Ambiente: riscaldamento oceani
Nuovo record nel 2020
primato per il Mar Mediterraneo, anche sempre più salato
Il contenuto termico[1] degli oceani nel 2020 è il più elevato finora registrato
e il Mediterraneo è il bacino con il tasso di riscaldamento e di variazione di
salinità maggiori. È quanto emerge dal primo studio sul riscaldamento globale
degli oceani (aggiornato con i dati del 2020) dal titolo ‘Upper Ocean
Temperatures Hit Record High in 2020’ ed elaborato da un team internazionale di
scienziati tra cui i ricercatori italiani Franco Reseghetti del Centro Ricerche
S. Teresa dell’ENEA e Simona Simoncelli dell’Istituto Nazionale di Geofisica e
Vulcanologia (INGV) di Bologna. Lo studio, pubblicato sulla rivista
internazionale Advances in Atmospheric Sciences, ha evidenziato come i cinque
anni più caldi mai registrati si sono verificati tutti a partire dal 2015 e
ciascuno degli ultimi nove decenni è stato più caldo del decennio precedente.
Nel 2020 lo strato dell’oceano tra la superficie e i 2.000 metri di profondità,
ha assorbito 20 Zettajoule di calore (sotto forma di energia termica) rispetto
all’anno precedente, equivalenti al calore prodotto da 630 miliardi di
asciugacapelli in funzione giorno e notte per un anno intero, oltre 10.000 volte
il consumo complessivo di energia elettrica in tutta l’Italia nel 2019.
L’analisi del contenuto termico, effettuata da due sottogruppi diversi
utilizzando due differenti metodologie, ha evidenziato inoltre un incremento nel
2020 rispetto al 2019 (già un anno record).
Per quanto riguarda nello specifico il “mare nostrum”: “Il Mediterraneo è sempre
più caldo ed è diventato un vero e proprio hot spot del riscaldamento degli
oceani - afferma Franco Reseghetti dell’ENEA - Come si vede nel grafico
allegato, si tratta di un fenomeno iniziato alla fine degli anni ‘80 e che, dopo
un breve e apparente rallentamento intorno all’anno 2000, ha intrapreso una
crescita galoppante, con un progressivo interessamento degli strati più
profondi. Anche le misurazioni della temperatura della colonna d’acqua nei mari
Liguri e Tirreno (che ENEA ha condotto dal Settembre 1999) hanno evidenziato un
progressivo riscaldamento dello strato tra 200 e 700m di profondità a partire
dalle coste siciliane, un fenomeno in propagazione verso Nord registrato a
partire dal 2013.”
Entrambi i ricercatori sottolineano inoltre come nel mar Mediterraneo si sia
registrato, contemporaneamente all’incremento del contenuto termico, un
incremento del valore della salinità: tra tutti i bacini analizzati il
Mediterraneo è il bacino che mostra la variazione maggiore e più rapida, anche a
causa del suo isolamento (esiste un unico punto di scambio con l’oceano
Atlantico, lo stretto di Gibilterra).
“Il discorso sul riscaldamento globale è semplice – sottolinea Simona Simoncelli
dell’INGV - oltre il 90% del calore di cui si parla finisce nelle acque marine
quindi il ‘riscaldamento globale’ non è altro che il ‘riscaldamento
dell’oceano’, che, perciò, rappresenta il miglior indicatore del riscaldamento
del pianeta. Qualche giorno fa il servizio europeo Copernicus Climate Change ha
evidenziato che il 2020 e il 2016 sono i due anni più caldi mai registrati per
l’ambito atmosferico (ma nel 2016 c’era El Niño). Inoltre mare più caldo
significa, maggiore contenuto termico che può essere scambiato con l’atmosfera e
gli effetti sempre più pesanti sono ben visibili anche sulla terraferma. Va
anche ricordato l’aumento dell’acidificazione delle acque, dovuta
all’assorbimento della CO2 atmosferica, con effetti negativi sulle forme viventi
marine, ad esempio grande fragilità di coralli e gusci dei molluschi e
cambiamenti nei cicli vitali delle varie specie viventi. Quello che preoccupa
non è solamente il cambiamento, quanto la rapidità con cui si verifica. Le
specie viventi incontrano grandi difficoltà ad adattarsi ed evolvere.”.
[1] Energia termica presente nell'oceano sotto forma di calore (Ocean Heat
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