracce sonore, che
mostrano alcuni istanti di quei difficili giorni, seguono pannelli multimediali
di approfondimento, che daranno conto anche degli episodi di resistenza armata,
e delle fucilazioni che ne seguirono.
SALA 3 – Il dilemma dei prigionieri: collaborare o resistere? Sin dal
momento della cattura i tedeschi chiesero ai militari italiani se volessero
collaborare con la Wehrmacht. Le pressioni proseguirono insistenti nei lager,
dove i fascisti reclutavano “volontari” per le truppe di Salò. La maggioranza
oppose un fermo rifiuto. Gli argomenti pro o contro, per come sono ricostruibili
dai documenti (anche della propaganda fascista) e dalla memorialistica, potranno
essere proposti anche in forma audiovisiva.
SALA 4 ¬– Verso il lager
La quarta sala accoglie una fiancata di un vagone ferroviario usato durante la
guerra per il trasporto dei deportati militari e civili. Scorrono immagini sul
viaggio verso i lager.
SALA 5 – Campo e internamento
Alcune casse in legno, disposte ordinatamente come le baracche dei lager, sono i
contenitori delle tracce di vita quotidiana nel campo. Tra le assi di legno che
rivestono le pareti della sala, sono alloggiati schermi e pannelli, con disegni
originali degli internati e altre testimonianze riportate dalla prigionia
(diari, foto scattate clandestinamente, corrispondenza con le famiglie).
SALA 6 ¬– Condizioni di vita e lavoro La sesta sala è dedicata alle
condizioni di vita e di lavoro degli Imi. Tabelle di alimentazione, dati sul
progressivo deperimento fisico, la falcidia per malattie non curate. Sarà
tematizzato il passaggio dal lavoro negli Arbeitskommandos, in regime militare,
all’impiego come “lavoratori civili”, con libretti di lavoro, tesserini di
fabbrica, calcolo di minimi salari nominali di cui pochissimo restava detratte
le spese per “vitto e alloggio”. Un pannello rappresenterà i marchi di fabbrica
delle innumerevoli aziende per cui gli Imi sono stati costretti a lavorare.
L’installazione cercherà di evocare lo scenario di un ambiente di lavoro.
SALA 7 – Liberazione e ritorno La settima sala appare differente dalle
altre, è l’unica illuminata naturalmente attraverso i lucernai a soffitto.
L’ambientazione luminosa accompagna la rappresentazione e la narrazione delle
testimonianze di questo momento di euforia, in cui termina finalmente la
prigionia e si torna a casa. SALA 8
– La battaglia per la memoria e il risarcimento L’ultima sala presenta l’epilogo
della storia degli Imi. La difficoltà di trovare un lavoro e un reddito
nell’Italia disastrata dalla guerra; le disperate richieste di aiuti e sussidi
(anche un paio di scarpe o un cappotto per l’inverno); la fatica per ottenere un
riconoscimento pubblico per la “resistenza senza armi” praticata nei lager, col
“no” alle proposte d’arruolamento nazifasciste. Infine la battaglia, anche
giudiziaria, per un risarcimento dalla Repubblica federale tedesca: qui si
dovranno documentare le lettere di rifiuto inviate nel 2001 dalla fondazione
tedesca per i risarcimenti ai più di centomila richiedenti italiani, militari e
civili. Se il governo tedesco – invitato nel 2012 dalla Corte internazionale di
giustizia dell’Aia a negoziare con quello italiano su questa questione ancora
aperta – dovesse rivedere la sua posizione, il museo ne darà conto.