La recente attività del maggior vulcano europeo
fascino
e paura
L’imprevedibile Mungibeddu gitta – dice una canzone – focu e fiammi de tutti i
lati
di Bartolomeo Buscema
La vetta dell'Etna (La foto è dell'autore del testo)
Secondo cadenze temporali imprevedibili, u’Mungibeddu, la “montagna delle
montagne” (dal latino mons e dall’arabo ghebel), si sveglia alcune volte
lentamente, altre di soprassalto. Stiamo parlando dell’Etna, che proprio in
questi giorni sta facendo sentire la sua presenza. Chi vive nei paesi etnei ha
un rapporto di fascino e paura con il vulcano che è il più grande e più attivo
d’Europa, ma è anche il secondo più attivo del mondo, dopo il Kilauea (Hawai).
Fascino per i suoi paesaggi mozzafiato e le eruzioni ad alta quota che sono un
costante motivo di attrazione per i turisti. Paura perché quando la terra trema
si rischia la propria pelle, oltre a un senso diffuso d’impotenza verso l’enorme
energia che un terremoto di grado elevato può rilasciare. Come noto, l’Etna, da
millenni, erutta lava e scaglia alto nel cielo lapilli e colonne di fumo. Un
fenomeno spettacolare che ha
creato leggende e racconti mitologici
tramandataci da Omero,
Virgilio, Orazio, Ovidio e altri ancora. L’Etna è un vulcano “sui generis” che
ha quattro crateri sommitali e più di 300 piccoli crateri sui suoi fianchi
dovuti a numerose eruzioni avvenute durante la sua lunghissima storia.
Attualmente, il vulcano copre una
superficie di oltre 1250 chilometri quadrati
con un’altezza di circa 3340
metri. Da un punto di vista geodinamico l’Etna si localizza in corrispondenza
della zona di collisione continentale tra la placca Euro-Asiatica a Nord e
quella Africana a Sud. Negli ultimi anni la morfologia dell’area sommitale si è
molto modificata soprattutto per la formazione del nuovo cratere di Sud Est e le
colate laviche fuoriuscite da più bocche poste a varie altitudini. Ricordiamo
qui l’imponente colata lavica, verificatesi nel mese di novembre del 1928,
che distrusse, seppellendola, la cittadina di Mascali (Catania) e quella
del 1669 che arrivò fino a Catania. E tante altre colate che negli anni hanno
recato ingenti danni ai centri
abitati, anche se bisogna dire che molte colate laviche
del passato sono confluite nella valle del bove, una sorta di vasto
cratere posizionato più in basso dei crateri sommitali, scongiurando
così danni ancora maggiori. Ma c’è un altro aspetto
che caratterizza il vulcano ed è quello che riguarda lo scivolamento del
versante etneo verso il mare Ionio.
Con tecniche di misura satellitari si è potuto stabilire, a partire dagli anni
ottanta, che il fianco est del
vulcano sta
scivolando a una velocità media pari a 2-3 centimetri l'anno. Il moto
sembra innescato soprattutto dalla gravità (il peso dell'intero versante)
piuttosto che dalla spinta del magma in risalita. Come si può facilmente capire,
l’Etna è un vulcano dalla struttura
e fenomenologia complesse ed è
per questo che è il
più studiato e monitorato al mondo.
A fornirci una mole considerevole di
dati scientifici è l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV)
(Osservatorio Etneo- Sezione di Catania) che svolge molte attività che
spaziano da una
registrazione costante della sismicità del territorio
tramite sismografi , alla mappatura dei campi lavici in costante
mutazione, al rilevamento di
segnali infrasonici, legate alle onde prodotte dall’esplosione di gas
all’interno del vulcano; dati che
dopo una susseguente elaborazione possono dare con un
certo anticipo qualche
indicazione sull’attività futura a
breve termine del vulcano. Altri
dati provenienti dallo studio della
composizione chimica dei gas fumarolici, all’analisi dei gas craterici, fino
alla descrizione delle acque di falda (sia in area vulcanica sia in aree
geotermiche, geotermali e sismogenetiche) rappresentano importanti indizi sullo
stato di attività del gigante etneo. Un’altra attività non meno importante è lo
sviluppo di algoritmi di
modellistica computerizzata fondamentali per calcolare le mappe di rischio sulla
base delle quali la Protezione civile può
preparare gli interventi necessari in caso di terremoti o colate laviche.
Non solo: l’Istituto mette a disposizione “app” gratuite, da scaricare sul
proprio smartphone, in grado di
avere, in tempo reale, sia le immagini provenienti dalle webcam presenti nei
siti di monitoraggio posti sull’Etna sia la localizzazione dei terremoti, delle
relative intensità e di tanti altri dati utili. Ora, vogliamo puntare il dito
contro il fiorire di notizie false (le cosiddette “fake news” )
che leggiamo sul Web
e le
dichiarazioni occasionali di
certi pseudo-vulcanologi a cui la
comunicazione digitale, immediata, gratuita e incontrollata
ha dato, purtroppo, voce e spazio. Tutti fenomeni
che creano
spesso un clima di ansia generalizzata e immotivata. E proprio per porre
rimedio a tale fasulla
informazione che l’INGV è presente
anche sui cosiddetti
“social” (Instagram e Facebook) per
fornire un canale d’informazione
corretta e verificata. E’ un encomiabile servizio che suscita negli abitanti dei
paesi etnei un cauto ottimismo, grazie anche alla stretta collaborazione con tra
l’INGV e la Protezione Civile. Concludiamo, infine, ribadendo che la previsione
esatta dell’insorgenza di fenomeni simici non è purtroppo ancora possibile, ma è
doveroso evidenziare l’eccellente
attività scientifica dell’INGV che,
mentre scriviamo, ci permette di guardare con una certa serenità l’Etna innevata
sormontata da un bel pennacchio di
fumo che sale su uno sfondo di
cielo azzurrissimo.