L’incendio di Notre Dame de Paris
Progetti di ricostruzione
tra polemiche e ipotesi fantasiose
Ma è stato veramente un incendio
dovuto a negligenza?
di Giuseppe Prunai
Sono praticamente due i simboli di Parigi: la Tour Eiffel e Notre Dame. La Tour
Eiffel, ormai più che centenaria, sarà sottoposta a
breve ad un energico restauro e ad un’opera di manutenzione, Notre Dame
sarà, praticamente, ricostruita dopo l’incendio che l’ha praticamente distrutta
il 15 aprile scorso. Un incendio dalle origini non molto chiare. Le autorità
francesi lo hanno definito “non
doloso”, ma l’opinione pubblica francese e mondiale non ne è troppo convinta.
Gli inquirenti imputano l’incendio ad un corto circuito dell’impianto elettrico
che avrebbe appiccato le fiamme alla zona del tetto, dove si stavano svolgendo
dei lavori di manutenzione. I responsabili della ditta appaltatrice dei lavori
hanno ammesso che gli operai fumavano durante il lavoro ma escludono che
ciò possa aver provocato un incendio. Conclusione opinabile perché un mozzicone
di sigaretta, ancora acceso, può finire su un’esca facilmente infiammabile.
Chi non crede all’incidente viene definito complottista. E i complottisti
ricordano gli atti vandali verificatisi in alcune chiede di Digione, Nantes,
Lavaur, Maison-Lafitte e Houille. Inoltre, nella settimana tra l’11 e il 17
marzo sono stati contati ben 10 atti vandalici contro chiese e monumenti
cattolici. Scrive Le Figaro che nel 2017 si sono registrati 978 atti vandalici
in tutta la Francia. Di questi, 878 hanno interessato chiese.
Poi c’è da considerare i difficili rapporti tra le diverse comunità
confessionali, soprattutto fra estremisti musulmani e cristiani. Esattamente un
mese prima dell’incendio di Notre Dame, il 15 marzo, a Christcurch, in Nuova
Zelanda, alcuni esaltati hanno sparato sui fedeli che pregavano in
due moschee, causando la morte di circa 50 persone ed il ferimento di
un’altra cinquantina. A questo episodio vanno aggiunte le stragi di cristiani
perpetrate in passato in Sudan e in Egitto e la strage di Pasqua in Sri-Lanka,
di cui parla l’articolo che segue.
Adesso il problema è il restauro per non dire la ricostruzione. Il presidente
Macron ha promesso che la cattedrale sarà nuovamente agibile entro cinque anni
ed una cordata di privati ha già avviato una sottoscrizione per reperire i fondi
necessari raccogliendo circa un miliardo di euro. Si è subito scatenato il
“fronte del no”, prodotto del più retrivo populismo europeo, ispirato ai “gilet
gialli”, che contesta la spesa per il restauro della cattedrale perché –si
obietta – vi sarebbero altre priorità. Un po’ quanto sostengono i nostri “no
tav” volutamente ignorando i vantaggi di un paio collegamento ferroviario tra
Italia e Francia.
Ma sul tipo di interventi da eseguire si è aperto un nutrito dibattito,
soprattutto fra architetti che propongono di sostituire La Fleche, la guglia
crollata in seguito all’incendio, con
un fascio di luce o un raggio laser, di trasformare il tetto in una serra
ed altre amenità. Del resto Parigi, è destinata a stupire in fatto di strane
costruzioni: vedi il Centro Pompidou, la Piramide del Louvre (l’architetto che
la realizzò, il cinese naturalizzato americano
Ieoh Ming Pei è morto pochi giorni fa all’età di 102 anni), il progetto
per una grande costruzione di cristallo che dovrebbe ospitare alberghi,
ristoranti, negozi etc.
Progetti di restauro che non tengono conto delle valutazioni dei tecnici
strutturalisti che ancora debbono valutare la tenuta delle pietre e del
materiale da costruzione in genere che potrebbe essere irrimediabilmente
danneggiato dalle altissime temperature alle quali è stato esposto per un lungo
periodo.