di Pietro Francesco Bayeli
La Terra per lungo tempo è stata pensata come l'unico luogo dove la vita si potesse sviluppare
Improvviso mi viene questo pensiero: nel mio libro “Historia Hominis”[i]
ho affermato che l’unico vero momento di
libertà nella vita di un uomo è il tratto finale del suo arco vitale, quando,
ormai vicino alla morte, può
decidere lui stesso della propria vita. Ma non è detto bene: si può decidere in
libertà negativa ed irripetibile per un suicidio, assistito e no (eutanasia), in
qualunque momento della propria vita. Tuttavia, ripensando al principio di
libertà, al suo naturale relativismo che ne determina sostanzialmente una
limitazione, mi è venuto in mente un altro momento umano di assoluta libertà: la
libertà di pensarla intimamente come voglio. Diventa immediatamente limitata e
relativa in caso di esternazione, di pratica attuazione, od anche solo di
dialogo con altri soggetti che
possono essere consenzienti o
dissenzienti date le fisiologiche disuguaglianze presenti nell’umana famiglia.
Tutto questo ragionamento mi conduce ad una sola conclusione: sono libero in
assoluto solo nell’intimità del mio pensiero e nella autonomia di un proprio
nichilista atto suicida.
Omne vivum ex ovo
Povera Libertà, tanto sbandierata, sofferta, umanizzata e tuttavia limitata,
costretta, spesso dimenticata, con una urente necessità di continuo ricordo,
memorizzazione, rinnovo, sollevazione. Ed è proprio sulla base di continue,
ripetute stimolazioni che la libertà, seppure spesso bistrattata, contenuta e
limitata, ha potuto evolversi nei tempi e nello sviluppo dell’umana famiglia.
Oggi, per buona
parte del mondo, non
esistono più schiavi e schiavisti come nei tempi antichi: per lo meno non è più
nell’uso e nel pensiero comune di avere al proprio servizio uno schiavo, uomo o
donna, posseduto quasi come
oggetto, incatenato, assolutamente privo di qualsiasi diritto, debitore
in ogni momento di soli doveri (devi, devi, devi). Da queste forme
arcaiche di schiavitù siamo lentamente, molto lentamente, passati a vassalli,
valvassini, valvassori del periodo feudale, ai vari sudditi delle signorie,
principati e regni. Come tutte le umane faccende l’attenuazione della patente di
schiavo non è andata diminuendo in
continuità e regolarità, cioè in linea retta, bensì con alti e bassi ripetuti,
naturalmente, nei paesi più
arretrati, ma anche e spesso anche nell’occidente più avanzato. In questi ultimi
lidi la perdita di libertà ha assunto sfumature meno brutali, ma tuttavia può
persistere in forme perverse di sentimenti basculanti tra odio , amore e
gelosia (stalking) ed anche in situazioni economiche, burocratiche,
politiche (stato padre–padrone), giuridiche (mobbing): si va in prigione per
debiti insoluti, per violazioni burocratiche, per
mene politiche, per errori o ingiustizie giuridiche.
Quindi esiste una libertà assoluta
solo all’interno dei propri pensieri o nella gestione della propria persona,
oppure nichilista della propria
vita. Vi sono soggetti che nella ricerca di un godimento, di un piacere pensano
di poterlo ricavare senza particolare impegno e fatica per cui
sentono esaltata la propria personalità nel consumo
di droghe, di stimolanti, come alcol,
droghe vegetali , eroina,
cocaina, allucinogeni sintetici. Nessuna droga è leggera ma solo e
sicuramente euforizzante, allucinante, pesantemente determinante per abitudine e
dipendenza. Qualunque droga, compreso l’alcol, per quantità e durata risulta
distruttiva: distruttiva del
sistema nervoso centrale per le droghe (non importa se pesanti o leggere,
naturali o sintetiche), lesive per il fegato, dall’epatopatia cronica alcolica,
alla cirrosi, al cancro. La ricerca di questo virtuale bengodi
toglie ogni libertà al tossicodipendente e all’alcolista, che risultano
invece schiavizzati entrambe da un unico pensiero: la ricerca famelica
dell’alcol e della droga. La lenta
corrosione fisica ed intellettuale determinata dal cronico e assatanato uso di
stupefacenti ed alcol porta irrimediabilmente al degrado, alla depravazione
personale e sociale fino alla morte questa volta involontariamente
subita, tragicamente autogestita.
Ecco un moderno, attuale, mondo di schiavitù, senza catene, collari, manette o
palle al piede, ma in piena, netta dipendenza e sfruttamento di una
brutale piramide alla cui base sono i consumatori strettamente allacciati
agli spacciatori, ai tagliatori, ai trasportatori, ai chimici, ai coltivatori,
su fino ai nuovi schiavisti:
i signori e padroni dei
cartelli della droga.
Ci siamo raffinati, sofisticati: come schiavi,
dalle piaghe di pesanti
catene ai polsi ed alle caviglie,
ci siamo evoluti alla tragica, spesso mortale dipendenza delle droghe. Con
demenziale follia, per un irrazionale, bramoso ed egoistico desiderio di
artificiali paradisi, vendiamo quel poco di libertà che possediamo
al sarcofago drogato
dell’intelletto e dei sentimenti. Così siamo
nuovamente liberi……. di morire.
[i]
Pietro Francesco Bayeli:”Historia Hominis -
Centralità dell’uomo” -
Betti Editrice, Siena - 2016