Gianni Rodari: dal giornalismo
alla letteratura per l’infanzia
Il ricordo di un collega nel centenario della nascita
di Mario Talli
Cipollino e il cavalier Pomodoro, protagonisti di una storia di Rodari, in un
francobollo russo del 1992
Cento anni orsono, il
23 ottobre 1920, nacque a Omegna in Piemonte, Gianni Rodari, (foto a sinistra)
probabilmente il più grande
autore
di libri per l'infanzia del secolo scorso. Famoso in tutto il mondo, le sue
opere sono state tradotte in numerosi paesi. Purtroppo è morto troppo presto, a
Roma, all'età di 59 anni. Per ricordare i cento anni della sua nascita sono in
programma molte manifestazioni in Italia e all'estero.
Chi scrive
queste note ha lavorato parecchi anni con lui a Roma, al giornale “Paese Sera”.
Le nostre scrivanie, la mia e la sua, erano l'una accanto all'altra. Ma la sua
scrivania non era soltanto “sua”, la occupavano a turno altri due colleghi,
Alfredo Orecchio e Ruggero Zangrandi, che con lui si alternavano nel redigere
“Benelux”, il corsivo quotidiano che tutti i giorni immancabilmente compariva
nella prima pagina del nostro giornale traendo spunto da quel fatto di cronaca
che, per un verso o per l'altro, si distingueva dagli altri. Anche costoro
meriterebbero un profilo a parte per il ruolo che hanno avuto non solo
nel giornalismo, ma più ancora nella società italiana. Alfredo Orecchio,
siciliano, a Roma per gli studi, partecipò attivamente alla Resistenza nelle
file dei Gap, Gruppi di azione patriottica. E' autore di almeno tre libri: il
romanzo “Il Sospetto”, “I guardiani”, “Febbre in Sicilia”. Ruggero Zangrandi, di
cui ho avuto occasione di parlare anni fa proprio sul “Galileo”,
è noto per diversi libri di testimonianza e di storia sugli anni del
fascismo e del postfascismo, con le scorie che il regime sconfitto aveva
lasciato in alcuni settori della società italiana. Nel '51 Zangrandi ha vinto il
Premio Viareggio per “Il dizionario della paura”, scritto insieme a Marcello
Venturoli. Tra gli altri suoi titoli più famosi “Il lungo viaggio attraverso il
fascismo”, diario personale del suo
difficile rapporto con il Partito fascista, cui aveva aderito negli anni
giovanili e che si era illuso,
insieme ad altri giovani, di poter riformare dall'interno e “La tradotta del
Brennero”, resoconto assai particolareggiato della sua prigionia in un campo di
concentramento in Germania. Ruggero Zangrandi era il migliore amico di Vittorio
Mussolini, il figlio maggiore del Duce, suo compagno di banco negli anni
del liceo e, in quanto tale, frequentatore abituale di Villa Torlonia, la
residenza della famiglia Mussolini. Quando Donna Rachele preparava il pane con
la marmellata per la merenda dei suoi figli, la preparava anche per lui.
Dicevo che
Rodari, Orecchio e Zangrandi si alternavano regolarmente nella stesura del
corsivo giornaliero.
L'unica interruzione avveniva quando Rodari intraprendeva uno dei suoi viaggi
come inviato di “Paese Sera” all'estero. In questa veste è stato diverse volte
nell'Unione sovietica, in Cina e in Vietnam. Ne scaturivano
reportage nei quali a prevalere non erano i fatti della politica, bensì
coinvolgenti ritratti di quelle società, esplorate nelle loro pieghe più
profonde di abitudini, costumanze e stili di vita.
Rodari era arrivato al giornalismo attraverso tappe intermedie. Quando aveva 9
anni gli morì il padre, fornaio, e
la famiglia si trasferì a Gavirate, nel Varesotto, paese natale della madre. Qui
frequentò le magistrali fino al conseguimento del diploma. Per alcuni anni
insegnò in alcune scuole elementari. Partecipò alla Resistenza e nel 1944 si
iscrisse al Pci. Fu la svolta della sua vita. In un primo tempo gli fu affidata
la direzione di un settimanale della Federazione di Varese
la cui testata non si peritava di richiamare antiche e ben più autorevoli
memorie, “L'Ordine Nuovo”, che rappresentò il suo debutto nel giornalismo.
Successivamente fu trasferito a Roma dove lavorò all'”Unità” e al settimanale
“Vie Nuove”.
Probabilmente
per la sua esperienza di maestro elementare e per aver mostrato una particolare
attenzione al mondo dell'infanzia, dopo alcuni anni all'”Unità” e a “Vie Nuove”,
fu incaricato, insieme a Dina
Rinaldi, di dar vita ad un
settimanale dedicato ai ragazzi. Nacque così “Il Pioniere”, organo
dell'Associazione pionieri d'Italia. Conclusa
anche questa esperienza tornò a fare il giornalista a tempo pieno, questa
volta a “Paese Sera”.
Ricordo
che partecipava attivamente alla vita della redazione e alle riunioni di lavoro
che vi si tenevano. I suoi interventi si distinguevano per acume e assennatezza.
Tuttavia mi capitava spesso, durante il lavoro, di scorgerlo con lo sguardo nel
vuoto, assorto in qualche suo pensiero. Queste pause duravano parecchio e mi
inducevano a supporre che rincorresse con la sua mente le favole e le storie per
l'infanzia che poi, una volta a casa, avrebbe messo su carta. Verso il mondo dei
fanciulli aveva un interesse particolare e, come si è poi constatato leggendo le
sue opere, era capace di sprofondarci, ma sempre da adulto, cioè senza le
sgradevoli svenevolezze artificiose di chi vuole far intendere ai bambini di
essere uno di loro, ma piuttosto come uno
zio o un nonno saggio che senza salire in cattedra, ma camminando a
fianco a loro, cercava di impartirgli qualche utile nozione sulla vita reale e
su quella immaginaria, stando però ben attento a non confonderle.
La sua predilezione
per i rapporti con l'infanzia si manifestava in modo assai
eloquente in occasione delle feste,
che proprio su suo suggerimento, il giornale era solito organizzare un paio di
volte l'anno e che avevano come protagonisti assoluti i bambini e i ragazzi.
Quelle feste si svolgevano preferibilmente nei circhi equestri che si
avvicendavano e stazionavano per qualche tempo a Roma, nei giorni e nelle ore in
cui non svolgevano attività, con la partecipazione dei funamboli, dei
saltimbanchi e di alunni animali che si esibivano o si mostravano nei circhi
medesimi. Rodari non si limitava a immaginarle e organizzarle quelle feste, vi
prendeva parte personalmente, mescolandosi con quella popolazione allegra,
vociante e variopinta come fosse uno di loro. Questa sua predilezione, secondo
me, era generata dal fatto che il mondo del circo riassumeva magnificamente il
il concetto universalistico che Rodari aveva della nostra Terra e di chi la
abitava: persone le più disparate, animali, piante. Persino le stagioni avevano
un loro posto e una loro funzione in questo mondo immaginario e forse anche
desiderato: l’Inverno, la Primavera, l’Estate e il Vento, la Pioggia, la Neve
e la Grandine..
La
sua attenzione a non atteggiarsi a persona sovrastante rispetto al mondo
dell’infanzia svaniva un po’ quando parlava al telefono con la figlia Paola,
negli anni in cui anche lei era una bambina come gli altri. A volte ella lo
chiamava al giornale per
comunicargli qualcosa o per chiedergli un consiglio per il compito della scuola
cui in quel momento era
intenta. In quei casi la voce di Rodari si inteneriva
e i suoi occhi brillavano di una luce intensa.
Com’è
noto Rodari è stato un autore piuttosto prolifico di libri per l’infanzia. Sono
convinto che ne ha scritti un buon numero non tanto o non solo per ricavarne un
reddito, piuttosto perché questo era probabilmente per lui il modo migliore, per
scantonare di tanto in tanto dal
mondo degli adulti, con le sue asperità e i suoi infiniti problemi,
per immergersi in quello
sognante dei bambini.
Nel ‘70 gli fu
assegnato il Premio Hans Christian Andersen, sorta di Premio Nobel per la
letteratura dell’infanzia.
Ma Rodari, come in
parte si è visto, non si limitò a scrivere libri. Oltre all’attività
giornalistica, che non abbandonò mai, fu spesso ospite delle scuole e partecipò
alla promozione di numerose iniziative, tra cui periodiche riunioni fra
genitori, aventi come fine la promozione dell’istruzione e dell’educazione dei
giovani.
Probabilmente
questa attività così intensa non fu estranea alla sua fine prematura.
A beneficio dei
lettori riassumiamo alcuni tra i suoi titoli più famosi, i quali, come abbiamo
detto all’inizio, hanno avuto grande diffusione praticamente in tutto il mondo.
“Filastrocche in cielo e in terra”, “Favole al telefono”, “ Grammatica della
fantasia”, “Le avventure di Cipollino”, “Gelsomino nel paese dei bugiardi”,
“C’era due volte il barone Lamberto”.