Le eruzioni vulcaniche contribuiscono all’effetto serra, depauperano lo strato
protettivo dell’ozono, ma raffreddano la Terra
di Bartolomeo Buscema
Ogni tanto l’Etna ci ricorda che c’è anche lui o lei, “a muntagna”, come spesso viene chiamato da chi vive alle sue pendici. Dal 16 febbraio scorso, l’Etna ha già superato il decimo evento parossistico: un’attività stromboliana preceduta da un aumento del tremore del vulcano e accompagnata da emissione di cenere e varie fontane di lava dai crateri sommitali. È uno spettacolo affascinante che incute paura. Oltre alla pioggia di cenere nelle aree limitrofe, che costringe tanti a ramazzare, sappiamo che i vulcani, e l’Etna non è un ‘eccezione, rilasciano in atmosfera ingenti quantità di anidride carbonica, anidride solforosa e quantità minori di cloro. Il primo composto, come noto, è un gas serra che accentua il riscaldamento globale,” intrappolando” in atmosfera i raggi solari. Il secondo composto, cioè l’anidride solforosa (SO2) ha invece, oltre all’inquinamento locale causato dalle piogge acide, un effetto raffreddante: l’anidride solforosa reagendo con il vapore acqueo forma uno strato di nuvole formato da piccole gocce lucenti di acido solforico che riflettono la radiazione solare.
L’effetto risultante è, dunque, una maggiore radiazione riflessa nello spazio e
conseguentemente una minore quantità di radiazione solare incidente sulla Terra.
Invece, il cloro emesso è responsabile dell’impoverimento dello strato
protettivo dell’ozono stratosferico, specialmente alle latitudini medie dove
vive un maggior numero di persone. Ricordiamo che l’ozono stratosferico ha una
funzione protettiva per il nostro pianeta, limitando la radiazione ultravioletta
a elevata frequenza, e rendendo così possibile la vita sulla Terra. Prima c’era
solo la vita marina, e in genere acquatica, che si trovava sotto il pelo libero
dell’acqua. In particolare, per noi abitanti della Terra, lo strato di ozono ci
protegge dai raggi ultravioletti UV-A che penetrando in profondità nella pelle
stimolando il processo di maturazione della melanina abbronzando così la nostra
pelle, ma possono, se l’esposizione è prolungata, alterare e danneggiare il
collagene e l’elastina con effetti dannosi sulla struttura cutanea. Purtroppo,
tali raggi stimolano anche
l’attività dei radicali liberi, provocando fenomeni di stress ossidativo, che
nel corso del tempo possono danneggiare le cellule cutanee fino alla
degenerazione in
tumori della pelle.
Il meccanismo di depauperamento della fascia protettiva di ozono
è il seguente: il cloro emesso
raggiungendo la stratosfera
scinde la molecola
triatomica dell’ ozono
in ossigeno e
monossido di cloro, annullando l’effetto benefico dell’ozono
e lasciando così passare
la radiazione ultravioletta nociva. Oltre ai composti su accennati ci
sono le polveri emesse dai vulcani che contribuiscono anch’esse al
raffreddamento terrestre, lasciando passare una minore quantità di radiazione
solare che raggiunge il suolo. Quello delle polveri vulcaniche è un fenomeno da
non sottovalutare dato che possono
essere scagliati fino a 18 km di altezza con effetti di notevole persistenza
temporale: l’eruzione, nel 1982, del vulcano El Cochon (Messico) disperse una
tale quantità di polveri nella stratosfera che ci sono voluti più di dieci anni
per ristabilire la concentrazione delle polveri ai valori normali.