La storia di un protagonista
Nei suoi diari – raccolti e selezionati da Piero Meucci - un trentennio di vita
politica italiana
di Mario Talli
“La storia segreta della DC nei diari di un protagonista”, è il
sottotitolo esplicativo e
accattivante di un libro che rivela
per la prima volta (è proprio il caso di parlare
di primizia) il contenuto dei diari che Ettore Bernabei, direttore di
giornali e grande manager pubblico e privato, uomo di fiducia di Fanfani e La
Pira e per un certo periodo anche di Moro, ha tenuto nel lungo intermezzo in cui
la Democrazia cristiana ha governato l'Italia, esercitando un potere se non
assoluto certamente così grande da condizionare tutto e tutti, compresi i
partiti di volta in volta suoi alleati e financo quelli all'opposizione.
L'autore del libro,
che si è assunto il compito non facile di selezionare i diari che occupano un
periodo temporale di circa un trentennio, è Piero Meucci, giornalista di lungo
corso e di significative e multiformi esperienze in Italia e all'Estero
Ciò che rende particolarmente interessante il contenuto del sostanzioso
volume è che l'autore dei diari, di natura riservato, non ha omesso nulla di
quanto accadeva nella Dc nei periodi più agitati della vita politica italiana e
in particolare delle dispute che avvenivano al suo interno in ragione di
posizioni politiche differenti tra i suoi principali esponenti
o semplicemente per questioni di potere personale. Bernabei, infatti, nel
redigere il diario si era infatti autoimposto la massima riservatezza, non
avendo altro scopo oltre quello di annotare quanto veniva a sapere per
soddisfare la propria curiosità, ma soprattutto
per poter meglio esercitare all'occorrenza il ruolo di consigliere
personale di Fanfani e degli altri dirigenti favorevoli ad un governo che pur
con tutte le cautele del caso non fosse pregiudizialmente ostile
alla sinistra. Il fiorentino Bernabei era infatti cresciuto politicamente
sotto le insegne di La Pira, il quale come si sa auspicava una Democrazia
cristiana che guardasse verso il basso, alle categorie economicamente meno
avvantaggiate.
Prima di
penetrare il contenuto dei diari è il caso di spendere due parole per illustrare
la personalità ragguardevole del suo autore. Che ha esordito come semplice
giornalista per diventare molto presto direttore del quotidiano fiorentino Il
Giornale del Mattino e
successivamente direttore del Popolo, organo della DC. Il nuovo incarico
comportò il trasferimento di Bernabei nella capitale dove ben presto diventò
uomo di fiducia e ascoltato consigliere oltre che di Fanfani (con il
quale il rapporto era cominciato anni prima quando entrambi risiedevano nella
natia Toscana) di altri importanti
esponenti democristiani, compreso, dopo un primo periodo di relativa freddezza e
forse di reciproca incomprensione, Aldo Moro, nonché del presidente dell'ENI,
Enrico Mattei. Lasciata la direzione del Popolo
fu per quasi un quindicennio (dal '61 al '74) direttore generale della
Rai, cui seguì la direzione dell'Italstat,
finanziaria il cui compito era di favorire la creazione delle
infrastrutture di cui l'Italia aveva bisogno. Qui termina la funzione di
Bernabei “uomo pubblico” per
assumere quella di imprenditore privato con la fondazione di una casa di
produzione cinematografica, la Lux Vide, tuttora operante.
Una delle parti
più corpose dei diari sono quelle relative agli anni '60 allorché, esaurita la
fase delle coalizioni di governo centriste, la Dc, che non ha più la maggioranza
assoluta in Parlamento ed è diventato partito di maggioranza relativa,
deve escogitare altre combinazioni politiche. La prospettiva cui Fanfani
e successivamente anche Moro che gli è succeduto alla guida del partito guardano
è un'alleanza con i socialisti, eventualità che incontra dura opposizione tra le
altre componenti del partito e in Vaticano.
“All'inizio del nuovo decennio diventa sempre più evidente – nota Piero Meucci,
che accompagna la lettura dei diari con commenti lucidi e misurati, a proposito
di questo periodo – che Moro vuole proseguire la linea di apertura a sinistra
del suo predecessore”, ossia di Fanfani. Il nuovo decennio sono, appunto, gli
inizi degli anni Sessanta, anni di grande incertezza anche perché, per la prima
volta, nessun schieramento interno alla Dc ha più la maggioranza assoluta.
“Mentre americani e inglesi sembrano desiderare un'alleanza di socialisti e
democristiani, anche a costo di spaccare i due partiti – annota da parte sua
Bernabei – alcuni cattolici si prestano a far scivolare il Paese in un fascismo
in guanti gialli, tutto rose e miele, dove però comandano solo alcuni gruppi
privilegiati.”
Sintetizzare il contenuto dei diari è un'impresa assai difficoltosa per il lungo
arco di tempo di cui si occupano e per l'incalzare degli eventi. Bernabei non si
limita, come è ovvio, a registrare quanto avviene nella Dc, la lotta a volte
aspra tra le correnti per la
conquista del potere e l'affermazione di una determinata linea politica per il
governo, ma annota scrupolosamente dal suo punto di osservazione privilegiato
gli eventi più importanti che si succedono in Italia e nel mondo. Un esempio per
tutti le ripercussioni che il papato di Giovanni XXIII e il Concilio hanno avuto
nella vita politica italiana e mondiale. Il clima conciliare lo coinvolge
personalmente con viaggi e incontri che avrà prima in Unione Sovietica e poi
negli Stati Uniti. Nel 63' incontrerà anche il Papa: “L'essenziale è fare sempre
quello che si pensa sia il bene”, gli dice
il Pontefice. Il commento di Bernabei è commosso: “Incontro meraviglioso
che non so come descrivere. Giuseppe Roncalli è veramente un uomo eccezionale.
E' rimasto figlio di contadini nella capacità di ridurre tutto
all'essenziale...”
L'ultimo dei
diari è del 1984. Bernabei riferisce dei rapporti di amore-odio fra
il sempiterno Fanfani e De Mita, principali protagonisti del congresso
della Dc svoltosi dal 24 al 28 febbraio. I due, osserva, “non si amano, anzi c'è
fra loro una diffidenza e una reciproca insopportabilità, ma finiscono per
cercarsi e per darsi un appoggio in vista di futuri reciproci vantaggi più o
meno ipotetici e realizzabili.” Ma da quel momento in poi
per la Dc e altri partiti che con lei erano stati al governo non ci sono
più grandi possibilità di manovra. Ancora poco tempo e poi saranno spazzati via
dalla vicenda di
“mani pulite”. Uguale sorte toccherà di lì a poco, ma per motivi
completamente
diversi, all'altro grande partito italiano, il Pci.
Bernabei
aveva cominciato a tenere i suoi diari nel '56, allorché aveva lasciato Firenze
e la direzione del Giornale del Mattino” per trasferirsi a Roma. Tutto ciò
che è avvenuto in Italia e altrove
di bello e di brutto, addirittura di tragico durante quel trentennio è
stato oggetto delle sue notazioni. La ricostruzione morale e materiale del Paese
dallo sfacelo della guerra, il consolidamento, tra alti e bassi, della
democrazia, la Repubblica e la Costituzione e, di contro, le stragi e il
terrorismo, l'uccisione di Moro e gli scandali, tutto questo è stato al centro
delle sue riflessioni.
“All'inizio del nuovo decennio diventa sempre più evidente- nota Piero Meucci,
che accompagna la lettura dei diari con commenti lucidi e misurati per chiarire
al lettore le vicende cui di volta in volta Bernabei si riferisce – che Moro
vuole proseguire la linea di apertura a sinistra del suo predecessore”, ossia di
Fanfani. Il nuovo decennio, sono gli inizi degli anni Sessanta, periodo di
grande incertezza perché, per la prima volta,
nessun schieramento interno alla Dc ha più la maggioranza assoluta.
Periodo in cui - nota Bernabei -
mentre americani e inglesi sembrano desiderare un'alleanza di socialisti e
democrtistiani, anche a costo di spaccare i due partiti, “alcuni cattolici si
prestano a far scivolare il Paese in un fascismo in guanti gialli, tutto rose e
miele, dove però comandano solo alcuni gruppi privilegiati.”