La città ideale tra utopia e realtà

Da Platone a Campanella e a Plotino

 alla città di oggi

Sognare per raggiungere un nuovo modello di vita

 


 

Una delle rappresentazioni pittoriche del concetto di Città ideale (fine XV sec.), dipinta da un anonimo fiorentino e conservata al Walters Art Museum di Baltimora. Il direttore del neonato TG3, Sandro Curzi, volle quest’immagine come sigla della sua trasmissione

Quando Platone scrisse “La Repubblica”, o più correttamente “La Costituzione”, non intendeva creare solo un’opera di filosofia giuridica ma spiegare concretamente come uno Stato, o una città-Stato, dovesse essere costruita, ideata, vissuta e amministrata perché chiunque varcasse i suoi confini o vi soggiornasse in maniera più o meno stabile fosse soddisfatto.

L’idea di Platone (ommagine a sinisttra) di una società guidata dai filosofi, unici ad avere le conoscenze e la moralità necessarie per assolvere al meglio tale compito, rimase per lui solo un’ipotesi, un’idea fantastica che non pensava avrebbe mai visto la luce. In realtà nei secoli successivi altri filosofi tentarono di costruire concretamente una città ideale. Il caso più noto è sicuramente quello della Città del Sole, ideata dal filosofo Tommaso Campanella (immagine a destra), che curò nei minimi dettagli la struttura architettonica della città e il passare del tempo dei suoi cittadini. Secondo il Campanella, infatti, non è necessario lavorare più di quattro ore al giorno, l’importante è che tutte le attività che si svolgono nel corso della giornata siano tutte dedicate al sapere. La stessa istruzione, che per lui doveva cominciare all’età di tre anni allontanando i bambini dalle loro famiglie, doveva essere improntata al giocare – imparando. Un’idea tutt’oggi condivisa e spesso messa in pratica da molte scuole materne, ma sicuramente in maniera meno drastica. L’idea di Campanella si trasformò più che in un bel sogno in un incubo, tanto da fallire miseramente. Un esempio meno noto ma comunque significativo è l’esperimento di Plotino. Il filosofo greco creò Platonopoli, una città ideale che traduceva in pratica le teorie di Platone. Ben presto si rese conto che l’idea di Platone era un’utopia irrealizzabile. (A sinistra, l'immagine di Plotino)

Ma l’idea di città ideale non va per forza accantonata, ma analizzata e cercata di tradurre in espedienti concreti e attuabili che possano migliorare la vita di ognuno di noi. Un modello unico, che metta tutti d’accordo e piaccia a chiunque non potrà mai esistere. Si possono, però, cercare dei compromessi che aspirano all’idea di città ben governata e ben funzionante approvati dalla maggioranza e che, in fin dei conti, non dispiacciano alla minoranza.

Ragionando sull’idea di città perfetta per me, o aspirante tale, mi sono resa conto di essermi ritrovata a pensare a degli spazi verdi grandi e ben organizzati e facilmente raggiungibili, una città pulita, con alternative valide all’automobile per spostamenti più o meno lunghi, con servizi di ogni genere in ogni quartiere, dal più periferico al più centrale, con la cultura e spazi per fare e condividere sapere al centro di ogni agglomerato urbano, con attività rivolte a chiunque e ovunque. La mia città ideale è fornita di spazi che consentono ai giovani, ma anche agli anziani, di incontrarsi, di riunirsi e di avere uno scambio pacifico di idee. In questa città ideale non esistono ostacoli a chi ha una mobilità ridotta perché questa stessa espressione, mobilità ridotta, non deve più esprimere un senso di disagio o svantaggio. Infine, la mia città ideale è “green”. Termine forse abusato, forse un po’ squallido per dire che le nostre esistenze, oramai, devono tendere a un modello di vita più consapevole. “Green” non vuol dire solo parchi e biciclette, ma che dobbiamo essere più consapevoli dell’inquinamento che ci sta distruggendo, dobbiamo essere più consapevoli delle variazioni climatiche, da cosa sono dovute e come tentare di arginarle. La mia città ideale ha, quindi, al centro dei suoi valori fondanti, la giustizia climatica che, però, deve andare di pari passo con quella sociale. Non possiamo pensare di risolvere i problemi legati all’ambiente a livello mondiale o, più umilmente, a livello locale se, poi, chi affolla le nostre città abita in baracche o non ha di che vivere.

Questo, in fin dei conti, è ciò che cerca di spiegarmi una giovane candidata alle elezioni amministrative del comune di Milano, Erica S., selezionata in tutta Italia all’interno di un gruppo di giovanissimi, hanno tutti meno di 30 anni, dal progetto “Fantapolitica”. Un progetto, legato a realtà partitiche ambientaliste, che vuole spiegare ai giovani che la politica è bella, è fantastica, e che prepara le nuove generazioni a una gestione consapevole della cosa pubblica. Erica, che incontro per caso davanti al tribunale di Milano mentre raccoglie firme per un Referendum sulla caccia, mi spiega la teoria dell’anguria (cocomero per chi non è milanese): “noi dobbiamo essere come l’anguria in politica. Verdi fuori, cioè perseguire politiche ambientali valide, e rossi dentro, perché la giustizia sociale non va mai dimenticata e messa da parte”.

Mi presenta altri due compagni di partito (si chiamano ancora compagni i militanti dei partiti di un certo schieramento politico?) candidati nella sua stessa lista. C’è Francesco F., anche lui giovane e con la voglia di dare un cambiamento significativo a Milano e alla politica. “Non sono milanese, abito qua da poco ma la politica va oltre la città e la regione di nascita. Fare politica vuol dire fare parte della società. E solo con la politica possiamo cambiare, in meglio, la società del futuro”. E poi c’è Diego S., che ha soli 25 anni ma sogna di cambiare il mondo partendo da Milano. Lotta, anima e corpo, perché la città diventi di più facile accessibilità e mobilità e contro una vecchia idea di assistenzialismo per cui chi ha difficoltà motorie, come lui, chi presenta delle disabilità viene guardato e trattato come un diverso. Un giovane con un enorme passato alle spalle, che ha cercato nella sinistra moderata un pensiero progressista. E lo ha trovato.

Tre sognatori, che vogliono portare la loro idea di città ideale nelle istituzioni. E lo fanno partendo dalle ceneri di un vecchio partito ambientalista italiano, una realtà che nel nostro paese non ha mai avuto troppo successo perché accusato di essere troppo monotematico, ma che finalmente ha trovato la sua dimensione.

Chi lo sa che non riusciremo davvero ad avere almeno un pezzettino di città ideale.

 

Il Galileo