due espressioni antitetiche
In Italia la movida muove un giro
d’affari di quasi 150 miliardi, con 933.000 imprese e 3 milioni di addetti. Ci
si meraviglia se gli interventi delle autorità sono molto blandi?
di Benito Sicchiero
Innanzitutto, cos’è la movida? Nata in Spagna – di qui il nome – per festeggiare
la caduta di Franco, si è rapidamente diffusa in Europa e nel mondo e,
modificata la sua ragione d’essere, oggi rappresenta, in estrema e non esaustiva
sintesi, la manifestazione dell’esuberanza giovanile, la voglia di stare in
compagnia, di divertirsi. Si manifesta in maniera diversa, secondo il grado di
civiltà dei Paesi che la ospitano e l’abitudine dei cittadini di quei Paesi di
rispettare norme e regole. In molte città le zone del divertificio sono state
pianificate dalle amministrazioni locali e sottoposte a regolamenti che
accontentano tutti, giovani e residenti. In Italia invece seicentomila famiglie
(quasi un milione e mezzo di cittadini) la subiscono: urla e schiamazzi fino
all’alba, lordure di ogni tipo, spari di mortaretti, risse,
liquori ai minorenni, crollo dei valori immobiliari residenziali, cui
spesso si aggiungono spaccio di droga, attività della malavita organizzata con
vorticoso giro di licenze di bar e ristoranti, paura anche di affacciarsi alla
finestra, immaginarsi il transitare di notte per le vie della movida: e chi si
oppone al degrado si prende, ben che vada, insulti e sberleffi da alcuni gestori
– non tutti sono esempi di galateo – che ritengono lesi i propri diritti di
lavorare in libertà. Fino ad arrivare a casi limite. Risiedo in una zona di
movida, via Bergamo di Monza e di uno di questi sono stato testimone. Un anziano
signore, con cancro in fase terminale, agonizzava in casa assistito dai
familiari con a pochi metri musica a tutto volume, urla e risate. Inutili le
richieste di intervento alle forze dell’ordine.
Ma, usualmente, anche di giorno la
vita quotidiana viene sconvolta: da camion e furgoni che riforniscono i locali e
parcheggiano dove vogliono, anche negli androni che conducono ai box dei
residenti; dai cumuli di immondizie che vengono sì prelevati dai netturbini, ma
alle sei di mattina mentre fino alle quattro schiamazza la movida.
Le famiglie vittime sono circa il
2,3% del totale delle famiglie
italiane (25.500.000), in
democrazia una minoranza trascurabile, e trascurata. Se a loro favore si
pronuncia la Costituzione (art. 32 che tutela il diritto alla salute in quanto
la mancanza di riposo notturno provoca danni fisici e psicologici), la
magistratura con sentenze che vanno dalla Cassazione a quelle dei tribunali, a
favore della movida più o meno selvaggia si schierano i supremi valori
dell’economia.
Secondo un’indagine della Camera di Commercio di Milano, in Italia la movida
muove un giro d’affari di quasi 150 miliardi, con 933.000 imprese e 3
milioni di addetti; solo in Lombardia produce un business di 42 mld di euro
all’anno con 120.000 imprese e quasi 560.000 addetti (a Monza 8.000 imprese).
Nelle zone franche della movida si sviluppano, inevitabilmente, fenomeni
preoccupanti: nasce il piccolo ras della via che a capo di un
gruppetto di borderline controlla gli esercenti: è il brodo di coltura
per organizzazioni ben più pericolose – la ‘ndrangheta, come è ormai, anche se
tardivamente, noto, ha nella provincia di Monza e Brianza alcune delle ‘locali’
più attive d’Italia - che
soprattutto in momenti di crisi economica come quella generata dalla pandemia,
si inserisce nel business dei bar, ristoranti e discoteche.
Contro questo ultradecennale stato di cose sorgono – e si sciolgono – centinaia
di comitati spontanei di cittadini residenti: molti fanno capo all’associazione.
“No Degrado e Malamovida” la quale, a sua volta, aderisce all’organizzazione
europea “Vivre la Ville”. Ma senza apprezzabili risultati.
Compito di gestire la movida spetta alla politica e a chi localmente la
rappresenta, la pubblica amministrazione, in primis comunale.
Ebbene, la politica si muove con l’obiettivo del consenso: ed è più forte
il consenso che può essere assicurato da gruppi economici organizzati (le
associazioni degli esercenti, ad esempio) oppure da quello di cittadini che
lavorano in cento attività diverse
e che costituiscono – come abbiamo scritto più sopra - anche da un punto di
vista elettorale, una piccola minoranza con preferenze politiche diverse?
Ma c’è di più. I fruitori della movida sono giovani: giovani dal presente e dal
futuro incerto, la o le generazioni che per la prima volta nella storia vivranno
peggio dei genitori; la o le generazioni sulle cui spalle oltretutto grava il
debito pubblico. I giovani, In questa società senza approdi e punti di
riferimento (società liquida la definisce Zygmunt Bauman), costituiscono un
potenziale pericolo per la tranquillità sociale. Per la politica è molto meglio
averli ubriachi di notte che vederli marciare di giorno pretendendo un lavoro,
una certezza, un futuro appunto.