“Hai sentito il terremoto?”

Uno strumento di indagine dell’INGV sulla percezione di un sisma da parte della popolazione –18mila corrispondenti ed oltre mezzo milione di messaggi – Animatori di questo servizio, praticamente a costo zero, tre ricercatori ed un precario

Intervista al sismologo Valerio de Rubeis,

uno dei responsabili del servizio

 

 

intervista di Giuseppe Prunai

 

 

“Hai sentito il terremoto?” è un servizio dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia con lo scopo di raccogliere e, ovviamente, analizzare le osservazioni della gente comune coinvolta a più livelli in un terremoto. Non appena si verifica un sisma, parte una e mail diretta a coloro, tra i 18mila corrispondenti in tutta Italia, che risiedono nell’area colpita dal terremoto, ai quali viene posta una serie di domande: cosa stavano facendo, cosa hanno avvertito (vibrazioni, lampadari che oscillavano, mobili spostati, comportamento degli animali e quant’altro). I dati vengono poi classificati zona per zona e interpretati.

Coordinatori di questo servizi sono Patrizia Tosi e Valerio de Rubeis, primi ricercatori presso l'INGV. Valerio de Rubeis (nella foto a sinistra) si è è laureato in Scienze geologiche nel 1988 alla Sapienza di Roma, ha lavorato presso l'ENI, analizzando dati geochimici. Entrato all'INGV (allora ancora ING) prima con una borsa di studio, poi con un contratto da ricercatore a termine, poi definitivamente con un concorso,  si occupa di macrosismica e di analisi statistiche dei terremoti nello spazio e nel tempo (applicando modelli ed analisi di tipo frattale).

L’intervista si apre con due domande obbligate sulla sismicità italiana e su quella dell’intero pianeta.

 

 

Il Galileo: Ci sono dei focolai sismici su e giù per la penisola italiana: nel Pollino,  in Abruzzo, in Emilia Romagna etc.: c’è una relazione tra questi?

De Rubeis : E’ una domanda molto interessante e mette in evidenza una caratteristica che si trova in molti aspetti delle Scienze della Terra, quella dell’invarianza di scala. Ci sono dei fenomeni che sono presenti a scale molto diverse, sia nello spazio che nel tempo. Quindi a questa domanda unica occorre rispondere in diversi modi a seconda delle dimensioni che vogliamo rappresentare. Se ci focalizziamo su una grande scala e quindi immaginiamo che questi terremoti siano il risultato di uno stress che si accumula per movimenti di placche, cioè a livello continentale, la risposta è che i terremoti sono collegati, anche perché appartengono alla regione italiana: si tratta di  un distretto che in primis risente dello stress conseguente alla spinta tra la placca africana e la placca europea. Se poi scendiamo ad una scala minore, allora devo distinguere le risposte. Per esempio, per l’Aquila e per l’Emilia, direi che abbiamo avuto dei terremoti molto forti, abbiamo registrato un’evoluzione normale, di queste zone possiamo perciò affermare, con una buona approssimazione, che la sismicità rientra nella struttura tipica di una sequenza. Con tutte le eccezioni del caso, perché normalmente una sequenza prevede opzionali dei fore-shock, cioè dei terremoti prima dell’evento principale, l’evento principale (i fore-shock possono esserci come non esserci) e poi tutta una serie di eventi, cioè altri terremoti, che si susseguono, i primi giorni con una grande frequenza che poi va via via scemando, a magnitudo  inferiore del main shock. Questo in linea media, con tutte le eccezioni. Faccio un esempio: nel Friuli, ci fu il forte terremoto del 1976 e, dopo tre mesi, ce ne fu un altro altrettanto forte, quindi fu una sequenza unica, ma con due scosse altamente distruttive. In Giappone, c’è stato il main-shock al quale sono seguiti molti eventi sismici, considerando che il main-shock ha avuto una magnitudo Richter pari circa a 9, 31 aftershock hanno avuto una magnitudo maggiore di 6, ovvero più grande del recente terremoto dell’Emilia. Occorre tener presente che anche gli aftershock, pur avendo magnitudo inferiore, possono causare danni perché agiscono su strutture danneggiate o indebolite dalla scosse presedenti. Una sequenza può durare anche due o tre anni o più. Dipende dalla zona e dalla magnitudo del terremoto principale.

Per andare al Pollino, si tratta di una regione tra le più sismiche d’Italia. Sono due anni che ha un’alta sismicità e come si evolverà il fenomeno dipenderà dallo stress accumulato. La carta d’identità della regione è particolare.

 

Rimanendo su questo tema le chiedo se esiste una relazione tra un terremoto che colpisce, mettiamo la Turchia e quello che, a distanza di qualche ora colpisce il Giappone o la California?

Per certo si è visto, con osservazioni sperimentali, che quando avviene un terremoto, questo è dovuto allo scorrimento lungo il piano della faglia (la faglia sismogenica è un piano di rottura di svariati chilometri che taglia le rocce nella crosta terrestre) le cui dimensioni e il cui spostamento sono proporzionali alla magnitudo, ovvero alla misura dell’energia rilasciata dal terremoto. E’ stato visto con grande precisione, grazie alle reti di tutti gli strumenti che la scienza e la tecnica oggi mettono a disposizione, che la stragrande maggioranza degli after-shock, cioè dei terremoti che appartengono alla sequenza, vanno ad occupare la zona che individua, geometricamente, il piano della faglia. Questi eventi, in un raggio di alcuni chilometri, sono senz’altro collegati all’evento principale. Altro discorso è quello che viene chiamato in termine anglosassone  attivazione a lunga distanza, “long distance triggering”. Su questo ci sono alcune teorie, però le cose non sono facilmente spiegabili. Mi riallaccio alla domanda precedente. Se avviene un terremoto in Turchia, si può affermare con buona approssimazione che non avrà ripercussioni in Italia. Quando avviene un terremoto di forte intensità, viene comunque registrato dagli strumenti di tutto il mondo, viene riconosciuto ed analizzato. Quando gli strumenti situati in Italia registrano un terremoto avvenuto in Turchia o in Giappone, vuol dire che anche il suolo italiano ha vibrato. La domanda allora è questa: ma questa vibrazione potrebbe scatenare un altro terremoto?  Consideriamo questo fatto: la terra e la luna sono collegate in modo reciproco dal punto di vista della attrazione gravitazionale, la cui conseguenza sono le maree. Ma il fenomeno delle maree non riguarda solo gli oceani, oggetto dell’attrazione gravitazionale non sono solo gli oceani perché anche la parte solida della terra subisce delle deformazioni, sia pure di ampiezza inferiore a quella che interessa le acque. Tutta la terra, ogni “n” ore (ci sono le maree giornaliere, quelle ogni mezza giornata etc.)  subisce uno stress. Allora dovremmo avere un terremoto ogni giorno? Se noi abbiamo una sollecitazione dell’ordine di grandezza dello stress mareale, possiamo ragionevolmente supporre che ciò non ha alcun effetto. Si tratta di un argomento molto discusso e molto aperto. C’è chi ipotizza che il triggering a grande distanza può far sì che, se c’è una zona che ha accumulato già stress di per sé, venga un po’ anticipata nell’emissione di un nuovo terremoto. Ma si tratta di cose difficili da dimostrare e sono oggetto di studio. In linea generale si può dire che oltre un qualche centinaio di chilometri non ci sono normalmente effetti.

 

E ora veniamo allo scopo di questa conversazione: “Hai sentito il terremoto?”. Cos’è, come funziona?

“Hai sentito il terremoto?” fa parte di quelle iniziative che, grazie ad Internet, coinvolgono i cittadini per delle azioni che sono bidirezionali. Dal nostro punto di vista, dal punto di vista di chi le propone, servono a raccogliere informazioni e dati. Ma dall’altro punto di vista, la popolazione, chiunque vi partecipa trova un modo per conoscere un fenomeno e ricevere informazioni che sono più approfondite e più dettagliate di quelle che normalmente si possono trovare su quell’argomento. Moltissime sono state le azioni di questo tipo nel mondo. Per esempio in astronomia, si poteva dare in gestione il proprio computer per elaborare i dati di un ente americano di astronomia per cercare tracce di presenza extraterrestre. Si tratta del progetto SETI. Venivano analizzati segnali radio provenienti dallo spazio per stabilire se si trattava di rumori di fondo, di emissioni radio di lontani corpi celesti oppure segnali volutamente lanciati da ipotetiche forme avanzate tecnologicamente di vita. Per consentire queste ricerche, una persona lasciava acceso il proprio PC quando non  lo usava e, tramite un programma ad hoc, i gestori del progetto potevano elaborare i dati in loro possesso. Un altro progetto di grande successo, sempre astronomico, si avvale dei cittadini per classificare le galassie osservandone le foto fatte da potenti telescopi.

Noi abbiamo, da una parte l’esigenza di avere informazioni sugli effetti dei terremoti, che sono complementari alle informazioni degli strumenti. Uno strumento misura le accelerazioni del suolo, ma noi siamo interessati anche agli effetti di un terremoto in termini di danni, di percezione della popolazione etc. e non c’è nulla di meglio che chiederlo alle persone. Se noi avessimo un finanziamento enorme e tappezzassimo il territorio nazionale di un accelerometro ogni cento metri, avremmo una summa di dati meravigliosa e non ci sarebbe bisogno di coinvolgere nessuno. Ma gestire una rete così è estremamente costoso.

 

A questa iniziativa, ovviamente, si partecipa su basi volontaristiche. Quali dati richiedete ai vostri corrispondenti?

Chiunque può partecipare. Per iscriversi basta andare sul sito www.haisentitoilterremoto.it Comunque ci sono due livelli. Un livello occasionale: è sufficiente andare sul nostro sito, riempire il questionario e darci informazioni sulla percezione del sisma nel luogo in cui ci si trovava. Il livello successivo risponde alle esigenze di chi  è più interessato: può iscriversi, diventare nostro corrispondente riempiendo un modulo e fornendo il proprio indirizzo di posta elettronica. In questo modo si stringe un legame più forte e quando la nostra rete registra un terremoto nella zona di residenza del corrispondente, inviamo una segnalazione e chiediamo informazioni sulla percezione (o non percezione) del sisma e su eventuali effetti. Voglio dire che i nostri corrispondenti sono bravi e scrupolosi. Rispondendo al nostro questionario, la gente dà un apporto straordinario che, trattato statisticamente, soprattutto in forza del grande numero di risposte, ovviamente filtrato da inevitabili errori e oscillazioni, è utilizzabile a fini di ricerca. Oggi abbiamo oltre 18.000 corrispondenti iscritti e abbiamo superato il mezzo milione di questionari compilati, a partire dal 2007. La partecipazione, quindi, è sensibile anche se potenzialmente potrebbe essere maggiore. Da pochi giorni abbiamo disposto un’applicazione per gli smartphone che usano android ed è una versione leggera e portatile del nostro sistema. E’ scaricabile dal sito di google

https://play.google.com/store cercando haisentitoilterremoto.

Quindi chi ha uno di questi telefonini può inviarci informazioni anche se non ha a disposizione un computer.

 

Come vengono analizzati i dati raccolti?

Le domande, chiunque lo può verificare andando sul sito, riguardano i sintomi descritti dalle scale di intensità, come la scala Mercalli, se ci sono stati danni permanenti, ad esempio crolli, oppure tintinnio di vasellame, vibrazione dei vetri delle finestre, se la scossa è stata percepita come terremoto (a volte, la vibrazione prodotta da un grosso automezzo che passa sotto casa può generare equivoci). Poi, noi riuniamo tutte queste risposte zona per zona e vediamo il grado più probabile che spiega questo evento in quel posto. Ricordo, con un esempio, la differenza tra magnitudo e intensità della Scala Mercalli*: immaginate una lampadina a 100 watt. Se la metto ad un centimetro dal mio occhio, mi abbaglia; se la metto a 10 chilometri, a stento la vedo. Ma la lampada è sempre di 100 watt. I watt sono l’equivalente della magnitudo, la percezione della luce della lampada è come l’intensità in Scala Mercalli (nella foto a destra, il sismologo e vulcanologo Giuseppe Mercalli). In un terremoto, in funzione della sua profondità e della sua magnitudo, io ho in un intero territorio una serie di effetti diversi che noi misuriamo e modelliamo.

 

Come reagiscono le persone che voi interpellate alle varie domande: tendono ad esagerare o a minimizzare?

In genere, come ho già detto, sono molto precisi, molto bravi. E ciò ci ha positivamente stupito. Ci sono persone estremamente precise che segnano con cura l’ora e le risposte non sono né esagerate né minimizzate. Anche perché il questionario è molto semplice. Ma c’è anche una sezione libera, in cui si possono inserire dei commenti, molti dei quali interessanti. Per esempio riceviamo segnalazioni del comportamento degli animali prima e durante il terremoto. E’ molto piccola la percentuale dei questionari anomali. Abbiamo due criteri per stabilire se un questionario è affidabile. Per esempio, se uno mi dice, per esempio, che si è spaventato a morte e poi ha avvertito  una piccolissima vibrazione non è molto coerente. Oppure, mi indica un grado bassissimo nella zona epicentrale di un forte terremoto: non è molto credibile. Però, in maggioranza, i corrispondenti dànno risposte compatibili con la magnitudo del terremoto e la zona in cui si trovano.

 

Vi arrivano delle segnalazioni a livello di aneddoto?

Noi registriamo uno spirito comune che è quello di condivide l’esperienza. Ci sono persone che ci raccontano spaccati di vita. Ad esempio: stavo dormendo, per prima cosa sono andato a trovare i miei figli, ci siamo abbracciati, ci siamo nascosti sotto una porta. Cioè, ci tengono a raccontare anche la loro esperienza emozionale, rispetto all’evento. E questo emoziona, perché non siamo soltanto ricercatori….

 

Nelle nostre abitazioni ci sono dei sismografi a buon mercato, i lampadari e i quadri appesi alle pareti: vengono osservati i loro spostamenti?

Si, certamente! Ma poi ci sono dati anche più moderni, che ovviamente Mercalli non aveva previsto. Pensi agli allarmi delle automobili e delle abitazioni che si attivano.

 

Quante persone, tra ricercatori ed altri, impiega questo servizio?

Siamo in quattro, di cui una persona precaria, ma non ci lavoriamo a tempo pieno. Svolgiamo anche altri compiti e il nostro lavoro di ricerca che poi confluisce in pubblicazioni scientifiche: in una sezione del nostro sito si possono leggere.

 

Quanto costa questo servizio?

Poiché le attrezzature informatiche sono quelle dell’INGV, costa solo la bontà e l’impegno delle persone. Praticamente, siamo a costo zero.

 

 

 

 

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