40 anni di indagini per arrestare i pesci piccoli
nei ricordi di un cronista
Una bomba spense 85 vite e provocò il ferimento di oltre 200 persone
L’ incontro del capo dello stato
con i familiari delle vittime
Di Giuseppe Prunai
20 agosto di quarant’anni fa, ore 10.25. Cosa facevo? Era un sabato, faceva
caldo ed io, di turno al GR1 dove ho lavorato per oltre trent’anni, avevo appena
redatto il GR1 delle ore 10.00, un gr breve, della durata di dieci di minuti da
sigla a ri-sigla, che veniva preparato riassumendo il gr delle ore 8,
aggiornandone le notizie ed inserendone di nuove. Quel giorno, per esigenze di
palinsesto, quel gr era andato in onda con notevole ritardo. Lo avevo
personalmente portato in studio perché era uno di quei giornali che allora
venivano letti dall’annunciatore e non presentati dal giornalista. Aspettai in
regia la lettura del giornale quindi tornai nella mia stanza per consegnare il
testo del giornale alla segretaria che doveva archiviarlo. Erano passate da poco
le 10.30 e la suoneria della piccola telescrivente, collegata con il primo
canale dell’ANSA, situata su un tavolo di redazione, squillava senza
interruzione per annunciare il primo flash sull’esplosione alla stazione di
Bologna. Si parlava di una bombola di gas nei sotterranei di un bar
tavola-calda. Avvertii il vicedirettore ci consultammo con la redazione di
Bologna. Ricordo che il caporedattore di turno disse che il fragore
dell’esplosione si era udito òper tutta la città e a lui era sobbalzata la sedia
e la scrivania. Più che una bombola di gas, disse, sarà esploso un intero
gasometro. Breve consultazione con un funzionario del Ministero dell’interno,
che manifestò scetticismo sulla teoria della bombola (io toglierei la “o” e la
“l”, ci disse). Facile arrivare a simile conclusione in pieni anni di piombo che
noi giornalisti avevamo vissuto in prima persona, sul campo, spesso pagando le
conseguenze di un lavoro, una libera informazione, che non piaceva ad una certa
fazione. Decidemmo per un’edizione straordinaria del GR che toccò al
sottoscritto condurre dove, sia pure con il beneficio del dubbio, avanzammo
l’ipotesi dell’attentato dinamitardo, di un episodio di terrorismo, di un’azione
di stragismo. Poi arrivarono le prime immagini televisive, semplicemente
agghiaccianti, che testimoniarono l’entità della strage. Immagini più eloquenti
di migliaia di parole che archiviarono per sempre la teoria della bombola di
gpl.
Dell’orrore e dello sdegno del Paese, si rese interprete l’allora
presidente della Repubblica, Sandro Pertini, che interruppe subito le
vacanze in Valgardena per recarsi a Bologna a visitare i feriti e vedere il
teatro della strage il cui bilancio è agghiacciante: 85 morti, oltre 200 feriti,
molti gravi, straziati dall’esplosione, schiacciati dalle macerie.. Riferisco un
solo episodio che dà una dimensione alla tragedia.. Un collega che si era unito
ai soccorritori e aiutava a smassare le macerie, vide ad un tratto nella polvere
una sfera luccicante e la raccolse: era un occhio!
Eravamo nel pieno degli anni di piombo e simili episodi erano frequenti. Il
giorno prima c’era stato un attentato a Milano, non uno di quelli che mirano ad
eliminare una persona ben definita, ma a fare una strage come a Piazza Fontana,
a Piazza della Loggia, sul Treno Italicus, sul rapido 904 e via dicendo. Lo
stragismo è stato appannaggio dell’eversione neofascista con la connivenza di
alcuni apparati deviati dello stato.
A 40 anni di distanza non è stata ancora fatta piena luce sui retroscena della
strage così come non è stata fatta piena luce sulla tragedia del DC9 Itavia
caduto nei pressi di Ustica, come ci riferisce Paolo Negrelli in altra parte del
nostro giornale,
Sono stati arrestati e condannati molti pesci piccoli, la manovalanza spicciola,
gli intermediari e i finanziatori, come Licio Gelli, capo della loggia massonica
P2, sono tutti morti e quindi non
processabili. Nonostante i tentativi di depistaggio e di insabbiamento
dell’inchiesta, alcuni magistrati coraggiosi sono arrivati a conclusioni
accettabili, ad individuare e condannare gli esecutori materiali della strage ma
non hanno potuto superare il muro di gomma opposto alle indagini dai servizi
deviati e da altre strutture antidemocratiche la cui presenza fu costante negli
scenari politici degli anni 70 e 80 del ‘900.
Chi fu il vero mandante? E soprattutto, perché?
Incontrando i familiari delle vittime della strage, il presidente della
repubblica, Mattarella, ha ribadito: “l’esigenza
di piena verità, l’esigenza di giustizia, di verità completa che è stata
perseguita con determinata e meritoria ostinazione dall’azione giudiziaria,
dalla sollecitazione dei cittadini, dei familiari delle vittime contro ogni
tentativo di depistaggio e di occultamento.
Questo richiede, naturalmente, che si faccia di tutto, con impegno completo e
senza alcuna riserva, perché la verità venga raggiunta in pieno.
Quindi la mia presenza qui, caro Presidente e rappresentanti dei familiari delle
vittime, ha questo significato: partecipazione al dolore che rimane, per quanto
avvenuto; solidarietà della Repubblica per questo dolore; ricordo, dovere del
ricordo e della memoria, perché non si smarrisca mai la consapevolezza di quanto
avvenuto e della sua gravità, e di quanto va impedito per il futuro; ribadire
l’esortazione, la sollecitazione a sviluppare ogni impegno per la verità, con
ogni elemento - documentale o non documentale - che possa contribuire a
raggiungere pienamente la verità.”
Mattarella ha poi proseguito: dolore,
ricordo e verità piena: sono queste le sollecitazioni che raccolgo e che esprimo
per solidarietà nei vostri confronti e nei confronti di Bologna, della città
ferita, che non dimentica questa ferita e che ha reagito in maniera esemplare a
quel che è avvenuto.
È questo il significato della corona di fiori davanti alla lapide e del nostro
breve incontro in questo luogo che raccoglie la memoria di quanto avvenuto:
partecipare al dolore, ripetere il dovere della memoria e ripetere e ribadire
l’impegno per la verità”.
Sulla stessa linea gli interventi ti della presidente del Senato, Casellati,
della Camera, Fico, del Presidente del Consiglio, Conte.
Dal canto suo, Il presidente dei familiari delle vittime, Paolo Bolognesi, ha
spiegato che "il bilancio è positivo per le indagini", grazie a "spunti concreti
per arrivare alla verità completa sulla strage".
Dal palco di piazza Maggiore ha detto:
"Il quadro delle responsabilità per l’orrore del 2 agosto non è completo ma
ormai chiaro. Il processo che si aprirà a breve sui mandanti può cambiare la
storia d’Italia. Questo processo è anche frutto delle nostre lotte e noi ci
diciamo: questa è una storia che ci riguarda tutti e il cui finale dipende da
tutti noi”, ha scandito, raccogliendo il lungo applauso delle persone accorse
alla cerimonia. "I risultati della maxi-indagine sui mandanti confermano che
quel vile attentato fu una bomba nera, pensata dai vertici della P2, eseguita
dalla manovalanza fascista dei Nar, protetti da uomini della P2, inseriti nei
punti nevralcici dei Servizi segreti. Si voleva colpire Bologna la rossa. Ma nel
loro progetto criminale di potere, esecutori e burattinai fecero un solo errore.
Non tenere conto della reazione dei cittadini di Bologna". Oggi "è sconvolgente
il trattamento di favore di alcuni responsabili, ricompensati lautamente per il
loro silenzio".
D
Foto sul titolo: l'orologio della stazione di Bologna fermo all'ora della strage