Sulla scia di Voyager 1 e 2
oltre i confini del mondo
di Irene Prunai
“Et extra processit longe flammantia
moenia mundi.”
Da “Elogio di Epicuro”, libro I, vv 70-73, De rerum natura di Lucrezio.
“E avanzò lontano, al di là delle fiammeggianti mura del mondo”
Lucrezio, da appassionato discepolo, omaggia il suo maestro Epicuro come un uomo
che si oppone a un mondo chiuso, governato dalle tenebre dell’ignoranza e della
superstizione. Due atteggiamenti che attualmente stanno riprendendo a viva forza
il controllo. Chi per esempio è convinto che viviamo in un modello
bidimensionale, di terra piatta, assicura che vengano negate all’umanità tutte
le verità ottenute dall’esplorazione spaziale.
Non sappiamo di preciso quante persone siano realmente convinte che la Terra non
sia sferica, ma sappiamo che circa il 2% dei negazionisti proviene dagli Stati
Uniti, lo stesso paese che è andato sulla Luna. Lo stesso paese, neanche a farlo
a posta, che ha lanciato la sonda New Horizons, quella che ci ha fatto
festeggiare il nuovo anno con delle notizie incredibili!
Dopo quasi 14 anni di viaggio nello spazio più profondo la sonda New Horizons ha
raggiunto e sorvolato 2014MU, meglio noto come Ultima Thule, un asteroide nella
fascia di Kuiper, ai confini dell’universo. Un nome leggendario che ricorda
quello dell’isola mitica, una terra di fuoco e ghiaccio dove il sole non
tramonta mai.
Dopo l’esplorazione di Plutone, avvenuta con successo, la NASA porta a termine
l’osservazione del più distante corpo celeste mai osservato da una sonda. Nel
luglio del 2015 la sonda aveva sorvolato Plutone e il suo satellite Caronte, con
l’obiettivo primario di studiare la geologia e la morfologia dei due corpi
celesti. Gli obiettivi secondari
prevedevano lo studio dell’atmosfera di Plutone e dei suoi quattro satelliti
minori Stige, Notte, Cerbero e Idra.
A obiettivo raggiunto, date le ottime condizioni della strumentazione di bordo,
si decise di dare un nuovo scopo a New Horizons. Furono annunciati tre
potenziali oggetti verso i quali dirigere la sonda identificati temporaneamente
come PT1, PT2 e PT3 (dove PT indica Potential Target). Si trattava di oggetti
molto più piccoli di Plutone facilmente raggiungibili con poche manovre di
correzione della rotta. Fu così che la sonda venne indirizzata verso il primo
dei tre possibili obiettivi, quello che noi oggi chiamiamo UltimaThule.
Così il primo gennaio di quest’anno, alle ore 06:33 italiane, la Nasa festeggia
il nuovo anno con il sorvolo ravvicinato più lontano nella storia delle
esplorazioni spaziali. Ovviamente sono stati necessari un paio di giorni per
avere le prime immagini con una definizione apprezzabile. Dai dati inviati dalla
sonda è stata confermata l’ipotesi che l’oggetto faccia parte di una famiglia
molto ampia di corpi che vengono definiti come Contact Binaries, cioè oggetti
binari formatisi a causa dell’attrazione gravitazionale che ha portato le parti
in rotazione a congiungersi. In particolare adesso sappiamo che il corpo
osservato è formato da due lobi ora denominati come Ultima (maggiore) e Thule
(minore) che non presentano evidenti crateri da impatto e che si estendono per
circa 33km. Ruota con un periodo di 15 ore e la sua orbita ha scarse interazioni
con altri oggetti. È prevalentemente ghiacciato e il suo colore predominante è
il rosso. Ciò probabilmente è dovuto alla presenza di toline, ovvero dei
copolimeri formatisi a causa dell’irraggiamento della radiazione ultravioletta
solare di composti organici come metano o etano. La riflettività della sua
superficie va dal 6% al 13%, possiamo quindi dire che è un corpo piuttosto
scuro.
Ma questi sono solo le informazioni iniziali. È infatti cominciato un processo
di scaricamento dei dati raccolti da New Horizons che andrà avanti per quasi due
anni. Solo a quel punto gli scienziati potranno cominciare a trarre le
conclusioni di questo velocissimo passaggio. Nel frattempo New Horizons si
spingerà oltre, nel cuore della fascia di Kuiper, seguendo le sorti delle sonde
Voyager 1 e 2. Esplorerà l’eliosfera, l’elioguaina e l’eliopausa, raggiungendola
probabilmente verso il 2047. Raggiungerà la stessa distanza di Voyager 1 solo
tra diciannove anni. Fino ad allora
New Horizons continuerà a stupirci e a regalarci preziose informazioni
sull’universo. Un moderno Epicuro che forse ci permetterà di combattere
l’ignoranza oltre le fiammeggianti mura del mondo.
“