Dalla battaglia di Legnano a quella di Curtatone e Montanara
29 maggio 1176 - 29 maggio 1848
due date simboliche nel cammino dell’Italia
Un collegamento ideale fra i due avvenimenti
nel segno dell’indipendenza
di Giuseppe Prunai
Due importanti anniversari il 29 maggio scorso: quello della battaglia di
Legnano (1176) e quello della battaglia di Curtatone e Montanara (1848, 170 anni
fa). Nei pressi di Legnano, ci fu un cruento scontro tra le milizie dei comuni
lombardi (Milano, Lodi, Ferrara, Piacenza e Parma), riuniti nella
Lega lombarda, vincolati dal
giuramento di Pontida, e le truppe imperiali di Federico Barbarossa.
La battaglia di Legnano in un celebre dipinto di Amos Cassoli
Quando salì al trono, nel 1152, il
duca di Svevia, Federico Hohenstaufen, detto il Barbarossa, abolì qualsiasi tipo
di libertà conquistata dai comuni ed impose loro delle tasse abbastanza elevate.
Inevitabile fu lo scontro tra i comuni, idealmente guidati da papa Alessandro
III, e l’esercito imperiale che si concluse con la sconfitta di quest’ultimo.
Secondo una tradizione consolidata, alla testa delle truppe della Lega ci
sarebbe stato Alberto da Giussano
con la sua compagnia della morte, mentre il grosso delle truppe comunali era
raggruppato attorno al Carroccio, un carro trainato dai buoi, sul quale erano
issati gli stendardi della lega ed una campana, la Martinella, con la quale si
incitavano i militi alla battaglia, mentre su un improvvisato altare un
sacerdote pregava Dio perché intercedesse a favore della Lega.
A Curtatone e Montanara, due località della provincia di Mantova, durante la
prima guerra d’indipendenza, i volontari toscani, in prevalenza studenti delle
università di Siena e Pisa appoggiati da altri volontari romani e napoletani,
tennero testa alle forze austriache del maresciallo Radetzky. Dopo due giorni di
accanita resistenza, i volontari furono sconfitti ma dettero modo a Carlo
Alberto di riorganizzare le proprie forze e battere gli austriaci nella
successiva battaglia di Goito.
Pesante il tributo pagato dai volontari: su 5.400 uomini si ebbero 166 morti e
518 feriti. I prigionieri furono 1.178 mentre gli austriaci ebbero 95 morti, 516
feriti e 178 dispersi. Un fatto importante che portò alla sconfitta dei
volontari toscani fu certamente l’armamento. Mentre gli austriaci disponevano di
quanto meglio offrisse la tecnologia militare del tempo, i volontari erano
equipaggiati in modo eterogeneo con fucili che risalivano alla campagna
napoleonica in Italia o alle Guardie Civiche, quei fucili che qualche anno dopo
Garibaldi avrebbe bollato come “manici per baionette” ma che ebbero lunga vita e
furono impiegati anche nella terza guerra d’indipendenza.
Enorme l’impressione delle notizie sullo scontro e sulle inevitabili perdite che arrivavano col contagocce nelle città toscane dove, in quei giorni regnava una lugubre atmosfera di lutto e di incertezza.
(Nell'immagine a sinstra, la divisa dei volontari toscani, conservata all'Università di Pisa)
Le telecomunicazioni di allora non erano così celeri come quelle di adesso e
l’arrivo delle notizie era per lo più affidata ai corrieri a cavallo. I giornali
locali, come la “Gazzetta di Firenze” e “La Vedetta Senese”, cominciarono a
pubblicare, nei loro supplementi, i
nomi dei volontari, prigionieri e feriti, che avevano scritto alle famiglie.
Nessuna notizia sui morti.
Potete immaginare l’angoscia delle famiglie e la partecipazione di intere città,
soprattutto di quelle più piccole, dove tutti si conoscono, dove le parentele
sono molto estese. E questo spiega, in parte, perché il ricordo di un fatto
d’armi e di una tragedia umana di 170 anni fa sia ancora vivo nelle città,
soprattutto a Siena e a Pisa, dove ogni anno si svolgono delle pur breve
cerimonie commemorative con la deposizione di corone d’alloro al monumento ai
caduti. Quest’anno, ovviamente, le cerimonie sono state più solenni.
Forse la numerologia, cioè lo studio della possibile relazione mistica o
esoterica tra i numeri e le azioni di oggetti fisici ed esseri viventi, potrebbe
illuminarci sul nesso fra le due date: il 29 maggio 1176 e il 29 maggio 1848. Il
primo collegamento fra i due eventi lo stabilì Goffredo Mameli nel suo “Canto
degli italiani”, divenuto poi il nostro inno nazionale, là dove dice: “Dall’Alpi
a Sicilia ovunque è Legnano”. Secondo alcuni storici, a Legnano, 842 anni fa, si
sarebbe registrato un primo fermento, un primo guizzo di orgoglio nazionale, di
quel sentimento che Federico Chabod chiama l’idea di nazione. Forse è una
forzatura parlare di italianità, ma si può classificare l’episodio della
battaglia e tutto ciò che vi fu a monte, come un indomito spirito di
indipendenza.
I supplementi dei giornali con l'elenco dei prigionieri e dei feriti che avevno dato loro notizie ai familiari (proprietà dell'autore)
Per i volontari toscani, scesi in campo ben 672 anni dopo Legnano, si può invece
ben parlare di identità nazionale, di italianità.
La battaglia di Curtatone e Montanara è stata più volte paragonata alla
battaglia di Maratona (490 a.C.) quando, durante la prima guerra persiana, le
truppe di Atene e Platea, scese in campo contro quelle di Dario, costrinsero
queste ultime ad una disordinata fuga via mare. Più spesso si è parlato di
Termopili toscane. Al passo delle Termopili, com’è noto, nel 480 a.C. una
piccola forza greca, comandata dal re di Sparta, Leonida, rallentò l’avanzata
dell’esercito persiano comandato da Serse I, ma la forza di Leonida fu quasi
completamente distrutta da Serse anche per il tradimento di un greco.
Scrisse un mezzo secolo più tardi, un mio illustre antenato, Gian Battista Prunai
(Il nuovo giornale, 1909):
“Che
importa se i 35.000 austriaci, bene armati e bene equipaggiati, sotto il comando
del generale Benedek, respinsero, distrussero, sgominarono la piccola falange
dei nostri, la piccola falange dei toscani e di napoletani, per la più parte
volontari, che un toscano, il Generale De Laugier (foto a sinistra) guidò
nella resistenza dagli stessi nemici, ammirata, nel fervido gesto, degno
d’epopea, e significante l’augural bellezza della nuova Primavera Italica,
soffusa di porpora – che è il color
del sangue – ma che è insieme il colore del trionfo?”
Oltre al generale De Laugier fu
aggregato ai volontari anche il senese Carlo Corradino
Chigi di Camollia (foto a destra) che ebbe presso il quartier generale delle
truppe toscane il compito di tenere i contatti sul piano politico-diplomatico
più che su quello militare con l'esercito sardo e probabilmente anche quello di
ragguagliare il proprio governo sugli orientamenti di Carlo Alberto. Si distinse
a Curtatone, dove ebbe la mano sinistra troncata dalla mitraglia.
Gian Battista Prunai, medico e umanista, romanziere e appassionato di storia
patria, in questo articolo del 1909, introduce un nuovo concetto e assegna un
nuovo significato al movimento studentesco che portò a formare il battaglione
universitario: la nascita della Toscanità, quel sentimento di appartenenza ad
una comune zona geografica che travalica il campanilismo comunale e lo riduce a
folclore. Forse un tentativo spontaneo e inconscio di superamento del comune
inteso come patria. E ci sembra sia la prima volta che in Italia si sia
verificato un simile fenomeno sfociato poi nell’italianità.
Così prosegue il suo scritto:
“Non v’è nella serie delle battaglie
combattute per l’indipendenza della cara patria nostra niuno scontro, niuna
campagna niuna giornata, che sia così intimamente e profondamente toscana, come
la giornata di Curtatone e Montanara, come quell’estroso ed eroico 29 maggio
1848, inghirlandato dalle rose vermiglie di tanto e si gentil sangue speso, con
lieto animo, per il fascino di un’idea. Alle quali vermiglie rose, sacre ai non
manchevoli auspici dei destini ben deve rispondere nel rito odierno della
riconoscenza e della celebrazione il Rosso Giglio, onde Firenze nostra
fiorisce”.
Non c’è da stupirsi se, l’epopea di Curtatone e Montanara abbia avuto vasta eco
non solo nella poesia popolare e popolareggiante ma anche in quella letteraria.
Ma questo è un tema per un’altra riflessione. Qui mi limito a ricordare una
commedia musicale, “Il gatto in cantina” su testo del giornalista e scrittore
Nando Vitali, musica di Salvatore
Allegra, che descrive il ritorno a Firenze di un volontario e delle sue
macchinazioni per scoprire se la fidanzata gli sia stata fedele. Dalla commedia
musicale venne tratto, nel 1936, un
film, “Amo te sola”, regia di Mario Mattòli, con la partecipazione di una
nutrita schiera di attori fra i quali citiamo Vittorio De Sica, Milly, Enrico
Viarisio, Giuditta Rissone e Carlo Ninchi.
Non resta che ricordare che la cantata finale del “Gatto in Cantina”, “Il canto
dei volontari” divenne, nel 1935, l’inno della Divisione Gavinana, un gruppo di
volontari fascisti che partì per l’Africa Orientale per fondare quell’impero da
operetta cui teneva più di ogni altra cosa il duce. Ma questa è un’altra storia.