Ridotta in appello
la pena ad un omicida
Una sentenza d’appello che fa discutere
di Magali Prunai
Italia, 1981: il Parlamento abroga il delitto d’onore, retaggio di una cultura
machista e fortemente misogina. È l’agosto del 1981 e si conclude l’era dei
grandi cambiamenti giuridici che modernizzano, finalmente, il nostro paese.
Il delitto d’onore era la possibilità di vedersi ridotta la pena qualora si
cagionasse la morte di un membro femminile della propria famiglia nel caso
questi avesse leso un particolare tipo di valore, l’onore inteso come
reputazione “sessuale” della famiglia stessa.
Ovviamente, la riduzione di pena era a senso unico. Se un uomo, scoprendo la
moglie adultera nell’atto stesso del tradimento, cagionava la sua morte e quella
dell’amante poteva contare su uno sconto di pena, come recitava l’articolo 587
del codice penale. Se a subire il tradimento era la donna e decideva di
vendicarsi sul marito e la sua amante, le sarebbe stato imputato il reato di
omicidio. Probabilmente anche con qualche aggravante.
Il codice penale è stato cambiato e la morte di una persona viene analizzata dai
giudici esattamente per quello che è, ovvero la morte di una persona.
Italia, 2019: a un uomo reo di aver ucciso la fidanzata viene riconosciuta come
attenuante la gelosia. La compagna voleva lasciarlo e lui, in balia dei
sentimenti, l’ha uccisa. La vittima che si trasforma in carnefice e il carnefice
in vittima.
La storia si ripete sempre uguale, anche se le circostanze cambiano spesso. Una
donna viene violentata, ha subito forse una delle violenze peggiori e più
umilianti per il fisico e la mente, e tutti si domandano come fosse vestita.
Forse aveva una gonna troppo corta e lo stupratore, quello che le è saltato
addosso, l’ha malmenata, l‘ha buttata a terra picchiandola, insultandola,
deridendola, quello che le ha strappato i vestiti per costringerla a un rapporto
sessuale, è stato istigato. Del resto se hai la gonna corta devi aspettarti che
qualcuno non sappia tenere a bada i suoi istinti più animaleschi.
A quasi 40 anni dall’abolizione di un reato tanto odioso quanto ipocrita ci si
aspetta che la società, che la mentalità della società tutta sia progredita a
tal punto da condannare ogni comportamento scorretto, a prescindere da chi l’ha
commesso, come l’ha commesso e dall’abbigliamento e dal comportamento della
vittima.
La Corte d’appello di Bologna ha stabilito, recentemente, che un uomo reo
confesso dell’omicidio della fidanzata, con la quale intratteneva una relazione
da un mese, ha agito sì per futili motivi come la gelosia ma, viste e
considerate le infelici esperienze di vita affettiva precedenti, a causa delle
quali aveva affrontato in passato cure psichiatriche, era in preda a una
tempesta emotiva causata dalla paura di un abbandono. E quindi dai 30 anni ai
quali era stato condannato in primo grado si è passati a 16 anni.
Per la paura di essere abbandonato quest’uomo un giorno si è svegliato e ha
deciso di strangolare la sua fidanzata. Proprio per questo principio espresso
dalla Corte d’Appello, anche se ancora in attesa di leggere per esteso le
motivazioni di tale sentenza, il Procuratore generale della Repubblica ha
dichiarato che chiederà alla Corte di Cassazione di esprimersi su tale concetto
opponendo un ricorso.
La vittima, come tutte le vittime della follia possessiva degli uomini, aveva un
nome e un cognome. Si chiamava Olga Matei e aveva ancora una vita da percorrere
e come lei tante altre. Aver sancito che la sua morte è stata causata da una
“tempesta emotiva” è stato come violare una seconda volta il suo corpo. Il
giorno di quella sentenza tutti gli uomini e le donne che si battono ogni giorno
contro le violenze in generale e, soprattutto, le violenze di genere sono stati
strangolati con Olga.
L’otto marzo, giornata dedicata alla donna, se volete regaliamoci pure la mimosa
ma non dimentichiamoci che esiste un problema di inciviltà e anche grave che va
affrontato al più presto.
Nell’Italia che vorrei, nell’Europa unita che vorrei, esisterebbe una legge 8
marzo che seriamente affronta la questione e seriamente non solo si propone di
risolverla ma, soprattutto, prevede come arginarla. Educazione al rispetto,
educazione al non essere indifferenti, imparare a non pensare solo a noi stessi
ma anche a ciò e a chi ci circonda perché la prevenzione è sempre la migliore
cura.