“Il principe” di Machiavelli

manuale di istruzioni

per il bravo governante

 

di Magali Prunai

 

 

Niccolò Machiavelli in un ritratto di Santi di Tito

State meditando di invadere la Polonia o di dichiararvi principi indiscussi di un territorio? Siete la regina Elisabetta e volete conservarvi il regno ancora per molto? Se la risposta è sì allora questo libro fa per voi. Ma anche se non rientrate in queste possibilità questo libro è adatto a voi, quanto meno per capire e approfondire quello che è accaduto nella storia e che continua ancora oggi a verificarsi.

 

Perché alla fine Il principe questo è: un manuale di istruzioni per il bravo governante, infarcito di esempi, molto lontani per noi, ma ancora vivi nella memoria dell’uomo del ‘500 al quale Machiavelli si rivolge. E non si rivolge a un uomo a caso, ma dedica il suo trattato a uno dei massimi potenti dell’epoca, un membro della famiglia Medici.

Una gran leccata di sedere, si potrebbe dire vista la situazione in cui si trovava, ma se combiniamo la dedica con l’invocazione finale forse possiamo desumere che dietro c’è di più.

Il frontespizio di una delle priome edizio9ni a stampa de Il Principe

 

Machiavelli nasce a Firenze nel 1469 e a soli 29 anni diventa segretario della Repubblica fiorentina e segretario dei dieci. In quegli anni, rappresentando Firenze, viaggerà molto fra le corti europee. Vedrà il modello del re di Francia, Luigi XII, che citerà spesso nella sua opera portandolo come esempio di governo ideale, con tanto di Parlamento terzo giudice nei conflitti fra nobili e volgo in modo che il re non debba prendere troppo le parti degli uni e degli altri. Un Parlamento che, comunque, non è del tutto indipendente e che è stato concesso nell’illusione del popolo di avere dei poteri di rappresentanza e decisionali. Sempre Luigi XII verrà citato come esempio di sovrano che non spreca e sperpera i suoi averi e quelli dello Stato, un comportamento esemplare per un capo di Stato che, però, possiamo dire noi oggi ha lasciato ben poca traccia nei suoi discendenti dato che qualcuno, più interessato ai divertimenti e a spendere, pochi secolo più tardi, perse letteralmente la testa dal collo.

Sempre nei suoi viaggi potè ammirare la corte degli Asburgo, del Papa, dei Gonzaga e dei Borgia. Tutti nomi ricorrenti ne Il principe, tutti citati nel bene e nel male, in un’analisi oggettiva dei singoli comportamenti nelle situazioni più comuni per imparare cosa è meglio fare e cosa è meglio evitare se si vuole rimanere al potere.

Tornati i Medici a Firenze, nel 1512, Machiavelli perse tutti i suoi incarichi pubblici e nel 1513 fu arrestato e torturato con l’accusa di aver tremato contro i Medici. Ritenuto innocente fu rilasciato ed esiliato. Durante il suo esilio a San Casciano, non molto lontano da Firenze, analizzò la situazione politica contemporanea, ma che a rileggerla 500 anni dopo possiamo quasi dire che analizzò il potere politico non solo del passato e del suo presente ma anche del futuro, del nostro presente.

 

Machiavelli, dopo aver elencato le forme di governo che si conoscono e aver deciso di prendere in considerazione solo il principato (sia quello ereditato che quello nuovo, conquistato), fa un elenco di comportamenti che deve avere il principe perché il popolo non si rivolti contro di lui, chiamando in soccorso un altro principe che non aspetta altro che conquistare nuovi territori e ampliare il suo dominio.

Il principe deve essere rispettato, nel bene e nel male se questo serve al principato. Essere buono e pio, ma con un territorio che fa acqua da tutte le parti, immerso nella povertà, nel malcontento generale, non serve a nulla. Allora è meglio un po’ di rigidità, di paura, purché non sia eterna, ma solo finalizzata a riportare le condizioni al meglio.

Insomma, il principe deve essere virtuoso e poco vizioso ma se le sue virtù sono assolutamente inutili e qualche vizio può aiutare a migliorare la situazione, allora ben vengano.

Fra le virtù del principe, che all’inizio sicuramente verrà scambiata per un vizio odioso, deve esserci la parsimonia. Un bravo principe non spende tutti i suoi averi, o meglio, quelli del suo popolo, per mantenere nel lusso se stesso e tutti i nobili, ma risparmia per quando sarà necessario armare l’esercito o fare qualche opera di miglioramento. Così facendo non dovrà aumentare le tasse quando avrà bisogno di soldi e saranno tutti molto più felici e fedeli.

Un po’ come oggi che speriamo che non si sprechino i soldi delle nostre tasse in modo che poi siano sufficienti non solo per l’ordinaria amministrazione ma anche per quella straordinaria.

Proprio per questa ragione il principe deve avere il controllo diretto sul suo territorio e scegliere bene i suoi consiglieri e i suoi ministri. Machiavelli dice che gli uomini possono essere molto intelligenti, mediamente intelligenti oppure completamente stupidi. Se dall’ultima categoria bisogna scappare perché non serviranno a nulla, bisogna circondarsi delle prime due ma stando molto attenti. Una persona molto intelligente o mediamente intelligente deve mettere davanti a tutto il principe e il principato, perché se penserà prima a se stessa farà solo il suo bene e chi ci rimetterà, alla fine, sarà il principe in prima persona.

Anche l’esercito è importante, da tenere sempre attivo, ben nutrito e ben vestito in modo che sia sempre fedele e pronto a ogni combattimento.Anche se, comunque, quando si conquista un nuovo territorio, è meglio cacciare qualcuno dalla propria casa per insediare dei coloni piuttosto che tenere l’esercito a presidiare ogni singola zona del nuovo Stato. Le colonie sono più efficaci perché chi ha paura di perdere la casa starà zitto e terrà la testa bassa e quei pochi che la perdono non devono trovare potenti confinanti, ma anche lontani, disposti ad aiutarli perché il principe deve avere molti amici. Proprio per questo non deve essere mai neutrale quando altri popoli entrano in conflitto fra loro.

Altrimenti ti chiami Israele e Palestina e ti fai la guerra da 80 anni senza mai voler trovare una soluzione.

Niccolò Machiavelli in una stampa dei primi '800

 

A conclusione della sua analisi Machiavelli chiama di nuovo in causa Lorenzo il Magnifico, al quale dedica l’opera, spiegando che questi dovrebbero essere i consigli e i comportamenti da seguire il giorno in cui qualcuno di tanto potenete e intelligente come lui (altra sviolinata) si metterà al comando di quelle truppe che cacceranno dall’Italia i sovrani stranieri.

 

Ecco perché, 500 anni più tardi, è ancora importante leggere e conoscere Machiavelli. Le sue idee pratiche su come conquistare e dominare un territorio non sono quello che ci devono interessare. Ciò per cui è importante è che, dopo aver provato sulla propria pelle il comando, il declino, addirittura le torture, e l’esilio la mente dell’uomo non è mai stata soffocata e, soprattutto, come già due secoli prima Dante, la voglia di un’Italia unita era già tanta. Ma le rivoluzioni non le possono fare gli intellettuali da soli e quindi abbiamo dovuto aspettare ancora qualche secolo perché un altro potente, altri intellettuali e, in aggiunta, dei bracci armati, si unissero insieme nel Risorgimento italiano.

 

“Vertù contra furore prenderà l’arme, e fia ‘l combatter corto, ché l’antiquo valore ne l’italici cor non è ancor morto” (Francesco Petrarca, Italia mia, 1344).

 

 Il Galileo