Si chiama Covid-19

la malattia del coronavirus

La situazione del contagio in Cina e nel mondo – Il virus isolato allo Spallanzani di Roma e al Pasteur di Parigi - Prospettive di cura – In  Cina avrebbero messo a punto un metodi di cura basato sugli anticorpi sviluppati dagli ammalati guariti

 

di Giuseppe Prunai

Il coronavirus

Per prima cosa, l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS)  ha dato un nome alla malattia provocata dal e coronavirus l’ha ribattezzata Covid-19,  poi, constata la gravità della situazione ha lanciato l’allarme mondiale assicurando che gli esperti sono al lavoro per mettere a punto un vaccino che sarà pronto fra un anno, forse fra un anno e mezzo. In un secondo tempo, gli esperti dell’OMS  si sono spostati in Cina per meglio studiare la situazione e lavorare, insieme con i medici cinesi, alla ricerca di una cura per debellare questo nuovo virus.

Il coronavirus isolato dai ricercatori dell'Ospedale Spallanzani di Roma

Ma questa necessità, probabilmente solo burocratica, di dare un nome alla malattia, mi ha richiamato alla mente  un passaggio di un romanzo di Léon Daudet (1867-1942) (foto a destra) , figlio del più noto e celebre Alphonse. Nel romanzo (titolo italiano “I morticoli”) si polemizza, piuttosto gratuitamente, con  la classe e la scienza medica di quel tempo. Nel libro, Daudet figlio mette in bocca ad un medico questa frase: se mi si presenta un paziente con un’infiammazione della lingua, io gli dico che ha una glossite e lui se ne va via tranquillo e fiero di avere una malattia con un nome così insolito e così ricercato.

Al di là di questa forma d’ironia, feroce, sì ma anche inutile ed amara, forse legata a qualche problema di salute dello scrittore ed al suo rapporto con i medici suoi contemporanei, la situazione è tutt’altro  che rosea. Nella seconda metà febbraio, quando scriviamo queste note, il numero dei morti in Cina ha superato i 2.000 (fra questi, anche il direttore dell’ospedale di Wuhan),  oltre 70.000 ammalati e si sono registrati i primi decessi e contagi fuori della Cina, il primo contagio in Africa. E questo è un fatto preoccupante visto che nei paesi di quel continente, a parte alcune eccezioni, il sistema sanitario è inesistente.

Uniche certezze, l’isolamento del virus da parte dei ricercatori dell’Istituto Pasteur di Parigi e dello Spallanzani di Roma. Forse, uno spiraglio, se la notizia sarà confermata: ricercatori cinesi avrebbero prelevato gli anticorpi sviluppati da alcuni pazienti guariti e con quelli avrebbero curato con esisto positivo alcuni ammalati. Il condizionale è d’obbligo vista la ridda di notizie non vere e di illazioni che circolano in questi giorni e visto anche il comportamento delle autorità cinesi. Del tutto irresponsabile nelle prime settimane di diffusione della malattia sembra, addirittura in dicembre. Il medico cinese Li Wenliang (foto a sinistra), che aveva lanciato l’allarme, era stato diffidato dalla polizia e poi, addirittura arrestato perché continuava a parlare di epidemia di natura sconosciuta. Quando gli hanno reso giustizia, lo hanno reintegrato e restituito ai suoi pazienti, aveva già contratto l’infezione ed è sopravvissuto ancora per poco. Aveva solo 34 anni, sua moglie è incinta del secondo figlio.

La vicenda di Li Wenliang ricorda, in certo modo, quella di Carlo Urbani morto di SARS, la cosiddetta “aviaria”, che lui stesso aveva scoperto e per la quale aveva lanciato l’allarme alle autorità vietnamite. Urbani si trovava in Vietnam per conto dell’OMS per studiare il sistema sanitario, di tutto rispetto, di quel paese. Di fronte ad una malattia sconosciuta, le autorità di Hanoi chiesero la sua consulenza, Urbani si rese conto di trovarsi di fronte ad una nuova malattia per la quale lanciò l’allarme, subito raccolto. Le misure adottate fecero sì che il Vietnam fosse il primo paese del sud-est asiatico a debellare la malattia. Ma Urbani contrasse il virus che lo portò alla tomba. Aveva 47 anni, moglie e tre figli. La collega Lucia Bellaspiga ha scritto una sua bella biografia. (A sinistra: la copefrtina del libro della Bellaspiga).

In assenza di cure certe, nel mondo occidentale ci si è concentrati sulla prevenzione, nella quale primeggia il nostro paese: blocco di tutti i voli da e per la Cina, termoscanner o operatori sanitari con termometri a pistola per controllare, nei  porti e negli aeroporti,  tutti i passeggeri in arrivo dall’estero. Finora, sono stati controllati un milione e 200 mila passeggeri. Quarantene per chi è rimasto bloccato in Cina e ricondotto in Italia con un volo di stato. Misure che a molti sono sembrate esagerate ma che stanno dando i loro risultati. 

ATTENZIONE: chi avesse dei dubbi o dei timori può consultare il sito del Ministero della salute http://www.salute.gov.it/portale/home.html  o chiamare il numero telefonico 1500.

Il Galileo