Una lingua morta?
No, la madre di tutte le lingue
di Magali Prunai
“Rosa, Rosae, Rosae, Rosam, Rosa, Rosa”. Dalla fine della scuola possono essere
passati 2 anni come 15 o 50 ma
la
prima declinazione latina non si dimenticherà mai.
Il latino, la madre di tutte le lingue che sempre meno si studia a scuola e al
quale si dedica sempre meno spazio, tempo e importanza relegandolo come qualcosa
di inutilmente complicato.
Si può essere francesi, italiani, spagnoli, portoghesi o rumeni, si può parlare
il catalano, il provenzale, il ladino o il sardo ma le parole che abbiamo in
bocca sempre dal latino arrivano, sempre in quella prima declinazione che non
dimentichiamo e non dimenticheremo mai trovano radici il grosso dei nostri
vocaboli.
Dal tempo delle declinazioni latine ad oggi la lingua si è evoluta sempre di più
fino a raggiungere un punto di massima che, inevitabilmente o forse volutamente,
ha portato a un crescente declino e involuzione del linguaggio parlato.
Nell’842 d.C. i nipoti di Carlo Magno, Ludovico il Germanico e Carlo il Calvo,
firmarono un patto di reciproca fedeltà a Strasburgo in una lingua ancora molto
simile al latino ma definita dagli studiosi già come primo esempio di lingua
volgare. Da quel giorno in avanti il parlato e lo scritto si sono semplificati
sempre di più e modificandosi, a seconda delle zone geografiche, sono andate
nascendo le lingue che conosciamo ora, le cosiddette lingue moderne.
Anche se il latino è alla base della lingua che parliamo tutti i giorni, o
almeno che proviamo a parlare, chi meglio chi peggio, si studia sempre di meno
nelle scuole. Un qualsiasi studente di liceo, sia del classico che di un
qualsiasi altro indirizzo, sosterrà che è difficile e ne farebbe volentieri a
meno.
Negli ultimi tempi, però, si discute sull’importanza del latino e
sull’importanza del suo studio visto e considerato anche l’imbarbarimento della
lingua parlata e, soprattutto, scritta. Qualcuno ha iniziato a proporre di
ripristinarne
l’insegnamento alle scuole medie come valido aiuto per apprendere meglio
vocaboli e grammatica italiana. Si potrebbe obiettare che basterebbe insegnare
correttamente l’italiano fin dalla scuola primaria, ma sicuramente conoscere
l’origine di una regola può sempre essere di aiuto e soprattutto contribuire al
bagaglio culturale che ognuno di noi dovrebbe avere. Se poi consideriamo che
alla scuola secondaria di primo grado, ovvero la scuola media, è obbligatorio
studiare due lingue straniere potremmo dire con ancora più certezza che
conoscere bene l’italiano e la sua origine è fondamentale. Come posso imparare
bene l’inglese quando non so cosa sia un verbo in italiano? Come posso studiare
il francese se non conosco la mia lingua madre, l’italiano, e la loro origine
comune, il latino? Conoscere l’origine
di una lingua permette di studiarla meglio. Studiare spagnolo o francese, ad
esempio, per un italiano è molto più semplice che imparare il tedesco data la
familiarità fra le lingue. Familiarità che arriva dall’origine comune: il
latino.
Imparare il latino fin dalle scuole medie è utile per acquisire un metodo di
apprendimento. Il latino è la lingua della logica e della semplicità. Quello che
in italiano diremmo con una quantità esagerata di parole, in latino si richiede
l’utilizzo solo di tre o quattro lemmi. Capire questo meccanismo aiuta nello
studio di qualsiasi cosa, dato che insegna a trovare nel testo gli aspetti
fondamentali da memorizzare e intorno ai quali far fiorire un intero discorso.
Viviamo in un’era in cui insegniamo ai ragazzi a studiare per schemi e mappe
concettuali che però non sono in grado di esporre con un discorso ben formulato
e poi non vogliamo insegnare la lingua dello schema per eccellenza.
Per non parlare, poi, dell’importanza delle fonti storiche scritte in latino,
sia più antico che tardo, che oltre a farci conoscere fatti, eventi e
quotidianeità dei nostri predecessori sono un ottimo coadiuvante per lo studio
in generale. Mi sono ritrovata, ad esempio, alcuni anni fa, durante la
preparazione di un esame di storia del diritto a poter saltare tranquillamente
una parte dedicata alla descrizione degli usi e costumi dei germani poiché già
appresa al liceo da una versione molto interessante di Tacito.
Un tempo il latino era studiato solo da chi aveva la fortuna di frequentare il
liceo, era il simbolo di un’élite culturale e
di
una separazione classista ed economica della società. Una separazione che è
stata, fortunatamente, abbattuta ma che, come spesso accade, ha portato
all’esasperazione il concetto di uguaglianza e invece di mirare, negli ultimi
anni, ad avere tutti un’istruzione di eccellenza per essere dei cittadini
migliori si è giunti all’idea che ignorante è bello, ignorante è migliore. E
quindi si diminuiscono le ore di studio del latino, la maggior parte dei licei
non ne prevede più l’insegnamento, lo studio di tutte quelle materie non
considerate pratiche viene considerato sempre di più come un peso inutile perché
si deve dare maggiore spazio alla creatività dello studente. Avremo generazioni
di creativi che, però, non sapranno come esprimere il loro estro non conoscendo
il linguaggio attraverso il quale comunicare.
Negli ultimi anni sono nate delle scuole, frequentate quasi esclusivamente da
adulti, che si propongono di insegnare le lingue classiche, latino e greco, non
come lingue morte ma come lingue vive. Imparare a parlare in latino come se
fosse inglese, avere delle conversazioni in latino esattamente come quando si
impara una lingua viva, ovvero in uso in un qualche paese del mondo.
I tempi cambiano, i metodi di insegnamento devono per forza evolversi con
l’evoluzione della società e alcuni aspetti della classica lezione scolastica si
possono e si devono rivedere. Questo, però, non vuol dire che è sempre un bene.