Perla prima volta le emissioni totali di CO2 del settore elettrico hanno segnato
un -12%
di Bartolomeo Buscema
Nel 2019, per la prima volta in Europa l’eolico e il fotovoltaico insieme hanno
prodotto più energia elettrica del carbone; quest’ultimo ha visto crollare la
sua produzione del 24% rispetto all’anno precedente. Tanto da spingere al
ribasso le emissioni totali di CO2 del settore elettrico, che hanno segnato un
-12% rispetto al 2018. Oggi, le fonti rinnovabili nel loro complesso sfiorano
il 35% del mix energetico europeo. Uno scenario confortante che
dà un
impulso
all’Unione europea per combattere
il cambiamento climatico e al contempo gestire
la propria transizione
ecologica. Una transizione che ha il suo documento programmatico nel
cosiddetto “Green Deal” presentato, a Bruxelles, lo scorso dicembre. Si
tratta di un piano d’investimenti
multimiliardario per un’Europa sostenibile
volto a finanziare
prevalentemente progetti nell’area delle
energie rinnovabili nei Paesi maggiormente dipendenti dai combustibili
fossili. Nelle intenzioni della Commissione Europea, il Green Deal «trasformerà
l’Unione Europea in una società giusta e prospera, con un’economia di mercato
moderna, dove le emissioni di gas serra saranno azzerate
e la crescita sarà sganciata dall’utilizzo delle risorse naturali». Ad
affiancare il Green Deal, che punta
alla crescita economica dell’Unione
in uno scenario di riduzione delle emissioni inquinanti per
raggiungere la “neutralità climatica” (emissioni quasi zero) entro il
2050, sarà promulgata la prima legge europea sul clima, prevista per il prossimo
marzo. Una legge che
renderà vincolanti i
contenuti del Patto
che avranno come scopo
principalmente il benessere dei cittadini, la prosperità della società, la
competitività della sua economia, l’efficienza energetica, la sicurezza, la
salute e la protezione dei consumatori vulnerabili. Una lettura del testo del
Green Deal ci informa sulle
prossime iniziative messe in calendario dalla Commissione
europea .Proviamo a elencarne alcune:
a) la strategia sulla sostenibilità degli approvvigionamenti alimentari (Farm to
Fork, letteralmente “dalla fattoria alla forchetta” per promuovere le produzioni
di cibo a filiera corta), il piano d’azione per un’economia circolare e la
strategia per la biodiversità.
b) La de-carbonizzare il mix energetico, tra cui la strategia sulle rinnovabili
offshore;
c) una nuova strategia per la finanza sostenibile
d) una strategia per la mobilità a basso impatto ambientale .
e) la revisione
del regolamento TEN-E (Trans-European Energy Network) sulle reti
energetiche trans europee
f) la riformulazione delle linee
guida sugli aiuti di Stato alle industrie energivore, per allinearle
al nuovo schema del mercato ETS (Sistema europeo
di scambio di quote di emissione
di anidride carbonica) per il periodo 2021-2030. Una revisione
che punta a una consistente riduzione delle emissioni di anidride
carbonica. Un arduo e virtuoso programma
che, purtroppo, s’inserisce in un quadro mondiale non esaltante,
soprattutto per
il ritiro degli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi
che renderà ancora più complicato contenere l’aumento della temperatura
entro gli 1,5 gradi centigradi. Non solo. Negli ultimi anni la Cina, il primo
inquinatore al mondo, ha visto impennare le proprie emissioni di CO2, nonostante
massicci investimenti nelle fonti rinnovabili. In India le emissioni
sono diminuite sia per il rallentamento
dell’economia che ha ridotto
il consumo di carbone e petrolio
sia per un’insolita
stagione dei monsoni ha inciso sulla produzione e il consumo di carbone,
con forti piogge che hanno allagato le miniere di carbone indiane e favorito una
maggiore produzione di energia idroelettrica. E ora anche
il Giappone
che prevede di costruire fino a 22 nuove centrali a carbone in 17 siti
diversi nei prossimi cinque anni. Insieme, le 22 centrali elettriche
emetterebbero ogni anno quasi la stessa quantità di anidride carbonica prodotta
da tutte le autovetture vendute annualmente negli Stati Uniti.