Effetti del
cambiamento climatico:
difficile il decollo degli aerei
e la navigazione aerea
di Bartolomeo Buscema
Si sa che il decollo di un aereo è legato alla lunghezza della pista e alla
portanza delle ali la quale
diminuisce con la densità dell’aria che a sua volta decresce con l’aumentare
della temperatura. Ed è proprio questa legge della termo-fluidodinamica che
all’inizio di questa estate, quando un’onda di calore -con 49 °C all’ombra- si è
verificata nel Sud-Est degli Stati Uniti, ha costretto l’American Airlines a
cancellare oltre 40 voli regionali.Ciò per due ragioni principali. La prima,di
natura economica, è legata al fatto che ,a parità di spinta dei motori e fissata
la superficie alare, quando aumenta la temperatura, la portanza delle ali
decresce e quindi è necessario diminuire il peso totale dell’aereo che ,in
ultima analisi si fa riducendo il numero dei passeggeri e i relativi bagagli. Si
tratta ,mediamente, di una diminuzione di una dozzina di passeggeri in un aereo
a 160 posti. Un minor ricavo economico non trascurabile se si pensa alla
spietata concorrenza tra le varie compagnie aeree. La seconda ragione è,invece,
legata alla lunghezza delle piste degli aeroporti. Ad esempio , un Boeing
737-809 che decolla dall’aeroporto La Guardia di New York, che ha piste più
corte, dovrebbe ridurre sensibilmente il carico durante i giorni più caldi. E’
chiaro che per contrastare tali effetti negativi bisogna da un lato allungare le
piste aeroportuali(misure non sempre possibili), dall’altro modificare le
caratteristiche geometriche e fluidodinamiche delle ali per aumentare la
portanza.
Ma l’aumento della temperatura media globale non solo rende più difficile il
decollo, ma può , a causa di un aumento generalizzato della velocità delle
correnti in quota ,allungare i tempi di percorrenza degli aerei. Secondo una
recente analisi di alcuni ricercatori britannici ,l’aumento della temperatura
atmosferica che si sta verificando nella regione artica potrebbe intensificare
la corrente aerea che soffia sopra l’oceano Atlantico, da ovest verso est,con un
effetto risultante negativo: il tempo guadagnato sulla strada del ritorno
(ovvero verso l’Europa) sarà minore del ritardo accumulato all’andata.
E chiaro che il problema andrebbe affrontato all’origine attraverso la riduzione
dei gas climalteranti , prima fra tutti l’anidride carbonica. Purtroppo ,oggi,
l’industria aeronautica mondiale è responsabile del 2% delle emissioni di gas
serra. Un dato che certamente aumenterà , come indica la notevole espansione
delle infrastrutture dei voli commerciali.
In uno scenario mondiale in cui gli sforzi per frenare la produzione di gas
serra sono lenti e spesso inefficaci,l’industria aeronautica ,in
collaborazione con l’International Civil Aviation Organization delle
Nazioni Unite, sta cercando di aumentare l’efficienza dei motori a reazione
riducendo così i consumi e di conseguenza le emissioni inquinanti che dal 2028
avranno limiti decisamente restrittivi. Un buon segnale che colma un deficit
dell’accordo di Parigi sul clima globale (COP21) nel quale, stranamente ,
non si fa menzione dell’impatto climatico legato all’emissione dei gas serra
degli aeromobili.