Gli effetti del
lockdown nelle atmosfere urbane
Con il lockdown più bassi i livelli di particolato, biossido di azoto e benzene.
Lo rivela uno studio pubblicato su Urban Climate condotto dell’Istituto di
scienze dell'atmosfera e del clima del Cnr, in collaborazione con Università
Sapienza, Enea, Cnr-Iia, Arpa Lazio e Val D’Aosta, Serco e ARIA-Net
In un recente studio pubblicato sulla rivista Urban Climate, condotto
dall’Istituto di scienze dell'atmosfera e del clima del Consiglio nazionale
delle ricerche (Cnr-Isac) in collaborazione con l’Università Sapienza di Roma,
Enea, Istituto sull’inquinamento atmosferico (Cnr–Iia), Arpa Lazio e Val
d’Aosta, Serco ed ARIA-Net, è analizzato l’ impatto del periodo di lockdown (24
febbraio - 4 maggio 2020) indetto durante la prima ondata della pandemia da
Covid-19, sulla composizione atmosferica in cinque siti urbani italiani.
Nel lavoro sono presentate le misure delle proprietà ottiche degli aerosol (lo
spessore ottico quale indice della torbidità della colonna atmosferica) ottenute
dai fotometri, le misure della concentrazione di biossido di azoto (NO2)
nell’intera colonna d’aria da spettrometri e da misure satellitari e le
concentrazioni al suolo di PM10, PM2.5, NO2, BC (Black Carbon) e benzene nelle
città di Aosta, Milano, Bologna, Roma e Taranto, caratterizzate, per posizione
geografica, da diverse condizioni meteo-climatiche.
A sinistra, variazione percentuale delle concentrazioni di PM10, PM2.5 e NO2
rispetto al periodo di riferimento in stazioni al suolo per 5 città italiane. Il
periodo di lockdown è stato diviso in tre fasi (Fase 1: 24 febbraio – 8 marzo,
Fase 2: 9 – 21 marzo, Fase 3: 22 marzo – 4 maggio ) seguendo le restrizioni
definite dai decreti Legge; a destra, le città coinvolte nello studio e
direzione di provenienza delle masse d’aria
“I parametri misurati nelle diverse città sono stati confrontati con quelli
rilevati in un periodo di riferimento di 5 anni (2015-2019), escludendo i giorni
caratterizzati da eventi di trasporto a lungo raggio, quali ad esempio il fumo
proveniente dagli incendi dall'Europa orientale e dal Montenegro, le polveri
dall'area del Caspio e dal Sahara, gli inquinanti dalla Pianura Padana verso
Aosta”, spiega Monica Campanelli del Cnr-Isac.
Il confronto ha evidenziato una drastica diminuzione del PM10 (da un massimo di
-52% ad Aosta , ad un minimo di -4% a Taranto), del PM2.5 (da -46% ad Aosta e
Milano, a -0,6% a Bologna), del BC (da -77% ad Aosta, a -25% a Milano), dell’NO2
(da -72% a Roma , a -4% a Taranto) e delle concentrazioni del benzene (circa
-50% in tutte le città ad eccezione di Taranto). Al contrario, la presenza di
alcuni eventi di stagnazione, durante marzo 2020, ha provocato un incremento del
PM2.5 nei siti meridionali, mentre nella sola zona industriale di Taranto è
stato osservato un forte aumento del benzene (fino a +104%). Infine, la
concentrazione di ozono al suolo è aumentata in media di circa il 30% in tutti i
siti, al contrario lo spessore ottico si è ridotto del 70% ad Aosta e del 50% a
Roma.
“Rispetto a studi precedenti, questo lavoro ha mostrato l’influenza delle
condizioni meteorologiche sulla concentrazione dei PM. Il confronto fra le
misure delle concentrazioni di gas e particelle prima e durante il periodo di
lockdown è importante per studi aventi come obiettivo la correlazione tra
emissioni da traffico ed inquinanti. Inoltre, l'impatto della riduzione delle
emissioni da traffico fornisce lo scenario di un futuro caratterizzato
dall’aumento su larga scala dei veicoli elettrici”, sottolinea Campanelli.