causati dall’inquinamento dell’aria
di Bartolomeo Buscema
Nell’arco dell’ultimo decennio, a più riprese, l’Agenzia Internazionale
dell’Energia (IEA) ha pubblicato
alcuni
rapporti
con dati allarmanti. Nel mondo, ogni anno, muoiono 6,5 milioni di individui a
causa
dell’inquinamento dell’aria. Più in dettaglio: tre milioni di morti premature
sono imputabili alla qualità dell’aria esterna; tre milioni e mezzo a quella
interna che in molte situazioni è più inquinata di quella esterna perché agli
inquinanti interni (formaldeide, ecc.) si aggiungono quelli esterni tra cui
l’anidride carbonica, l’anidride solforosa, gli ossidi di azoto che
inevitabilmente si infiltrano attraverso le finestre. Quello dell’inquinamento
dell’aria non è un problema da sottovalutare perché l’elevata concentrazione di
veleni presenti in questo miscuglio di gas che ci riempie i polmoni, si colloca
al quarto posto tra i fattori che minacciano la salute umana, dopo
l’ipertensione, la malnutrizione e il fumo di tabacco. Gli esperti dell’IEA
puntano il dito sui combustibili fossili (carbone, petrolio e gas naturale),
distinguendo tra due fattori sociologici: la povertà e l’urbanizzazione.
Corollario del primo fattore è l’uso non appropriato dei combustibili fossili:
in Asia e nell’Africa sub-sahariana, quasi 2,7 miliardi di persone utilizzano la
legna per cucinare e il cherosene illuminare la propria casa. Due combustibili,
si legge nel rapporto, che generano prodotti di combustione
responsabili di 3,5 milioni di morti
premature ogni anno. Il secondo fattore, che causa ogni anno circa tre milioni
di morti premature, è l’urbanizzazione che fa crescere esponenzialmente l’uso
intensivo di combustibili fossili utilizzati per la produzione di energia
elettrica, sia per l’illuminazione pubblica sia per l’illuminazione privata, per
la climatizzazione estiva e invernale degli edifici e per il trasporto
su strada.
Il principale accusato è il carbone, ritenuto responsabile del 60% delle
emissioni globali di anidride solforosa. Seguono la benzina e il gasolio che
insieme sono responsabili del 50% delle emissioni di ossidi di azoto che, oltre
alle piogge acide, favoriscono la formazione dell’ozono troposferico, cosi
deleterio per le nostre vie respiratorie. Ma il citato rapporto non si limita
all’analisi del presente, ma scandaglia anche scenari futuri cercando di dare un
quadro realistico di quello che accadrà nei prossimi venticinque anni. L’uso di
combustibili fossili, nonostante gli impegni del recenti summit di Parigi
e di Katowice sul clima
globale , continuerà ad aumentare nel prossimo quarto di secolo. Anche se la
promozione dell’efficienza energetica e l’espansione delle fonti rinnovabili
costituiranno un deciso fattore di riduzione delle emissioni
inquinanti. Più in dettaglio, nel rapporto si legge che ,globalmente,le
emissioni inquinanti diminuiranno del 40% in Cina, pur in presenza di una
crescita della domanda di energia, grazie al progressivo abbandono del carbone e
alla diffusione delle tecnologie pulite. In India la riduzione delle emissioni
sarà più contenuta, intorno al 10% rispetto ai livelli attuali.
Quanto
all’Africa sub-sahariana, purtroppo, l’effetto combinato tra la crescita del
reddito pro-capite e della popolazione determinerà un aumento dell’inquinamento
. Solo nei Paesi industrializzati le emissioni inquinanti tenderanno a scendere.
Purtroppo, il dato globale che ne trae l’Agenzia Internazionale per l’energia
parla di un aumento delle vittime
per inquinamento dell’aria che nel 2040 saranno 7,5 milioni (un milione in più
rispetto a oggi). Una previsione preoccupante ma evitabile a condizione che si
cambi modello di sviluppo e si cominci con vigore a spingere l’efficienza
energetica e le fonti energetiche rinnovabili.