Anche il web inquina

 

di Bartolomeo Buscema

Il mondo è sempre più dipendente dall’informazione digitale che viaggia sulla rete. Il corretto utilizzo del Web è di grande aiuto per tutti, ma ha anche un costo energetico-ambientale non trascurabile. È noto che, oggigiorno, i “data center” che rendono disponibili grandi quantità di informazioni e i relativi motori di ricerca, che archiviano i nostri dati in” cloud” e che permettono lo scambio di email e altre informazioni tramite applicazioni dedicate, assorbono sensibili quantità di energia elettrica, per la maggior parte prodotta da fonti fossili. Di conseguenza sono causa di emissioni in atmosfera di grandi quantità di anidride carbonica, uno dei principali gas serra che stanno   contribuendo a riscaldare il nostro pianeta ormai in una palese fase emergenza climatica che colpisce sempre più i poveri della Terra. Secondo stime recenti, dal 2013 ad oggi le emissioni di anidride carbonica derivanti dal WEB sarebbero aumentate di 450 milioni di tonnellate. Un incremento considerevole legato a un consumo di elettricità pari al 20% del totale. Un assorbimento elettrico destinato ad aumentare nei prossimi anni per l’espansione del telelavoro e la proliferazione di piattaforme digitali di streaming, figli della recente emergenza sanitaria dalla quale usciremo, speriamo, tra qualche anno. Guardare un generico video di uno spettacolo di mezz’ora tramite il proprio cellulare causa l’emissione di 1,6 chilogrammi di anidride carbonica nell’ambiente, l’equivalente di guidare un’autovettura di media cilindrata per quasi 6 chilometri. È quanto ci riferisce l’Ong parigina Shift Project che ha anche calcolato che l’impatto di emissioni annuali di gas serra   delle nostre attività on-line (sia su smartphone sia su personal computer) è pari a quello complessivo dell’industria aeronautica. Forse non tutti sanno che l’archiviazione di foto, testi o semplici e mail richiedono l’incessante e ininterrotto lavoro di supercomputer che oltre ad assorbire energia elettrica per far girare i software, hanno anche bisogno di locali ospitanti che devono essere continuamente raffreddati, perché ogni computer che funziona   rilascia energia termica, e la temperatura dei locali non può superare una certa soglia pena il malfunzionamento dei computer stessi.

Ad esempio, spedire una e-mail contenente un allegato da 1 megabyte emette 20 grammi di anidride carbonica, lo stesso quantitativo prodotto da una lampada accesa per 25 minuti. Un quadro, quello appena descritto, che dovrà essere mutato se si vogliono veramente adottare i criteri di sostenibilità indispensabili per salvaguardare la nostra Terra. Due sono i fronti su cui agire. Il primo concerne i gestori del WEB    che devono produrre l’elettricità assorbita tramite fonti rinnovabili diminuendo così la propria impronta ambientale. Ricordiamo che oggi ben il 70% dell’energia necessaria al funzionamento di internet, deriva ancora da combustibili fossili. L’altro fronte è rappresentato dalle nostre abitudini digitali che devono essere ripensate adottando alcune pratiche virtuose cominciando da un uso sostenibile del nostro telefonino che prevede la disattivazione di Bluetooth, Wi-Fi, GPS e app di vario genere quando non strettamente necessarie. Evitando l’invio di e-mail superflue e ricerche senza utilità sul web. Giova qui, ricordare che spedire una singola e-mail consuma quanto una lampadina   di medio assorbimento elettrico lasciata accesa per 2 ore. Più precisamente, una e-mail senza allegati determina l’emissione di quattro grammi di CO2 nell’atmosfera, mentre con un allegato di   una certa consistenza ne può produrre fino a cinquanta. Mentre una singola ricerca su Google è mediamente responsabile dell’emissione di   circa 10 grammi di anidride carbonica.

Il Galileo