Che cosa sono le comunità energetiche?
di Bartolomeo Buscema
Si sa che l’unione fa la forza. Anche per quel che riguarda la produzione di
energia elettrica attuata con piccoli impianti che sfruttano l’energia
rinnovabile, principalmente quella fotovoltaica.
A dare manforte all’adagio soprascritto è
la legge 28 febbraio 2020,
n. 8 che recita “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30
dicembre 2019, n. 162, recante disposizioni urgenti in materia di proroga di
termini legislativi, di organizzazione delle pubbliche amministrazioni, nonché
di innovazione tecnologica”, (G.U.
Serie Generale n. 51 del 29-02-2020 - Suppl. Ordinario n. 10),entrata in vigore
il 01/03/2020.
Una legge che ha introdotto, anche in Italia, le cosiddette comunità energetiche
rinnovabili già attive in alcuni Stati europei, soprattutto in Germania e in
Danimarca. Si tratta di associazioni tra cittadini, attività commerciali o
imprese che decidono di unire le forze per dotarsi di impianti per la produzione
e la condivisione di energia da fonti rinnovabili.
Con il vincolo di una potenza complessiva installata inferiore a 200 kW, di
condivisione dell’energia prodotta per il consumo immediato o quella
immagazzinata in sistemi di accumulo per poi utilizzarla quando l’energia
rinnovabile non è disponibile.
Inoltre, la legge prescrive che l’impianto deve essere connesso alla rete
elettrica a bassa tensione, attraverso la stessa cabina di trasformazione a
media/bassa tensione da cui la comunità energetica preleva anche l’energia dalla
rete pubblica.
È importante sottolineare che la citata legge 8/2020 garantisce a chi aderisce a
far parte di una comunità energetica, che di fatto diventa un produttore locale
di energia elettrica, il mantenimento dei propri diritti e doveri di consumatori
finali: devono, per esempio, essere liberi di scegliere il proprio fornitore di
energia, e al contempo sono tenuti a pagare gli oneri di rete e di sistema per
l’energia prelevata dalla rete.
Gli appartenenti alle comunità energetiche ,inoltre, potranno nominare un loro
delegato per la gestione dei flussi
di energia con il Gestore dei Servizi Energetici (GSE), cioè la restituzione
delle componenti tariffarie non dovute per l’energia condivisa e la tariffa
incentivante prevista per l’energia elettrica prodotta dalle comunità
energetiche rinnovabili. Senza entrare in dettagli eminentemente tecnici, la
legge pone alcuni vincoli tra cui:
a) i soggetti, diversi dai nuclei familiari, possano far parte di una comunità
energetica se la loro attività
professionale principale non sia la produzione e la fornitura di energia;
b) l’ autoconsumo collettivo è
permesso solo agli abitanti di uno stesso edificio o condominio;
Si capisce bene come tutto ciò sia un importante passo in avanti verso uno
scenario energetico basato sulla generazione distribuita
di energia elettrica che porterà alla produzione di energia “ a
chilometro zero” e allo sviluppo
di reti elettriche
intelligenti capaci di gestire in maniera ottimale il flussi energetici
di produzione e di consumo .Registriamo che dallo scorso dicembre sono
state pubblicate del Gse (Gestore servizi energetici ) le regole tecniche
che governano l’operato delle comunità energetiche. In definitiva le
comunità energetiche costituiscono un vero e proprio cambio di paradigma verso
un sistema sociale ed energetico che parte dal basso, dove le parole d’ordine
sono decentramento, collaborazione, partecipazione, con evidenti vantaggi di
maggiore sfruttamento dell’energia rinnovabile e di flessibilità della rete
elettrica. Per non parlare dei risparmi in bolletta e dei benefici ambientali
per le minori emissioni di gas Serra. Una possibilità che apre la strada a nuove
opportunità di sviluppo per la transizione energetica del nostro Paese, come
previsto anche dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che ha stanziato 2,2
mld di euro per la promozione di comunità energetiche.