Clausura e desiderio dcl caffè al bar a
Milano
di Pia Bassi
Gli abitudinari durante la clausura hanno dovuto rinunciare a tante cose,
soprattutto al caffè di prima mattina al bar sotto casa o vicino al luogo di
lavoro. Io ne ho sentito molto la mancanza anche perché non si tratta solo della
tazzina calda e fumante ma il sorriso del o della barista, lo scambio di due
parole con gli altri avventori e l’occhiata al quotidiano a disposizione del
cliente.
Non avete mai fatto a caso di quanti tipi di caffè il barista si sente chiedere.
Il classico “espresso“ ha molte
varianti. Eccone alcune: macchiato latte freddo o caldo, cioccocaffé, cioccodek,
al ginseng, all’orzo, marocchino, decaffeinato, corretto alla grappa, all’anice,
ecc. Il caffè espresso è un infuso idrocompresso di caffè ottenuto al momento
con speciali macchine e da miscele appositamente tostate. Si serve in tazzine ed
è di colore scuro con alla superficie una schiuma cremosa di colore beige scuro.
Caffelatte: è una miscela di latte e caffè con cui in Italia si faceva
colazione. Cappuccino: bevanda calda cremosa in superficie, ottenuta con caffè
espresso e latte. Spesso viene servito con “emoticon” in superficie, per
dimostrare la bravura del barista. Cioccocaffé: caffè espresso, latte e
cioccolata. Cioccodec: caffè espresso decaffeinato, cioccolata, latte e panna
montata. Marocchino: caffè espresso, latte e polvere di cacao.
Il caffè mi fa viaggiare di prima mattina nei paesi di provenienza del grano,
profumato quando è appropriatamente tostato, perché è nella tostatura il segreto
del suo aroma. E’ la bevanda nervina più diffusa al mondo e si ricava da più
varietà della Coffea arabica originaria dell’Etiopia o della Yemen. Non trova
particolari impieghi in cucina, ma è usato molto in pasticceria. L’arbusto è
originario dell’Etiopia dalla regione di Kaffa, da cui proviene il nome.
Non si sa quando fu usato la prima volta, vi sono tuttavia molte leggende tutte
originarie della penisola arabica. Una di questa si rifà al Profeta Maometto: un
giorno non stava bene, era in viaggio e l’Arcangelo Gabriele gli portò un
decotto scuro mandatogli direttamente da Allah. Bevve il decotto e si sentì
subito rinvigorito e riprese il viaggio. Il caffè fu senza dubbio scoperto dagli
arabi, tant’è che non si trovano memorie storiche negli Egizi e in Plinio. Dalla
favolosa Terra di Punt, l’Eldorado dell’antichità si importavano oro, incenso,,
avorio, pelli pregiate, ebano, pietre dure,
legni preziosi, penne di struzzo e aromi.
L’arbusto del caffè viene coltivato in diverse parti del mondo ma le varietà
derivano tutte dal seme originario Coffea arabica. I semi si consumano tostati
ed il suo profumo si espande ovunque anche fatto in casa con la macchina del
caffè (la più famosa è la napoletana) o le moderne cialde.
La sua diffusione nel mondo occidentale, dall’Oriente Islamico è relativamente
recente: diventa bevanda popolare alla fine del Seicento assieme alle altre
novità come il gelato e il sorbetto partiti dalla Spagna e dalla Sicilia, al
cioccolato proveniente all’America e del tè venuto dalla Cina.
Come si sono diffuse le piantine di caffè nel mondo? Si racconta che un commando
di marinai olandesi sbarcò sulle coste dello Yemen e si impadronì di alcune
piantine. Nel volgere di pochi anni si ebbero le prime piantagioni a Giava e a
Sumatra e poi in tutta l’America Centrale e Meridionale. In Brasile esistono le
maggiori piantagioni del mondo.
Il caffè veniva consumato come decotto amaro, non molto gradito se alla corte di
Luigi XIV iniziarono a renderlo più gradevole correggendolo con zucchero, miele,
panna, latte montato a vapore (da qui deriva il nostro cappuccino tanto amato in
tutto il mondo) e distillati vari.
Si dice che il miglior caffè in Italia si beva a Napoli: dipende dall’acqua.
Il peggiore forse è a Milano per l’acqua calcarea
e clorata, comunque ottimo se i filtri sono ben puliti e la barista Daniela de
la Ca’ Granda te lo porge con un sorriso, nonostante le difficoltà economiche
del momento.