le preoccupanti previsioni
del nuovo rapporto IPCC
L’impatto del cambiamento climatico sul nostro pianeta sarà più nefasto di
quanto previsto dagli attuali modelli matematici sull’evoluzione del clima
globale. La soglia di due gradi
centigradi di aumento di temperatura media globale
fissata nell’accordo di Parigi
è poco incisiva per arginare gli effetti negativi di un pianeta sempre
più caldo. Le diseguaglianze tra Paesi poveri e Paesi ricchi cresceranno
vertiginosamente se non agiamo subito. I tre asserti, che suonano come moniti,
sono contenuti nella bozza, quasi definitiva, del nuovo rapporto dell’IPCC
(Intergovernmental Panel on Climate Change), il principale organismo
internazionale per la valutazione dei cambiamenti climatici globali, frutto del
lavoro di alcune migliaia di climatologi sparsi nelle varie aree della Terra.
Già la bozza si presenta come un
ponderoso documento di circa 4.000
pagine,documento che dovrebbe
essere reso pubblico nel prossimo
febbraio 2022. Ricordiamo che i rapporti dell’IPCC rappresentano una sorta di
compendio scientifico aggiornato dello stato dell’arte, sulla cui base vengono
elaborati scenari climatici futuri
che costituiscono l’ambito entro il quale i governanti dovrebbero impostare le
loro politiche di contrasto all’emergenza climatica. La bozza evidentemente è un
documento suscettibile di modifiche e di conseguenza è ancora in mano agli
scienziati che la stanno elaborando. Tuttavia l’AFP (Agence France-Presse),
un’agenzia fondata nel 1835 e considerata tra le più importanti e autorevoli al
mondo, ha avuto l’occasione di sfogliarla sintetizzando la bozza nei tre asserti
che costituiscono l’incipit del nostro articolo.
L’AFP ha anche messo in luce
l’aspetto insolito del rapporto dell’IPCC: toni drammatici, linguaggio diretto
per nulla ambiguo. “Le sfide che abbiamo di fronte sono strutturali e fortemente
interconnesse con la nostra vita di tutti i giorni “ avverte l’IPCC che punta il
dito sull’inazione dei governi che non stanno frenando la selvaggia
deforestazione e soprattutto stanno lasciando che gli Oceani (grandi assorbitori
di anidride carbonica ed emettitori di ossigeno) svolgano sempre meno il loro
ruolo benefico per l’ecosistema globale e dunque per l’umanità. Servono misure
drastiche e soprattutto immediate se non si vogliono condannare all’estinzione
molte specie animali e molti
ecosistemi che già in parte
sono profondamente degradati. Gli scienziati del clima dell’IPCC ci dicono anche
che noi non siamo pronti ad affrontare nemmeno gli scenari che prevedono un
aumento di temperatura di 2°C entro il 2050. E aggiungono,a quanto già
accennato, che circa
130 milioni di abitanti della Terra finiranno in povertà estrema e che
altrettante persone si troveranno ad affrontare periodi di siccità,
inondazioni, ondate di calore insopportabili, penuria d’acqua. Un altro
argomento della bozza dell’IPCC concerne
invece gli scenari climatici di non ritorno. C’è un reale pericolo che un
repentino cambiamento climatico globale inneschi impatti devastanti a cascata
senza alcuna possibilità futura di
controllo. Per esempio, lo scioglimento dei ghiacci artici che non determinerà
solo l’innalzamento del livello medio dei mari, ma causerà anche l’immissione in
atmosfera del metano (un aggressivo gas serra) trattenuto nel terreno congelato.
La bozza del documento cita
la fusione dei ghiacciai in Groenlandia e Antartide, il degrado
dell’Amazzonia , lo scioglimento del permafrost siberiano . E’ un quadro molto
critico che esige un rapido e radicale cambiamento delle politiche governative,
e anche delle nostre abitudini di vivere e di consumare. Il rapporto non si
limita solamente alla descrizione di preoccupanti scenari, fornisce anche
percorsi di contrasto e di adattamento tra cui il ripristino dei cosiddetti
ecosistemi “blue carbon” (foreste di alghe e mangrovie), l’esortazione a
mangiare meno carne scegliendo diete a base di vegetali. Una misura
quest’ultima, secondo l’IPCC, in grado di tagliare del 70% le emissioni legate
alla produzione di cibo entro il
2050. Certamente si tratta di previsioni scientifiche delle quali è anche
misurato il grado d’incertezza e quindi di affidabilità. Costituiscono, però,
l’unica arma di cui disponiamo se vogliamo per tempo impostare efficaci
politiche di contrasto. Ma poi ci sono
anche i fatti. E’ stato misurato che il calore ‘intrappolato’ a causa
dell’effetto serra nell’atmosfera è raddoppiato nel periodo che va dal 2005 al
2019. Ciò ha determinato anche un aumento della temperatura media degli Oceani i
quali prima assorbivano oltre il 90% del calore “intrappolato” dai gas serra
emessi dalla combustione di combustibili fossili, e che oggi, proprio a causa
dell’aumento di temperatura, sono quasi al limite della loro capacità di
assorbimento dell’anidride carbonica. Tale aumento di temperatura provoca anche
la fusione del ghiaccio delle calotte polari e una certa espansione della massa
d’acqua. Due fenomeni che, negli ultimi dieci anni, hanno determinano
l’innalzamento medio del livello del mare più alto misurato dall’inizio del
Novecento, costringendo già circa 150 milioni di persone a spostarsi
nell’entroterra con le immaginabili conseguenze economiche.