CONCLUSA L’OPERAZIONE “AQUILA
OMNIA” DELL’AERONAUTICA
MILITARE ITALIANA
di Paolo Negrelli
Con l’avvicinarsi del ventennale dell’attentato alle “Torri Gemelle” di New York
dell’11 settembre 2001, lunedì 30 agosto, con un giorno di anticipo rispetto a
quanto programmato dal Pentagono, l’ultimo soldato americano – il comandante
della 82° Divisione Aerotrasportata (n.d.r.) – ha lasciato il territorio
afghano, mettendo la parola fine a una missione lunga 20 anni.
Dopo la rapida avanzata delle truppe talebane in tutto il Paese, le forze armate
occidentali presenti sul territorio hanno dato il via ad un gigantesco ponte
aereo per evacuare il proprio personale ancora li dislocato, i civili afghani
che avevano collaborato con i militari della coalizione e quanti cercavano
rifugio fuori dall’Afghanistan.
A seguito della caduta di Kabul, avvenuta il 15 agosto scorso, la situazione si
è via via fatta più caotica, con migliaia di persone che hanno letteralmente
preso d’assalto l’aeroporto internazionale “Hamid Karzai”, nel tentativo di
conquistare un posto su uno degli aerei in partenza e, quindi, verso la libertà.
Da parte italiana, il ponte aereo ha visto l’impiego dei velivoli C-130J della
46a Aerobrigata di Pisa e KC-767 appartenenti al 14° Stormo di Pratica di Mare,
che hanno assicurato i collegamenti tra Kabul e Kuwait City – ad opera dei primi
– e da qui a Roma con i secondi, che godono di maggiore autonomia di volo.
Secondo i dati resi noti dal Ministero della Difesa, nel corso dell’operazione
“Aquila Omnia”, che si è conclusa lo scorso 27 agosto con la partenza
dell’ultimo velivolo dall’aerostazione afghana, l’Aeronautica ha completato il
trasferimento di 5.011 persone, di cui 4.890 civili.
Nonostante le operazioni si siano svolte senza particolari intoppi, momenti di
grande tensione si sono vissuti il 26 agosto scorso quando un attacco
terroristico – successivamente rivendicato dall’ISIS-K, la componente presente
sul territorio afghano – ha colpito nei pressi di uno degli accessi
all’aeroporto della capitale, causando la morte e il ferimento di centinaia tra
civili e militari che si trovavano nell’area.
La consegna dell'aquila all'allora sottotenente
Annamaria Tribuna
La reazione dei soldati presenti all’interno dello scalo e delle milizie
talebane all’esterno è stata pressoché immediata, e numerose armi automatiche
hanno aperto il fuoco in risposta alle esplosioni.
Negli istanti in cui il kamikaze metteva in atto il suo piano di morte, uno dei
C-130 dell’AMI si preparava al decollo verso Kuwait City ai comandi del Maggiore
Annamaria Tribuna.
Nel violento scontro a fuoco che si è sviluppato subito dopo le esplosioni, non
è chiaro se alcune raffiche di mitragliatrice pesante siano state indirizzate
verso il velivolo italiano, anche se sull’argomento il Ministero della Difesa ha
rilasciato una nota che esclude categoricamente questa eventualità.
Secondo i testimoni a bordo, in quei secondi concitati il Maggiore Tribuna,
dimostrando grandi doti di volo e una notevole dose di sangue freddo, ha messo
in atto manovre elusive per sottrarsi all’eventuale fuoco di ritorsione da
terra, mettendo in sicurezza il velivolo con il suo prezioso carico di civili
inermi.
Grandi doti di volo in quanto, giova ricordare, la situazione poteva essere
potenzialmente fatale.
Le operazioni di decollo ed atterraggio sono le più pericolose per ogni
velivolo. Il mezzo deve rispettare specifici parametri di volo e non è possibile
compiere manovre troppo brusche, per via della velocità e della bassa quota.
L'imbarco su un aereo da trasporto all'aeroporto di Kabul
Inoltre, mentre contro una minaccia portata da un missile esistono specifici
strumenti di difesa – dai jammer radar, al lancio di materiale di disturbo quali
i chaff (specifici per ingannare i missili a guida radar) e i flare (contro le
armi a guida termica), di cui tutti i velivoli militari sono dotati – in
risposta al tiro di armi automatiche un pilota è praticamente inerme, dovendo
contare solo ed esclusivamente sulla potenza e manovrabilità del proprio mezzo.
Che, come si accennava pocanzi, in quelle specifiche fasi sono particolarmente
ridotte.
A questo occorre aggiungere che il C-130J è un aereo da trasposto strategico, e
quindi non gode delle stesse prestazioni dei più agili caccia, nonostante
possieda ottime performance nel volo a bassa quota.
Ritenendo quindi il proprio velivolo in immediato pericolo, il Maggiore Tribuna
ha messo in atto manovre di disimpegno a bassa quota, sottraendo il mezzo alla
possibile minaccia e successivamente indirizzandolo verso la sua destinazione
finale, l’aeroporto di Kuwait City.
Nonostante l’episodio risulti ancora controverso e solo eventuali indagini
faranno piena luce sull’accaduto, è indubbio che il comportamento del Maggiore
Tribuna ha certamente contribuito a salvare la vita delle circa 60 persone a
bordo.