(Intergovernmental Panel on Climate Change)
per la stabilità del clima globale
di Bartolomeo Buscema
Limitare l’aumento medio globale della temperatura a 1,5°C è lo sforzo che la
comunità mondiale dovrà sostenere per il raggiungimento di una società più
sostenibile ed equa. E’ in sintesi quanto si legge nel Rapporto Speciale sul
“Riscaldamento Globale di 1,5°C”, approvato dall'IPCC lo
scorso 6 ottobre a Incheon,
in Corea del Sud. Ricordiamo che l'IPCC è l’ organismo planetario
che studia i cambiamenti
climatici su larga scala e i
relativi impatti sull’ecosistema
e che fornisce possibili
soluzioni sia tecniche sia economiche. Un documento cardine, che raccoglie circa
6.000 pubblicazioni
scientifici redatte da
migliaia di esperti, e che
sarà la base delle negoziazioni
della Conferenza sui
Cambiamenti Climatici COP 24 che si terrà a Katowice
(Polonia) il prossimo dicembre. Un appuntamento che prevede anche un
riesame del Trattato di Parigi del 2015. Rammentiamo che l’accordo di Parigi,
sottoscritto da 195 nazioni alla ventunesima Conferenza delle Parti dell'UNFCCC
nel dicembre 2015, si prefiggeva di mantenere l'aumento della temperatura media
globale ben al di sotto di due gradi ,non chiarendo cosa si intendesse con tale
espressione in termini numerici. Una precisazione evidentemente necessaria agli
scienziati del clima per mettere a punto modelli previsionali quantitativi
affidabili. Si tratta di un documento dell'IPCC che analizza gli impatti del
riscaldamento globale se si contenesse l’aumento di temperatura a 1,5°C rispetto
ai livelli del periodo pre-industriale, fornendo indicazioni per una più
efficace risposta alla minaccia dei cambiamenti climatici. Il rapporto, che
consta di 550 pagine corredate da molti dati numerici, grafici e tabelle, tra le
tante informazioni ci dice che se si limitasse l’incremento medio globale della
temperatura a 1,5°C, nel 2100 l'innalzamento del livello del mare su scala
globale sarebbe più basso di 10 centimetri con effetti economici positivi per
chi vive nelle arre costiere. Inoltre, le barriere coralline diminuirebbero
mediamente dell’80% con un riscaldamento globale di 1,5°C (fatto di per se
negativo), mentre con un aumento di 2°C se ne perderebbe praticamente la
totalità con un danno incalcolabile per la biodiversità del nostro pianeta. Tale
soglia limitante di 1,5 gradi centigradi implica che le emissioni di anidride
carbonica nette globali prodotte dall'attività umana dovrebbero, entro il 2030,
diminuire di circa il 45% rispetto ai livelli del 2010 per raggiungere poi lo
zero intorno al 2050. Il raggiungimento di quest’ultimo obiettivo è legato a un
bilancio pari a zero tra le emissioni antropiche di anidride carbonica e la
capacità della Terra di assorbirle principalmente attraverso le foreste e gli
oceani. Eventuali emissioni aggiuntive richiederebbero la diretta rimozione di
CO2 dall’aria. Ma c’è un altro aspetto importante che emerge dal citato
rapporto: gli scienziati avvertono che necessitano cambiamenti rapidi, di vasta
portata e senza precedenti e che di fatto già ora in alcune arre del globo si
stanno sperimentando gli effetti nefasti dell’aumento globale della temperatura
di 1°C .Inoltre, gli scienziati precisano che la limitazione dell’aumento medio
globale della temperatura a 1,5°C richiede che il fabbisogno mondiale di
elettricità sia coperto con un mix produttivo completamente diverso: dal 70
all’85 per cento con energia rinnovabile, l’8 per cento con il gas e una quota
del 2 per cento con il carbone. Gli scienziati si sono espressi. Ora tocca ai
decisori politici far proprie tali indicazioni adattandole ai diversi contesti
locali alcuni dei quali stanno già sperimentando gli effetti nefasti della
siccità e delle conseguenti crisi alimentari, della maggiore virulenza di
uragani e tifoni.