Intorno al giorno della memoria
Per 9 milioni di italiani la shoa è una leggenda
e Liliana Segre racconta fandonie
di Magali Prunai
L'ingresso al campo di sterminio di Auschwitz
“Se andate a visitare Auschwitz non parlate di gita ma di pellegrinaggio”.
Queste le parole di un lettore di un noto quotidiano di ispirazione cattolica in
una lettera al direttore per esprimere lo sconcerto e molte perplessità quando
sente usare una terminologia così “leggera” e felice, come gita scolastica,
riferita alle visite organizzate per gli studenti nel luogo di massimo dolore
perpetrato dall’uomo su un altro essere umano.
Il direttore, pur ammettendo che forse si parla con troppa semplicità di questa
“gita”, punta l’accento non sulle parole che si usano prima ma su quelle che
rimangono nel cuore di chi ha concluso questo viaggio ed è tornato a casa.
L’invito è quello di fare proprio il consiglio della senatrice Liliana Segre, di
coprirci meno di quanto sarebbe giusto, di mangiare meno di quanto vorremmo in
modo da sentire per un momento qualcosa di simile al freddo e alla fame che
provarono tutti i deportati imprigionati in quel campo. Provare per un attimo
quel male ci aiuterà a non dimenticare e a non perpetrare più quello stesso
male.
Alla
luce della cronaca degli ultimi tempi viene da dire che si tratta di una bella
utopia.
Insulti alla memoria di Anna Frank, una bambina deportata con l’intera famiglia
e mai più tornata a casa, di lei non rimane che un diario, noto a tutti. Non un
capello, non un corpo da seppellire, non una tomba sulla quale piangere e
lasciare un sassolino, come da tradizione ebraica.
Scritte offensive sulla porta di casa del figlio di una partigiana, morta da
pochi anni e che fino all’ultimo ha raccontato e ricordato.
Scritte offensive sul pianerottolo di casa di una donna di religione ebraica, la
cui madre è stata deportata.
Il negazionismo è sempre più dilagante fra nuove e vecchie generazioni, con la
convinzione più assoluta che chi è venuto dopo non può dire con certezza che sia
tutto vero perché non lo ha vissuto, non lo ha visto con i propri occhi, non lo
ha provato sulla propria pelle.
Chissà come mai questo periodo storico così recente, del quale abbiamo
testimonianze dirette, filmati, testi scritti, numerose fonti storiche accertate
e inconfutabili viene sempre più messo in dubbio mentre nessuno mette in dubbio
le guerre puniche. Del resto nessuno attualmente vivente o qualche nostro nonno
o bisnonno può dire di averle vissute. Perché alle guerre puniche crediamo
ciecamente e accettiamo come verità assoluta le fonti storiche che ce ne parlano
e mettiamo in discussione le parole dei testimoni diretti di quell’orrore? Non
ci assale neanche per sbaglio il dubbio che le fonti che ce ne parlano siano
state male tradotte e interpretate, mentre si nega davanti a testimoni oculari
la veridicità degli orrori del nazismo.
Secondo una ricerca Eurispes di gennaio 2020 circa il 15% della popolazione
italiana crede che la Shoa sia una leggenda. Su 60 milioni di italiani vuol dire
che circa 9 milioni pensa che gente come Liliana Segre racconti solo fandonie.
Un italiano su 7 circa. E il dato, negli ultimi 16 anni, è cresciuto in maniera
preoccupante.
Il dato è cresciuto con una diffusione sempre maggiore di ignoranza storica. C’è
chi ignora la data di svolgimento dell’ultima guerra, non è in grado di
collocare nel tempo l’inizio della Repubblica italiana, credendo che negli anni
’80 l’Italia fosse una monarchia. Affermazione di un uomo di circa 50 anni e che
quindi qualche ricordo di quel decennio dovrebbe averlo. Parole dette in
libertà, senza pensare perché ormai disabituati al ragionamento. Parole frutto
di una politica volta sempre più alla diseducazione sociale, una politica che si
è potuta fare largo nelle menti della gente proprio grazie a questa
diseducazione. Una politica che ha sfruttato la volontà degli individui di
lasciarsi diseducare e manipolare. Non dimentichiamoci che se certi episodi
possono capitare e sono accaduti è perché certi sentimenti di odio erano e sono
latenti in noi. Qualcuno è solo riuscito a toccare le corde giuste perché le
coscienze sopite si risvegliassero, purtroppo.
Disse Brecht ne La vita di Galileo: “Wer die Wahrheit nicht weiß, der ist bloß
ein Dummkopf. Aber wer sie weiß und sie eine Lüge nennt, der ist ein
Verbrecher!”1
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1“Chi non conosce la verità è uno stolto. Ma chi, conoscendola, la chiama
menzogna, è un delinquente”.