L’opinione
di Pietro Francesco Bayeli
Il formicaio umano in movimento su questa rotonda pallina di Terra è stato
invaso da una delle sue
solite pestilenze
batterico-virali,
storicizzate nei secoli XIV, XVII, XX, ed ora nel Terzo Millennio. Ogni volta è
la virulentazione di popolazioni parassitarie, più o meno nuove, a cui l’umanità
è naturalmente soggetta. Nella naturale
evoluzione ogni
essere vivente si modifica, si adatta per acquisire resistenza e una
maggiore forza espansiva.
Per incrementata aggressività virale, per attenuazione delle difese umane, per
entrambe, scoppia una epidemia fino alla pandemia. Inizialmente l’umanità viene
colta di sorpresa, ed ignora completamente natura, forza, aggressività del
patogeno. Siamo costretti a farcene una esperienza sulla propria ed altrui
pelle. L’iniziale ignoranza ci porta ad errori
più spesso che a giuste difensive intuizioni. Il disordine
comportamentale viene aggravato dalla intrusione sapientale di elementi
politici, sociali, perfino
scientifici. Cosa molto più grave per questi ultimi che apparentemente dediti
alla ricerca dovrebbero sempre tenere a mente il principio di falsificabilità o
possibilità di confutazione (Karl Popper) della scienza, fino a dimostrata prova
contraria, fino a conferma empirica, sperimentale. Normale quindi che ci siano
stati inizialmente e durante il percorso pandemico errori, disattenzioni e
morti: è purtroppo il destino di ogni comunità, anche questa nostra
soprattutto ora che è globalizzata.
Ciò che invece importa è che le frammentarie conoscenze acquisite durante
il tragico umano percorso vengano
rapidamente messe a frutto e a difesa. Difficile che ciò accada nell’incertezza
di un evento letale soprattutto se sapienti ed insipienti, imbevuti di
protagonismo, iniziano a bisticciare, attribuendosi personali meriti contro
reciproche carenze, esitazioni, colpe. Abbiamo, noi italiani, un alto tasso di
litigiosità che va dalla più ottusa rigidità alla più stupida faciloneria:
meglio sarebbe se avessimo un alto tasso di attenzione e di studio
epidemiologico, igienico, anatomico, clinico, farmaceutico ed anche sociale,
psicologico, politico ed economico.
Con tanta carne al fuoco, al fine di evitare che si bruci (la carne) e
che noi stessi stoltamente
ci bruciamo, chi mai avrebbe razionalmente
tempo per altro?
Purtroppo siamo deboli perché siamo senza armi
contro questo nuovo e ignoto nemico virale. Non certo all’attacco, privi
come siamo di attivi farmaci
antivirali e obbligati ad una
lunga attesa per costruirci
il correlato vaccino anticorpale.
Attualmente possiamo agire solo in difesa con un tentativo di passiva interruzione della diffusione del Covid-19: mascherine, distanziamenti, lavaggio-disinfezione mani, guanti, e per chi è costretto ad una vicinanza tute e visiere.
In una immagine fantasiosa, ironica, umoristica dobbiamo
impedire che il virus salti da una persona all’altra, da una mucosa
all’altra, e fare in modo, essendo
sprovvisto di una lunga pertica e non potendo
effettuare un lungo salto con l’asta ..……che
cada per terra e crepi!
Fortuna che l’uomo è uno degli animali a più alta capacità di adattamento per
cui a fronte di una epidemia-pandemia dopo una iniziale paura, condita anche per
alcuni da panico e angoscia, reagisce con comportamenti di prudenza, pazienza e
resistenza psicofisica. Emblematica Anna Frank con il suo diario: reclusa per
anni in una soffitta è stata capace per resistenza fisica e per creatività
intellettuale di vivere in modo reattivo la sua segregazione.
Una ultima cosa è importante in queste situazioni
da arresti domiciliari: il calore umano dell’empatia, la dolcezza,
l’affettuosità di un eloquio anche se solo telefonico. L’efficacia delle parole
sta nella capacità di attivare le stesse vie biochimiche percorse
dai farmaci e quindi di produrre le endorfine, anestetici e tranquillanti
neuroendocrini, spontanei,
naturali.
Ritengo più importante della quantità,
la qualità di una vita: ottimo poi se le due aggettivazioni
si uniscono.