una Costituzione ante litteram
datata 1215
Fu redatta per risolvere i dissidi fra
il re Giovanni senza terra e i baroni ribelli
La Magna Charta esposta a Vercelli
di Magali Prunai
Il XIIIesimo secolo fu, per l’Europa, un periodo di grossa crescita economica e
demografica. La popolazione era in costante aumento e questo provocò la
colonizzazione di vasti territori periferici e meno abitati, la nascita e lo
sviluppo di aggregati urbani e la ripresa dei commerci non solo nazionali. Le
vie di comunicazione, tanto terrestri che marittime, erano controllate dai
commercianti stessi che avevano tutto l’interesse che i prodotti viaggiassero in
sicurezza.
La
società di tipo feudale era ormai consolidata, ma i rapporti fra i vassalli e il
sovrano, investito per grazia di Dio ma comunque subordinato al potere del papa
e della chiesa, erano ancora troppo poco predeterminati e organizzati. Sempre
più spesso i sovrani prendevano delle decisioni a loro unico beneficio, senza
minimamente interessarsi degli effetti sui loro sudditi e, in primis, sui nobili
che li circondavano e ai quali dovevano la loro permanenza sul trono.
È in questo clima un po’ ambiguo, di miglioramento ma anche di forte
contraddizioni, che si inserisce un documento storico-giuridico di grande
importanza: la “Magna Charta Libertatum” o, più semplicemente, “la Magna Carta”.
La Grande Carta delle Libertà, una Costituzione ante litteram. Molti studiosi
della storia del diritto, infatti, attribuiscono a questo testo il
riconoscimento di prima bozza di testo fondamentale, per l’appunto una
Costituzione.
Siamo in Inghilterra, nel 1215 circa, e re Giovanni senza Terra (noto per i suoi
leggendari dissidi con Robin Hood) fu
costretto a concedere un testo che, per lo meno sulla carta, risolvesse i
dissidi fra monarchia e baroni ribelli. Fino a quel momento il re e i suoi
predecessori avevano regnato secondo il principio del “vis et voluntas”, “forza
e volontà”, per cui il sovrano prendeva decisioni arbitrarie sostenendo di
essere al di sopra della legge. Ora si volevano regole certe, chiare e
rispettate da tutti. Dal re per primo. Fra le altre cose la Carta prevedeva la
possibilità di espropriare il re di tutti i suoi beni in caso di inottemperanza
alla Carta stessa fin quando la mancanza che si era verificata non venisse
colmata. Una sorta di trattato di pace che, però, il re non amava
particolarmente e che cercò in più riprese di abrogare. Tanto che poco dopo la
sua approvazione scrisse al papa chiedendo che questo trattato fosse annullato
in quanto estortogli con la forza. Il papa appoggiò le richieste del re ma,
successivamente, fu necessario rivedere e riapprovare nuove “edizioni” del
documento per tutelare la stabilità del regno.
Una prima riedizione è datata 1217, il cui esemplare è attualmente esposto a
Vercelli in occasione della mostra dedicata al cardinale Guala Bicchieri, venne
rivisitata nel 1225 e, infine, nel 1297. Edoardo I nel 1297 in cambio di nuove
tasse approvò e ripristinò nuovamente la Carta con alcune modifiche che, ancora
oggi, vigono nel sistema costituzionale inglese.
Ma cosa c’entra l’Italia e Vercelli con la “Magna Carta”?
Guala Bicchieri nasce a Vercelli si pensa fra il 1150 e il 1160, entra a far
parte dei Canonici regolari di San Pietro in Pavia e si laurea in diritto civile
e canonico (“in utroque iure”, “in entrambi i diritti”) a Bologna. Dal 1207
inizia la sua attività di legato pontificio prima nel nord Italia e poi
nell’Europa settentrionale. Inviato in Inghilterra ebbe il compito di frenare le
aspirazioni di Luigi VIII alla corona inglese, sostenendo l’ascesa al trono di
Enrico III, che incoronò lui stesso nell’abbazia di Gloucester nell’ottobre del
1216. Sempre fondamentale fu il suo ruolo nella revisione e riconferma della
“Magna Carta” del 1217 in quanto mediò con successo il dibattitto fra i baroni e
il re, supervisionò l’elezione del clero e punì quello ribelle. Tornato in
Italia a fine 1218, fondò a Vercelli la Basilica di Sant’Andrea avviandone la
costruzione nel febbraio del 1219. In occasione degli 800 anni della Basilica la
città ha deciso di omaggiare il suo vescovo dedicandogli una mostra ed esponendo
la copia della Carta che lui contribuì a realizzare.