NOVAMONT

La ricerca sulla plastica affinché sia totalmente biodegradabile è una priorità: un sacchetto o un contenitore che va direttamente nel compostabile

 

di Pia Bassi

 

 

Componenti delle bioplastiche

         Tanta produzione, tanti rifiuti. Tutti gli oggetti hanno un fine vita, e se non sono biodegradabili ma persistenti nell’ambiente, sono un guaio, soprattutto se sono oggetti che non meritano un posto d’onore in un famoso museo archeologico etrusco, greco o romano. La plastica è uno di quei prodotti intelligenti se gestiti bene e dannosi per l’ambiente se stupidamente buttati ovunque, sia in discarica che in mare. Il mare poi ci restituisce sulle spiagge la nostra ignoranza a tonnellate, i pezzi grossi, ed invece le microplastiche usate anche nei prodotti di bellezza (shampoo, crema, filler, ecc) nelle carne dei pesci di cui noi ci nutriamo. Vale a dire che le balene muoiono perché hanno lo stomaco pieno di plastica (oggetti indigesti) e noi umani, altrettanto: fegato, reni, ecc. vengono inceppati dalle microparticelle di plastica entrate nella catena alimentare. E’ di questi giorni la notizia di un avvoltoio gipeto femmina di tre anni, munito di gps, che si è nutrito in una discarica del comasco con plastica e spago. E’ stato recuperato in fin di vita dai birdwhatcher, operato e curato e riportato in Francia da dove era venuto.

Anche le discariche a cielo aperto sono dannose, per tutti, vanno ricoperte di terra o di teli. Sono molti gli uccelli che vi si avvelenano e muoiono per la plastica ingerita.

Una popolazione umana di miliardi di persone che pervade il pianeta, ha necessità di prodotti totalmente riciclabili se non vuole essere sopraffatta dalla spazzatura e togliere aria, acqua e terreno non inquinati, vitali anche per agli altri esseri viventi. Tutti ormai sanno delle isole di plastica galleggianti nel Pacifico, nel Mediterraneo, etc. e l’industria della plastica non può non essere responsabile e prendersi cura dei danni che una cattiva gestione del prodotto diventato rifiuto. La plastica, invenzione italiana per la quale l’Ing. Giulio Natta e Karl Ziegler furono insigniti del premio Nobel per la chimica nel 1963, per la mal gestione è diventata come la peste: sono soprattutto sotto accusa le plastiche monouso: devono diventare biodegradabili, ovvero potere ritornare alla terra come le bucce delle mele.

Catia Bastioli, AD del gruppo Novamont, chimica, scienziata e imprenditrice, ha affrontato il gravoso problema che spiega in un suo lavoro di ricerca: “Bioeconomia per la rigenerazione dei territori” - decarbonizzare l’economia e riconnetterla con la società si può -  libro edito da Edizioni Ambiente  (16 euro) . Novamont che abbiamo recentemente visitato nella sede di Novara, “ ha intrapreso da alcuni anni la produzione di bioplastiche e biochemicals da fonti rinnovabili, secondo un modello di bioeconomia intesa come rigenerazione territoriale”.

Produrre contenitori non in plastica derivata dal petrolio ma da vegetali (per esempio il mais) è possibile: viene chiamata bioplastica, resistente quanto basta al monouso e al trasporto di alimenti, come il prodotto Mater-Bi (granuli) e Origo-Bi (poliesteri) è possibile ed alimenta una economia non trascurabile. E’ una vera e propria rivoluzione che dovrebbe salvaguardare l’ambiente, combattere l’inquinamento e gli impatti dei cambiamenti climatici.

Prodotti in mater B

Alla base di tutto ciò sta la raccolta differenziata dei rifiuti, la suddivisione, il riciclo di quanto si può riciclare ed oggidì che il coltan è il minerale più pregiato, mi chiedo dove possa essere categorizzato e differenziato una volta che si butta un cellulare o altri oggetti a fine vita.

Che cos’è il compostaggio? Qual è la differenza tra biodegradabile e compostabile? Come si distinguono gli imballaggi compostabili? Lo ha illustrato durante la presentazione il dott. Francesco Degli Innocenti, come da schede qui pubblicate.

Quel che è certo è che dobbiamo cambiare atteggiamento, comportamenti verso il nostro pianeta Terra e presto anche verso gli altri che andiamo a conquistare. Sulla Luna abbiamo già lasciato come oggetto abbandonato – in cambio di 380 chili di rocce lunari – alcuni martelli, macchine fotografiche, fazzoletti, medaglia, vari zainetti, due palline da golf, una piuma di falco, vari rastrelli e pale (da Trash, tutto quello che dovreste sapere sui rifiuti). Dovremmo assumere l’atteggiamento dello scalatore responsabile, tornare dalla vetta conquistata con lo zaino pieno di rifiuti. Un tempo i pochi scalatori infilavano fra le crepe delle rocce le scatolette vuote di sardine. L’Everest ha vie disseminate di rifiuti fino alla vetta (anche se ciclicamente fanno campagne di raccolta dove si trova di tutto), la stratosfera ha miliardi di oggetti, come una ciambella girano, si scontrano e si spezzettano in altre migliaia di coriandoli, ovunque andiamo lasciamo un segno della nostra presenza, mai un fiore!!!!!!

Il Galileo