Le madrine di guerra

Sostegno morale ai prigionieri di guerra e agli IMI

 

 

di Magali Prunai

 

Di recente abbiamo festeggiato il 25 aprile, giornata dedicata alla liberazione dell’Italia dal nazi-fascismo. Ancora più recentemente abbiamo festeggiato il 2 giugno, festa della Repubblica, una giornata in cui si celebra la nascita della Repubblica italiana, una e indivisibile, democratica e fondata sul lavoro, come stabilirono i nostri padri costituenti dopo che la maggioranza di tutti gli italiani, uomini e donne, si espressero in favore della Repubblica e contro la monarchia al ben noto Referendum che sancì un cambiamento epocale nella storia d’Italia. Il 2 giugno festeggiamo quella democrazia, seppur imperfetta, che è pur sempre preferibile alla migliore di tutte le dittature, come ebbe a precisare il presidente Sandro Pertini.

Una e indivisibile, un concetto così scontato oggi ma che si ritenne opportuno ribadire. Nel ’43 l’Italia subì un tragico tracollo. La guerra era praticamente perduta, il maresciallo Pietro Badoglio, su incarico del re, annunciò alla radio l’armistizio firmato pochi giorni prima con gli Alleati. Poco dopo il re Vittorio Emanuele II scappò dalla capitale verso il sud, lo stesso governo decise di fuggire. L’Italia si trovò spaccata a metà, da una parte il Regno del Sud, dall’altra Mussolini aveva fondato la sua Repubblica Sociale. Questo stato di caos fu deleterio soprattutto per le truppe italiane all’estero. Declassati a Internati Militari Italiani (I.M.I), un gradino sotto ai prigionieri di guerra e un gradino sopra all’essere considerati bestie, i soldati italiani furono inviati ai lager tedeschi. Questa loro condizione intermedia permise, comunque, alle famiglie di riuscire a comunicare con i propri cari, inviando pacchi alimentari, con quel poco che si riusciva a racimolare, fotografie, qualche abito più pesante per coprirsi dai rigidi inverni tedeschi. Con l’Italia spaccata in due per molti fu prezioso l’intervento delle “madrine di guerra”. Le madrine di guerra nacquero, come idea, durante la prima guerra mondiale, quando i generali francesi notarono quanto fossero più soggetti a sconforto e depressione i soldati che in trincea non ricevevano posta. Si iniziò, così, a spronare tutte le donne francesi a scegliersi un soldato rimasto solo e di aiutarlo come possibile.

Le madrine di guerra sono esistite anche durante il secondo conflitto mondiale. Lo stesso regime fascista incoraggiò questa pratica, esortando, o il più delle volte costringendo, le giovani fasciste, comprese le bambine, ad avere una corrispondenza coi soldati, incoraggiandoli alla guerra. Ma quasi subito si fece marcia indietro. Le lettere, prive di ogni filtro, erano un pericoloso veicolo di informazioni contro il regime. Molte mantennero lo stesso i contatti, diventando preziosissime alle famiglie dei soldati che decisero di rimanere fedeli alla propria Patria e preferirono la prigionia al tradimento.

Il Galileo