La decisione di Biden di ritirare le truppe dall’Afghanistan ha provocato la
presa del potere da parte dei talebani – Il prezzo più alto lo stanno pagando le
donne che non potranno più studiare e lavorare
di Giuseppe Prunai
Lo avrebbe immaginato anche un bambino che i talebani aspettavano dietro
l’angolo l’occasione giusta per impadronirsi del potere ed imporre il loro
medioevo. Lo avrebbero immaginato tutti tranne che il presidente Biden che ha
voluto o dovuto pagare quest’umiliazione e far pagare agli afghani, e
soprattutto alle donne afghane, questo prezzo esoso. Biden ha ritirato le sue
truppe determinando l’esodo degli altri militari della coalizione. Motivo
ufficiale: porre fine ad un’occupazione che durava da 20 anni con conseguente
riduzione delle spese militari. In realtà è stata una fuga che ricorda quella
dal Vietnam con la necessità, come accadde in Vietnam, di sottrarre alle
persecuzioni tutti coloro che con la coalizione avevano collaborato, soprattutto
interpreti, tecnici, impiegati nei più svariati settori.
Una carrellata di foto dei vari attentati all'aeroporto di Kabul e in città
Dopo il ritiro dal Vietnam ci fu il fenomeno delle boat-people, della gente che
fuggiva via mare con le imbarcazioni più disparate ed insicure. La NATO affidò
alla marina militare italiana il compito di intercettare questi gusci di noce e
di trasferirne gli occupanti negli Stati Uniti. Ricordo che, in un albergo di
Montreal (Canada), il prestigioso Chateau Champlin, una cameriera ai piani mi
raccontò la sua storia di profuga dal Vietnam su un incrociatore italiano e di
conservare un ottimo ricordo dell’accoglienza e del personale di bordo.
Una fuga, abbiamo detto, con la
conseguenza di lasciare in mano ai talebani tutto un vastissimo
arsenale americano: armi, munizioni,
automezzi, anche pesanti, vestiario, apparecchiature varie come radio, radar,
computer, visori notturni etc.
Dopo il ritiro della coalizione c’è stato il ponte aereo, come ci racconta in
questa edizione il nostro collaboratore Paolo Negrelli. Scene drammatiche si
sono verificate all’aeroporto di Kabul con i velivoli presi d’assalto e che sono
decollati con gente aggrappata ai carrelli e precipitata nel vuoto un volta in
quota. C’è stato un attentato kamikaze in aeroporto con morti e feriti, ci sono
state auto-bomba in giro per la città, c’è stata una raffica di mitragliatrice
dinanzi al muso di un velivolo italiano, un C130, pilotato dal maggiore
Annamaria Tribuna, pilota con oltre 2.000 ore di volo sulle spalle. Visti i
traccianti, la Tribuna, con l’apparecchio in fase di decollo, ha messo in atto
una manovra diversiva, piuttosto difficile a bassa quota ed ha adottato
una serie di contromisure di guerra
elettronica per prevenire un eventuale attacco con missili.
Un episodio sul quale le fonti ufficiali tacciono. Chi ha sparato? E’ stato
fuoco amico? Può darsi ma che senso avrebbe avuto sparare una raffica in aria
come reazione ad un attentato?
Comunque, tutto il personale italiano è rientrato in patria. Gli ultimi a
lasciare Kabul, rimasti fino all’ultimo a coordinare l’evacuazione, sono stati
il console ad interim a Kabul, Tommaso Claudi, 31 anni; il rappresentante civile
della NATO, Stefano Pontecorvo, 64 anni; il comandante
del contingente del battaglione Tuscania nella capitale afghana, Capitano
Alberto Dal Basso, 27 anni.
Ma chi sta pagando il prezzo più alto dell’occupazione talebana sono le donne.
Con l’imposizione della sharìa, la legge maomettana imposta dal Corano, le donne
non possono andare a scuola e all’università, non possono lavorare, non possono
uscire di casa se non accompagnate da un uomo. Ma ogni giorno si assiste a
manifestazioni di donne di tutte le età che contestano il potere talebano. Se le
proteste di piazza si trasformeranno in resistenza armata andremo incontro ad un
bagno di sangue.