La scomparsa di Piero Scaramucci
fondatore di Radio Popolare
Il ricordo della Milano
democratica e antifascista
di Giuseppe Prunai
Piero Scaramucci ci ha lasciati l’11 settembre scorso. Aveva 82 anni. A darne
l’annuncio il presidente dell’ANPI
provinciale
di Milano, Roberto Cenati, che ha osservato che “sono sempre state fondamentali
per noi le sue analisi approfondite, stimolanti e mai banali sulla situazione
politica, economica e sociale del nostro Paese. Ci siamo visti l’ultima volta –
ha continuato Cenati - lo scorso 10 agosto, in piazzale Loreto, nella ricorrenza
del 75° anniversario dell’eccidio dei quindici martiri e ci eravamo ripromessi
di riprendere con slancio l’iniziativa della nostra associazione per contrastare
il risorgere dei movimenti neofascisti e il crescente clima di odio e di
intolleranza che sta investendo il nostro Paese”. Scaramucci era vicepresidente
della sezione ANPI del quartiere Isola, di Milano.
Il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, ha detto che Scaramucci “ha raccontato gli
anni più caldi del nostro Paese con devozione nei confronti della verità e con
straordinaria competenza”. Il comune di Milano, gli aveva conferito, nel 2001,
l’Ambrogino d’oro, l’onorificenza che la città assegna ai suoi cittadini
illustri.
Scaramucci ha lavorato come giornalista in RAI dal 1961 al 1992 quando ha
assunto la direzione di Radio Popolare che aveva contribuito a fondare nel 1976.
Dopo 10 anni come direttore, nel 2002 si dimise rimanendo legato alla radio come
membro e poi come presidente della cooperativa dei lavoratori. E fu come
ispiratore di Radio Popolare che introdusse una soluzione tecnologica giudicata
dagli addetti ai lavori come d’avanguardia. In occasione di una contestata prima
della Scala, signore impellicciate e signori in smoking che attraversavano la
piazza per entrare in teatro furono bersagliati da un nutrito lancio di uova
marce e pomodori da parte dei ragazzi dei centri sociali. Ci furono ovviamente
degli scontri con la polizia e la squadra di radiocronisti approntata da
Scaramucci era continuamente collegata con la radio mediante una serie di walkie
talkie. La radiocronaca così fatta ebbe
un tono di grande realismo e
drammaticità. Una soluzione che in RAI avevano da sempre scartato per la paura
di interferenze sui canali analogici di quei “parla-ascolta” che trasmettevano
sulla banda cittadina e quindi facilmente intercettabili e sui quali si poteva
facilmente intervenire. Una soluzione che portò la radio Rai a dotarsi di
radiomicrofoni le cui emissioni erano protette.
Una serata in ricordo di Piero Scaramucci
“Non accenna diminuire l’ondata di maltempo….”
“Ma che razza di attacco è questo per una notizia. Cerca qualcosa di più
diretto, che faccia capire all’istante la
situazione
all’ascoltatore”: così Piero Scaramucci ad un praticante di nome Antonio Di
Bella, approdato in RAI poco più che ventitreenne. Un rilievo, comunque, fatto
con garbo, da amico, senza cedere ai toni professorali di tanti tromboni del
giornalismo.
E’ un aneddoto che ha raccontato lo stesso Di Bella (foto a sinistra), attuale
direttore di Rainews24, durante la serata che la Milano democratica e
antifascista ha dedicato al ricordo di Piero Scaramucci, l’11 novembre scorso,
nella Sala Alessi, di Palazzo Marino, sede del comune del capoluogo lombardo.
Una serata promossa da Radio Popolare, di cui Scaramucci è stato il fondatore, e
dall’ANPI (Associazione nazionale partigiani italiani) della quale Scaramucci è
stato uno degli animatori e dirigenti tramite la sezione del quartiere popolare
milanese Isola, e in collaborazione con la Federazione nazionale della
stampa e dell’Associazione lombarda dei giornalisti.
La serata si è aperta con un intervento del
presidente
del consiglio comunale di Milano, Lamberto Bertolé, che ha ripercorso il
rapporto tra la città e Scaramucci nel segno della democrazia e
dell’antifascismo.
Gli ha fatto eco Massimo Bacchetta, condirettore Radio Popolare, rievocando le
condizioni che portarono alla nascita di una radio libera, per diffondere
un’informazione libera, senza veli, senza bavaglio, senza quella censura di
marca democristiana un tempo presente in molti media, soprattutto nelle testate
Rai.
E’ stata poi la volta dell’avvocato Carlo Smuraglia (foto a destra), presidente
onorario dell’ANPI. Si erano
incontrati, l’ultima volta, il 10 agosto scorso, a Piazzale Loreto, per
ricordare i 15 patrioti trucidati dai militi repubblichini della Legione Muti e
fu lì che Scaramucci raccontò che il 25 aprile a Pavia gli era stati negato di
parlare dal palco forse nel timore che dicesse cose scomode.
Subito dopo, Lella Costa ha letto alcuni brani della lunga intervista alla
vedova dell’anarchico Pinelli, parte di un suo lungo lavoro alla ricerca della
verità su Piazza Fontana e sulla drammatica morte di Pinelli, un episodio ancora
avvolto nel mistero. Ricordiamo che insieme con la vedova Pinelli, aveva
pubblicato un libro, “Una storia quasi soltanto mia”, recentemente riedito da
Feltrinelli.
Scaramucci veniva dal gruppo di Lotta Continua, la sua prima casa politica e
come tale era stato più volte oggetto di indagine da parte dei servizi, quelli
giusti e quelli deviati.
Giuseppe
Giulietti, presidente della Federazione nazionale della stampa italiana, il
sindacato dei giornalisti italiani, ha ripercorso il cammino sindacale di
Scaramucci che lo ha portato, nell’arco di una vita, ad essere uno degli
esponenti dei Giornalisti Democratici, ed uno dei promotori del Gruppo di
Fiesole e di Articolo 21.
Infine Antonio Di Bella ha parlato dei suoi rapporti redazionali con Scaramucci.
Se me lo consentite, vorrei aggiungere un ricordo personale. Io a Roma, lui a
Milano ci conoscevamo soltanto per telefono o per le conversazioni di servizio
sul relay, il multiplex che più volte al giorno collega le sedi regionali della
RAI con le redazioni centrali dei GR e dei TG. Quando ci incontrammo de visu,
per puro caso, al Circolo della Stampa di Milano, lui mi riconobbe dalla voce. E
allora parlammo di pipe, di cui eravamo entrambi fumatori, e di tabacco.