22 novembre 1963: spari a Dallas
Ma tutte le inchieste sull’assassinio hanno mostrato punti oscuri che hanno
alimentato la tesi complottista anche perché molto del materiale legato
all’attentato risulta ancora coperto da segreto
di Paolo Negrelli
John F. Kennedy, 35mo Presidente degli Stati Uniti (1917 - 1963)
Dallas, Texas, 22 novembre 1963.
Una folla festante si accalca sui marciapiedi, osservando il corteo di auto che
si snoda per le strade della città.
Su una Lincoln decapottabile il Presidente John Fitzgerald Kennedy, accompagnato
dalla moglie, Jacqueline Bouvier, dal Governatore del Texas, John Connaly e
dalla di lui consorte, risponde ai saluti dei manifestanti.
Il corteo percorre la Main Street, poi entra in Dealey Plaza imboccando prima
Houston Street e successivamente svoltando lungo Elm Street, sfilando sotto le
finestre del Texas Schoolbook Depository. Sono circa le 12.30.
Dalla sua posizione elevata, Abraham Zapruder accende la videocamera portatile e
la rivolge verso il corteo che avanza nella sua direzione, ignaro che la
pellicola impressionerà 8 secondi che cambieranno la storia degli Stati Uniti e
del mondo intero.
Alcuni colpi d’arma da fuoco vengono esplosi contro il corteo. Raggiungono la
Lincoln, ferendo Kennedy e Connaly. Poi il colpo fatale, che raggiungerà il
presidente alla testa.
John e Jackie Kennedy all'arrivo al Love Field di Dallas, 22 novembre 1963
L’autista della limousine presidenziale da gas e si stacca dal corteo,
dirigendosi verso il Parkland Memorial Hospital e lasciando Dealey Plaza in
preda al caos e allo sgomento.
Poco dopo le 13 ora locale viene diffusa la notizia che il presidente è deceduto
a seguito delle ferite riportate nel corso della sparatoria.
Nel corso della giornata la polizia di Dallas arresta Lee Harvey Oswald, prima
con l’accusa di aver ucciso l’agente J. D. Tippit e in seguito per l’omicidio
del presidente.
Oswald verrà interrogato ma non subirà mai un processo. Due giorni dopo il suo
arresto, verrà freddato con alcuni colpi di pistola per mano di Jack Ruby, noto
mafioso locale che riuscì ad introdursi nel sotterraneo della centrale di
polizia di Dallas al momento del trasferimento di Oswald.
La limousine presidenziale
Per far luce sulle dinamiche dell’attentato, il neo presidente Lyndon B. Johnson
il 29 novembre 1963 nominò una commissione di inchiesta affidata ad Earl Warren,
allora alla guida della Corte Suprema degli Stati Uniti.
Dopo 10 mesi di indagini, la Commissione Warren presentò il suo rapporto, un
documento titanico di più di 50.000 pagina.
Dall’analisi delle prove e delle testimonianze di quanti si trovavano sulla
Dealey Plaza quel giorno, venne concluso che Lee Harvey Oswald, appostato al
sesto piano del Texas Schoolbook Depository, aveva esploso tre colpi verso il
corteo, sparando con un fucile Mannlicher-Carcano – conosciuto anche come
Modello 91, fucile ad otturatore manuale di fabbricazione italiana in dotazione
al Regio Esercito fino al 1945, n.d.r. – in circa 7 secondi, come comprovato
dall’analisi del filmato di Zapruder. Di questi tre proiettili, il primo andò a
vuoto, il secondo causò la ferita alla gola e quelle riportate dal Governatore
Connaly e il terzo, il fatale, attinse Kennedy al capo.
Foto segnaletiche di Lee Harvey Oswald al momento dell'arresto
La Commissione Warren escluse la partecipazione di altre persone affermando che
Oswald, un ex marine affetto da problemi psichici, avesse agito da solo
servendosi di un arma acquistata per corrispondenza utilizzando uno pseudonimo.
Nel capitolo 8 del rapporto, infine, vennero sottolineate le gravi deficienze
del servizio d’ordine durante quel fatidico giorno, come ad esempio il mancato
utilizzo di protezioni antiproiettile sulla vettura del Presidente.
Gli esiti delle indagini, però, non riuscirono a placare gli animi e numerosi
interrogativi rimasero senza risposta, contribuendo ad alimentare una corrente
complottistica che sopravvive ancora ad oggi.
Nel corso degli anni, numerosi esperti hanno escluso la possibilità che il
Modello 91 fosse in grado di sviluppare un simile rateo di fuoco, principalmente
per via del suo sistema di carica, che richiedeva circa 2 secondi tra
l’estrazione del bossolo e l’inserimento della nuova pallottola nella camera di
scoppio.
Partendo dai comprovati 8 secondi immortalati nel cortometraggio di Zapruder, a
detta di questi esperti i tempi di ricarica e mira risultano incompatibili con
l’azione di Oswald.
Lyndon
B. Johnson presta giuramento sull'Air Force One di rientro a Washington
A queste considerazioni si uniscono i dubbi circa gli effetti del secondo
proiettile, ribattezzato nel corso degli anni “magic bullet” – pallottola magica
– che avrebbe causato le sette ferite di Kennedy e Connaly e che poi sarebbe
stata ritrovata, pressoché intatta, su una barella del Parkland Memorial
Hospital.
Vari esperti in balistica hanno escluso la possibilità che un singolo
proiettile, attraversando vari strati di pelle, muscoli ed ossa, potesse
mantenere intatta la sua forza e la sua integrità, causando il numero di ferite
accertate dalle indagini della Commissione Warren. Questa considerazione ha
contribuito ad alimentare la teoria secondo cui quel giorno sulla Dealey Plaza
fosse entrato in azione almeno un secondo fucile e, quindi, un secondo tiratore.
Queste ed altre teorie saranno presentate in aula dal procuratore distrettuale
di New Orleans Jim Garrison nel corso della causa intentata contro Bernard Shaw
durante il processo tenutosi nel 1968 e che vedeva lo stesso Shaw accusato di
cospirazione nell’omicidio del presidente.
N
Ad oggi, ancora molte zone d’ombra accompagnano il caso Kennedy. Molti esperti
si confrontano sull’accaduto e molto del materiale legato all’attentato risulta
ancora coperto da segreto.
Possiamo però affermare che, nonostante le pallottole di Oswald abbiano infranto
l’azione politica di Kennedy, queste non ne hanno distrutto il sogno della
“Nuova frontiera” aperto dopo le elezioni del 1960.
Nel corso della sua presidenza, infatti, Johnson mise in atto i propositi
kennedyani per una rivoluzione nella società americana, dando nuovo slancio alle
politiche sociali ipotizzate dal suo predecessore.
Occorre inoltre ricordare che il sogno di Kennedy vivrà un altro momento
altissimo nel 1969 quando la NASA, dopo aver raccolto la sfida lanciata dal
presidente nel corso del suo mandato, porterà Armstrong e Collins sul suolo
lunare.