dedicato alle donne
grandi figure femminili (dimenticate)
a confronto
di Magali Prunai
Ogni anno, puntuale come una cambiale scaduta, si è presentata la solita data
dell’otto marzo. Fra chi non vuole ricevere auguri, fra chi pensa sia solo una
scusa per ricevere fiori e dolci, le discussioni sul significato che ormai, nel
2021, questa data dovrebbe avere non sono mancate.
Un otto marzo diverso, senza le solite cene fra sole donne o serate in locali
con spettacoli di dubbio gusto, nel quale forse si poteva parlare un po’ di più
del mondo femminile, non inteso solo come quello fatto di rossetti e scarpe col
tacco.
Marzo si considera il mese delle donne, ma non viene dedicato poi così tanto
alla prevenzione contro malattie che colpiscono in gran parte le donne, si parla
delle disparità uomo-donna ma non si cerca di trovare soluzioni concrete. Si
sproloquia di quote rosa, ma non si parla mai di grandi donne che hanno dato un
contributo notevole al mondo intero, tanto da essere diventate quasi delle
sconosciute.
Non parlo di quelle grandi figure del ‘900 di cui un po’ tutti ci riempiamo la
bocca anche se a malapena sappiamo chi erano, ma di figure complesse che, in un
qualche modo, hanno cambiato la vita di tutte le donne che sono venute dopo. O,
molto più semplicemente, hanno contribuito alla formazione di un pensiero
critico di una nazione, anche se poi quella nazione si è dimenticata di loro.
Un
esempio di donna poco nota che ha sicuramente cambiato il mondo femminile è
stata l’americana Nellie Bly. Il 14 novembre 1889 partì dal New Jersey e, dopo
aver percorso 40.000 km, arrivò a New York il 25 gennaio del 1890. Impiegò ben
72 giorni per completare il giro del mondo, ben 8 in meno rispetto a Phileas
Fogg, il noto protagonista de “Il giro del mondo in 80 giorni”. La prima donna a
viaggiare da sola, senza un accompagnatore uomo, la prima giornalista donna a
dedicarsi al giornalismo investigativo e che inventò l’inchiesta giornalistica
sotto copertura. Fu una dei pochi giornalisti a intervistare Belva Ann Lockwood,
la prima donna candidata alla presidenza degli Stati Uniti. Considerata scomoda
scelse di trasferirsi in Messico come corrispondente. Da sempre interessata alle
questioni sindacali e di lavoro, in Messico si occupò delle condizioni sociali
del popolo. Inutile dire che fu costretta a tornare a casa molto presto. Tornata
in patria iniziò a lavorare per il New York World, di Joseph Pulitzer. Le venne
l’idea di fingersi pazza e farsi ricoverare in un ospedale psichiatrico per
constatare, dall’interno, le reali condizioni delle malate. Dopo 10 giorni, per
intervento del suo giornale, fu “dimessa”. La sua inchiesta, in cui definiva
l’ospedale come un luogo di detenzione e non di cura, dove non tutte le
ricoverate avevano la reale necessità di trovarvisi, destò parecchio clamore e
furono aumentate le sovvenzioni statali affinché le condizioni dei degenti
migliorassero. Il viaggio intorno al mondo, che arrivò subito dopo, la consacrò
a modello per l’emancipazione femminile. Fu corrispondente di guerra, una rarità
più unica che rara per una donna, e si schierò apertamente col movimento delle
suffragette. Insomma, un modello al quale dovremmo guardare ancora oggi e dal
quale prendere spunto.
Nellie Bly è morta a 57 anni, di polmonite, nel 1922. E mentre una grande donna
moriva un’altra nasceva.
Dagli Stati Uniti ci spostiamo a Udine, in Italia, dove nel 1921 nacque una
pensatrice, e non solo, ormai del
tutto dimenticata: Laura Conti.
Definirla una pensatrice è, a parer mio, molto riduttivo. Laura Conti fu una
studiosa prima di tutto, una studiosa che metteva a frutto le sue conoscenze e
le sue scoperte elaborando un ragionamento e un pensiero ancora molto attuale.
Dopo un’infanzia un po’ problematica, caratterizzata da vari traslochi, la sua
famiglia si stabilì a Milano. Ed è a Milano che Laura iniziò il suo percorso di
studi in medicina e si avvicinò agli ambienti antifascisti. Prendeva parte alle
riunioni clandestine, il suo compito era quello di “far cambiare idea” ai
militari. Arrestata dopo una soffiata anonima, nel ’44 fu portata al campo di
transito di Bolzano ma, fortunatamente, non fu mai deportata in Germania.
Dopo la guerra, anche se con un leggero ritardo, si laurea in medicina. Lavora
come medico nelle scuole, si occupa di medicina del lavoro, si avvicina al
partito socialista prima e quello comunista poi. Prenderà le parti degli
studenti autori di un’inchiesta del giornale “La Zanzara”, il giornale del liceo
classico Parini, di Milano, rei di aver intervistato i loro compagni sulla
contraccezione e sul valore della verginità. Arrestati e sottoposti a
umiliazioni in questura, fu una delle poche voci autorevoli ad alzarsi in loro
difesa. Proprio in quegli anni, nel 1970, scrisse l’introduzione a un libro
dedicato all’istruzione sessuale degli studenti. Sostenendo come fosse
fondamentale spiegarla dettagliatamente sotto i profili biologici perché tabù e
vergogne venissero eliminati.
Ma la Conti non si occupò solo di questo. Le sue passioni riguardavano molti
ambiti. Si accostò molto allo studio della biologia, definendosi una “biologa
teorica”. Una definizione che fa un po’ sorridere, ma se leggiamo i suoi
ragionamenti ci rendiamo conto come, invece, per lei era possibile essere anche
una biologa teorica.
Sostenitrice dei movimenti femministi, si sposò anche alla causa ambientalista,
tanto da essere fra i fondatori de la Lega per l’ambiente, oggi Legambiente. Fu
segretaria della Casa della Cultura, a Milano, e fondò l’associazione Gramsci.
Negli anni, nonostante le sue idee fossero spesso ostacolate da varie dirigenze
di partito, fu candidata ed eletta sia in comune che in regione e, nel 1987,
alla Camera dei Deputati.
Un altro esempio di donna determinata, che grazie alle sue forze, alle sue
capacità, alla sua intelligenza e bravura e preparazione ha lasciato un segno
indelebile nella nostra società.
Purtroppo troppo spesso tendiamo a ricordare di più il messaggio che il
messaggero tanto che una figura così importante è stata dimentica. Ed è per
questo che dovremmo ringraziare ogni giorno l’autrice di un libro dedicato
propria alla sua vita (“La via di Laura Conti”, edito da
l’enciclopediadelledonne, di Valeria Fieramonte) che mi ha permesso, e potrà
permettere a quanti vorranno leggerla, di conoscere a fondo questo personaggio.
Dalla
teoria passiamo alla pratica, tornando negli Stati Uniti. A Chicago, nel 1938,
quando Lynn Petra Alexander venne alla luce, nessuno poteva immaginare che quel
giorno si faceva se non la storia della biologia, almeno una parte di essa.
Passata alla storia della biologia col nome del suo secondo marito, Margulis,
come era prassi per una donna, soprattutto per una rarità come un’accademica in
materie scientifiche a metà del secolo scorso, è nota soprattutto per i suoi
studi sulla cellula e sull’evoluzione delle specie sulla Terra.
Riassumere in poche parole le sue teorie non è semplice, e per questo dobbiamo
ringraziare Adriana Giannini, autrice di “Lynn Margulis. La scoperta
dell’evoluzione come cooperazione”, edito da l’asino d’oro, per essere riuscita
a condensare in poche ma efficaci parole anni di ricerche, di studi e di offese.
Il suo studio, ancora oggi ritenuto valido e studiato, riguardante la
simbiogenesi, ovvero come in un ambiente di circa 5 miliardi di anni fa ricco di
gas si sono sviluppati batteri che, con l’aumentare della presenza di ossigeno,
si sono “migliorati” fino a diventare organismi perennemente in simbiosi fino
allo sviluppo di cellule con un proprio nucleo dalle quali sarebbero derivati
piante, animali e funghi, fu rifiutato da dieci diverse pubblicazioni
scientifiche, ritenendolo di scarso interesse e spesso rispedito al mittente con
offese non trascrivibili.
Fra gli scienziati che non solo guardarono con interesse i suoi studi, ma che la
coinvolsero nei loro troviamo James Lovelock (26/07/1919) che formulò quella
teoria che prese il nome di “ipotesi Gaia”. Una teoria secondo la quale gli
organismi viventi presenti sulla Terra interagiscono fra loro in modo da
preservare e tutelare la Terra stessa. Uno studio che potremmo definire padre
del moderno ambientalismo.
Nonostante gli ostacoli iniziali, Lynn Margulis proseguì i suoi studi e pubblicò
numerosi articoli di divulgazione e ricevette ben 20 lauree honoris causa.
Una dimostrazione che la determinazione, l’impegno, le capacità e l’intelligenza
vengono premiate, anche se con molta fatica.
A questo punto, però, per non credere che bravura e intelligenza siano sempre
sufficienti, è bene citare uno studio del 2019 che prende in esame ben 883
articoli pubblicati da una rivista scientifica tra il 1970 e il 1990. La ricerca
ha evidenziato che gli autori uomini sono il 90% e che le autrici donne, in 30
anni, sono aumentate di neanche l’1%. Negli anni ’70, però, fra i ringraziamenti
ai collaboratori troviamo quasi il 60% di nomi femminili, percentuale che scende
e si attesta al 43% negli anni successivi.
I dati, pubblicati in occasione della giornata internazionale per le donne e le
ragazze nella scienza, hanno messo in luce che, attualmente, solo il 30% dei
ricercatori scientifici è donna. L’ONU, nella sua agenda riguardo lo sviluppo
sostenibile, si è fissata fra gli obiettivi da raggiungere entro il 2030 la
parità di genere nella scienza. Mancano 9 anni a quella data e troppo poco è
stato ancora fatto che difficilmente l’obiettivo sarà raggiunto.