Esperienze pastorali: guida al libro proibito di don Milani
Mario Lancisi: “Il libro proibito - Le “Esperienze Pastorali” di don Lorenzo
Milani (1958-2018)” Editore: Mauro Pagliai, 2018, Pagine: 96, Prezzo: 7 €
Il 25 marzo 1958 venne pubblicato “Esperienze pastorali”, il primo libro scritto
da don Lorenzo Milani e
l’unico
a portare la sua firma. Pochi mesi dopo l’opera venne ritirata dal commercio per
volere del Sant’Uffizio: soltanto in tempi recenti, con l’interessamento di papa
Francesco, è uscita dal cassetto dei testi proibiti. Mario Lancisi ci offre in
queste pagine un’acuta e approfondita guida alla lettura, dove i brani del testo
originale sono affiancati ad una trattazione che ripercorre i punti salienti
della vita e del pensiero di don Milani. Il periodo trascorso come parroco di
San Donato in Calenzano, che è al centro di Esperienze pastorali, ci avvicina
alla figura di un sacerdote che s’interroga sulla vita dei fedeli, sulla loro
condizione sociale e sul loro rapporto con la religione. Un pastore di anime
determinato, come si vedrà anche in seguito nella scuola di Barbiana, a sanare
tramite l’istruzione l’inferiorità culturale del popolo che lo circonda, perché
solo chi ha piena coscienza di sé e della realtà circostante potrà vivere la
fede cattolica nel pieno della sua sostanza, non come un obbligo dettato da
conformismi sociali
Di là dal Tevere, in Vaticano, Giovanni XXIII, da meno di due mesi eletto papa,
prende le misure per la sua ‘eresia’ ecclesiale mentre nelle stanze ovattate di
mistero e paura del Sant’Uffizio il cardinale Giuseppe Pizzardo appone la sua
firma alla lettera di condanna di un eretico della Chiesa pacelliana: don
Lorenzo Milani. La missiva indirizzata all’arcivescovo di Firenze Ermenegildo
Florit condanna infatti il libro Esperienze pastorali, appena uscito,
ritenendolo inopportuno e chiedendo il suo ritiro dal commercio. Cinquantasei
anni dopo un’altra lettera arriverà a Firenze dalla Santa Sede: informa che
quella condanna non è più valida. Papa Francesco ha riabilitato il libro
proibito e il suo autore”.
Questo l’incipit del nuovo saggio del giornalista Mario Lancisi, intitolato Il
libro proibito. Le “Esperienze Pastorali” di don Lorenzo Milani: 1958-2018
(Mauro Pagliai Editore, pp. 96, euro 7) . Il libro sarà presentato domani,
sabato 15 dicembre, alle 15.30 nei locali del caffè Plaz (via Pietrapiana
36/38r) nell’ambito della fiera “Libri e fiori in piazza dei Ciompi”.
A sessant’anni dal rogo vaticano del testo del cappellano di San Donato e a un
anno dalla morte di Michele Gesualdi – che a lungo si è battuto contro la
condanna del libro del suo “maestro-babbo” – il libro, in dieci passi rapidi,
racconta il nocciolo di Esperienze pastorali: la passione del giovane prete per
il Dio dei poveri e degli esclusi. Lancisi, già autore di testi dedicati a
figure come Gino Strada, Adriano Sofri e padre Alex Zanotelli, e del fortunato
saggio La scuola di Don Lorenzo Milani (1997, 2017), offre in queste pagine
un’acuta e approfondita guida alla lettura, dove i brani del testo originale
sono affiancati ad una trattazione che ripercorre i punti salienti della vita e
del pensiero di don Milani. Il periodo da lui trascorso come parroco di San
Donato in Calenzano ci avvicina alla figura di un sacerdote che s’interroga
sulla vita dei fedeli, sulla loro condizione sociale e sul loro rapporto con la
religione. Un pastore di anime determinato, come si vedrà anche in seguito nella
scuola di Barbiana, a sanare tramite l’istruzione l’inferiorità culturale del
popolo che lo circonda, perché solo chi ha piena coscienza di sé e della realtà
circostante potrà vivere la fede cattolica nel pieno della sua sostanza, non
come un obbligo dettato da conformismi sociali. “Il testo”, spiega Lancisi,
“propone piccoli assaggi del ‘libro proibito’: è quasi un preambolo, utile a chi
intenda prendere in mano le voluminose esperienze milaniane e su di esse decida
di calcare i passi della propria passione per l’uomo ferito”.
Elio Cadelo: “L’Oceano degli antichi – I viaggi dei romani in America”. Libreria
Editrice Goriziana, pp 482.
Per gli Antichi l'Oceano non era uno
spazio sconosciuto ed invalicabile, ma un mare noto e navigato in ogni sua
direzione. Le prove sono contenute nell'ultimo saggio di Elio Cadelo “L'Oceano
degli Antichi - I viaggi dei Romani in America" appena uscito in libreria per
l'editrice goriziana LEG (p. 480, euro 28).
La gran quantità di
testimonianze archeologiche e letterarie prodotte da Elio Cadelo, studioso e
divulgatore scientifico, confermano la presenza in America dei Romani. Infatti,
frutti come l'ananas o piante come il mais o fiori come il girasole, tutte di
origine americana non sono giunte in Europa dopo il 1492, l’anno cui
tradizionalmente si attribuisce la scoperta dell'America, ma erano già note al
tempo di Roma tanto da essere raffigurate in affreschi, mosaici e sculture. E
non solo piante: i Romani importarono dall'America anche animali tra i quali
pappagalli, in particolare il pappagallo Ara, noto per i suoi colori, la sua
grandezza e per la grande simpatia, anche questo raffigurato in affreschi di
ville romane.
In questo volume vengono
presentate numerose prove di scambi tra il Vecchio ed il Nuovo continente in
epoca romana, tra le quali vi sono le analisi del Dna compiute sui farmaci
fitoterapici rinvenuti in un relitto romano del primo secolo d.C. davanti alle
coste toscane. “Su quella nave viaggiava anche un medico e questo gli archeologi
lo deducono dal fatto che sono state ritrovate fiale, bende, ferri chirurgici e
scatolette sigillate contenenti pastiglie composte da numerosi vegetali,
preziosissime per la conoscenza della farmacopea nell'antichità classica" dice
Cadelo. Le analisi del DNA dei
vegetali contenuti in quelle pastiglie ''hanno confermato l'uso, già noto, di
molte piante officinali, tranne due che hanno destato forte perplessità:
l'ibisco, che poteva provenire solo da India o Etiopia e, soprattutto, i semi
girasole'' che, secondo le cognizioni fino ad ora accettate, “'arrivò” in Europa
solo dopo la conquista spagnola delle americhe''.
Ma tracce della
presenza di Roma in America sono state rinvenute in una tomba azteca: una testa
marmorea con acconciatura romana di età imperiale nota come "la testina di
Toluca", oltre ai numerosi reperti esposti nel museo di Comalcalco, città maya
sulla costa sud-occidentale del Messico, dove si possono ammirare tra i
bassorilievi di stile ellenistico perfino la scultura di una testa di cavallo
bardato, muri realizzati con mattoni cotti (tecnica sicuramente non americana)
ed una zona sepolcrale con tombe chiaramente di tipo italico.
Ormai
anche il mondo accademico, prima scettico, comincia ad accettare la tesi di
antiche navigazioni trans-atlantiche. E tra le diverse prove nel saggio
"L'Oceano degli Antichi" di Elio Cadelo viene pubblicata per la prima volta una
lettera di Cristoforo Colombo indirizzata ai re di Spagna nella quale
l'ammiraglio spiega che per giungere alle Indie da occidente avrebbe seguito la
stessa rotta già percorsa dal Romani.
Ma quella dei
Romani non fu una vera "scoperta" dell'America: i Romani - spiega Cadelo - non
esploravano per conoscere, ma andavano in terre lontane principalmente per
commerciare. Anche se Plinio, Virgilio, Plutarco, Diodoro Siculo ed altri
accennano a terre aldilà dell'oceano, non ci sono testi romani che parlano
specificamente di questi viaggi perché i mercanti erano gelosi delle loro rotte
commerciali e le tenevano segrete per escluderne i potenziali concorrenti.
D'altro canto, le prove, emerse negli ultimi anni, di insediamenti
stanziali romani e fenici sulle isole Canarie, in mezzo all'oceano, dimostrano
che le rotte atlantiche erano frequentate dalle marinerie antiche. L'arcipelago,
infatti, si trova proprio sulla rotta del viaggio di andata verso l'America,
grazie ai venti Alisei a favore. E poi, come scrive nella prefazione del saggio
l'astrofisico Giovanni F. Bignami, recentemente scomparso, "L'importante per
avere il merito di una grande scoperta è essere l'ultimo a farla, non il primo".