Microparticolato e Corona virus
di Bartolomeo Buscema
Emissioni di particolato nella regione Lombardia. Il trasporto su strada è ancora la sorgente principale ma acquistano peso, rispetto al grafico della provincia, le emissioni da combustione non industriale e quelle relative ai processi produttivi
Un recente documento redatto dalla Società italiana di medicina ambientale
(Sima) suggerisce una possibile correlazione tra il superamento dei limiti di
polveri sottili e l’elevato numero di persone contagiate dal
corona virus. Un’ipotesi cui fa eco una nota dell’Arpa del Veneto che
chiarisce “è possibile affermare con chiarezza che, al momento, non esistono
studi approvati e condivisi dalla comunità scientifica in grado di dimostrare
che la diffusione del Coronavirus sia causata dall’inquinamento da particolato
atmosferico”. Le PM 2,5, chiamate anche polveri ultra sottili, sono micro
particelle inquinanti presenti nei
prodotti di combustione dei combustibili fossili. Sono cosi piccoli che
facilmente penetrano negli alveoli dei polmoni dove si verifica lo scambio tra
l’emoglobina e l’ossigeno e quindi
nel sangue , danneggiando parti vitali del nostro organismo. Mentre scriviamo,
registriamo che nelle aree
che stanno pagando il pezzo più alto in termini di decessi, ancora non è
stato raggiunto il tratto piatto della curva di contagio cui dovrebbe seguire
una linea calante, e che il dibattito è ancora aperto. C’è però un nuovo
contributo, quasi dirimente, che viene da una ricerca dell’Università di Harvard
di Boston guidata dall’italiana Francesca Dominici. La scienziata, in una
recente intervista, ha affermato che sul lungo periodo basta una differenza di
un microgrammo nella media di PM 2,5 rilevato per aumentare il tasso di
mortalità del nuovo coronavirus del 15%. Rileviamo che già nel passato altri
studi hanno messo in luce la correlazione tra l’inquinamento dell’aria e la
pericolosità di altri virus .Ma la ricerca dell’ateneo bostoniano,
sembra abbia una buona
affidabilità perché poggia sui
criteri di
un’analisi che impiega dati
statistici concernenti
elevate quantità di dati,
opportunamente aggiustati,
per eliminare tutti quei fattori
che possono falsare i
risultati, tra i quali la
densità di popolazione, la
percentuale di fumatori, il numero di tamponi per la positività al virus
effettuati. Il risultato dell’ateneo bostoniano, in realtà, non ha sorpreso gli
scienziati che studiano gli effetti deleteri delle polveri sottili sulla salute.
Gli effetti che le particelle PM2.5 hanno sul sistema respiratorio umano sono
ben documentati anche se sono
fortemente influenzate dal tempo di esposizione e dall’età anagrafica.
Cardiopatia ischemica, ictus, malattia polmonare ostruttiva cronica, sono le
principali condizioni associate alla mortalità correlata all'inquinamento
atmosferico. D’altra parte, è
anche noto che l'inquinamento atmosferico da PM 2.5, subito dopo dieta,
fumo, ipertensione e diabete è uno dei fattori di rischio più importanti per la
salute e causa ogni anno 2.9 milioni di morti premature in tutto il mondo.
Emissioni di particolato nella provincia di Milano. È evidente che la sorgente
predominante è il trasporto su strada. Importante è anche la combustione non
industriale.
Se consideriamo che
la Pianura padana è una
delle zone più inquinate d’Europa, l’elevata concentrazione di polveri sottili
potrebbe spiegare l’alto
tasso di letalità negli anziani
contagiate dal nuovo coronavirus. Precisiamo che il suddetto studio non è
il solo, e che è molto importante
il confronto tra i vari studi che
si stanno facendo in molti parti
del mondo. E’ quindi d’obbligo una ragionevole cautela. Infine, deve esser
chiaro che per noi utenti dei mass media
è difficile discernere tra
le tante cose che sentiamo o
leggiamo sui giornali, comprese le cosiddette bufale, ma che
su un punto non dovrebbero
esserci dubbi: che la verità
scientifica non esiste in assoluto,
si tratta di ipotesi, razionalmente supportate, che devono essere sempre
sottoposte ai criteri di verificabilità.