Robert Owen:

un imprenditore socialista

In piena rivoluzione industriale inaugurò un modello progressista del rapporto azienda-dipendenti

 

di Lionello Bianchi

 

 Robert Owen

Nel pieno della rivoluzione  industriale, è da segnalare la figura di Robert Owen, autore nel 1813 di un saggio “Per una concezione nuova della  società” che segnò l’inizio di una nuova era di idee riformatrici, che saranno sottolineate due anni dopo in un altro suo saggio “Osservazioni sugli effetti del sistema industriale”. Non era teoria, la sua, perché egli non faceva che divulgare un proprio comportamento da imprenditore. Difatti, già nel 1791, a vent’anni, era al comando di una filanda nel Lancashire, con più di cinquecento dipendenti. Subito dopo ormai ricco e introdotto negli ambienti letterari  e filosofici, Owen divenne proprietario di alcune filande in Scozia.  Le sue industrie  si distinsero oltreché per la produzione per la conduzione ispirata modelli sociali e solidali. In effetti il suo ruolo di imprenditore capitalista non si limitava a produrre oggetti, si preoccupava dei soggetti che erano impegnati nelle filande: uomini, donne, bambini. Tutti dovevano essere sani, lavorare in ambienti puliti, ben retribuiti, partecipando attivamente alle sorti della comunità. Tutti erano felici del loro lavoro; insomma l’industria di Owen era praticamente un servizio sociale e un mezzo di crescita culturale e morale, dove non c’era lotta di classe tra proletari e borghesia. Infatti Owen non badava a trarre profitto, ma distribuiva il ricavato ai suoi lavoratori che abitavano in case decenti, con scuole nelle vicinanze per l’istruzione dei figli, un’educazione civile e  laica. A quell’epoca era un vero e proprio modello che attirava da un po’  tutte le regioni osservatori interessati a capire come mai le aziende fossero tanto floride con alti salari, ore di lavoro ridotte, con protezione delle donne e dei minori, cibo sano  e vestiti decorosi.  Tutto questo non poté non procurare all’imprenditore invidie e inimicizie, come quella della chiesa che mal tollerava di essere estromessa dall’istruzione. Da qui ne derivò che Robert Owen fu costretto a emigrare negli Stati Uniti dove continuò a lottare fino alla morte nel 1858 contro l’orrore  della rivoluzione industriale  e perseverando nei suoi sforzi per realizzare una società felice del proprio lavoro, non stretta dal bisogno e dallo sfruttamento.

Nella foto a sinistra: la statua dedicata a Robert Owen eretta a Manchester.

 

 

Il Galileo