Corsi e ricorsi della storia

Le discriminazioni

 nella Germania di Hitler

e l’odio istituzionalizzato

 

 

di Magali Prunai

 

Lepre, cacciatore, campo. Provate a formare una frase con queste tre parole. Una lepre corre in un campo inseguita da un cacciatore. Un cacciatore segue una lepre in un campo. E così via. Tre semplicissime parole e innumerevoli possibilità di combinazioni. Niente di più facile. Immaginate ora di ricevere un giorno una lettera del tribunale della vostra città che vi convoca per dimostrare la vostra integrità psichica, immaginate di essere spaventati, andate in tribunale e vi viene chiesto di formare una frase di senso compiuto con queste tre parole: lepre, cacciatore, campo. Siete spaventati, il giudice vi guarda male, la gente che assiste ride ogni volta che provate ad aprire bocca, l’accusa continua ad incalzarvi senza darvi il tempo di rispondere, andate completamente nel pallone. Lepre, cacciatore, campo. Tre parole semplicissime che potevano decretare l’intelligenza o meno di una persona. Se si sapeva formare una frase con tre elementi banali allora si poteva tornare a casa con tante scuse, altrimenti si veniva portati immediatamente in ospedale, ricoverati e forzati ad essere sterilizzati: i matti, gli scemi non dovevano riprodursi per salvaguardare la purezza della razza.

I matti mettevano a rischio la razza, gli ebrei mettevano a rischio la razza, gli zingari mettevano a rischio la razza. Un disturbo mentale, una religione, un’etnia particolare potevano compromettere generazioni di futuri ariani che non sarebbero stati tutti perfetti, biondi e con gli occhi azzurri. Un bambino con la pelle scura, un bambino di religione diversa era un pericolo per lo Stato. Un bambino, un semplice, piccolo essere indifeso che con la sua sola esistenza comprometteva un’intera nazione, la sua storia, la sua cultura, la sua integrità.

Si andava a cercarli strada per strada, casa per casa. Venivano censiti in base alla loro etnia e alla loro religione e non in base alla loro condizione di cittadino. Portavano un segno di riconoscimento sui vestiti per mostrare a tutti la “vergogna” di essere diversi. Una stella gialla se ebrei, un triangolo di colore diverso a seconda se omosessuali, rom, sinti, testimoni di Geova, asociali, oppositori politici e così via. Tutti erano presenti su un elenco, tutti censiti secondo la loro vergogna. Erano messi alla pari di assassini o pericolosi criminali. Chiunque si sentiva in diritto di maltrattarli, insultarli, sbeffeggiarli in mezzo alla strada. Lo faceva il governo, non poteva farlo la gente comune? Non erano cittadini, non erano considerati neanche più persone ma cose. Pacchi ingombranti che occupavano spazio e respiravano aria illegittimamente. Parassiti della società che lavoravano per rubare impieghi e salari a tutti gli altri. Loro era la colpa di qualsivoglia problema dello Stato e del singolo cittadino. Lo zingaro per definizione rubava, andava reso innocuo. L’ebreo per definizione prestava soldi chiedendo forti interessi, andava reso innocuo. L’oppositore politico denigrava lo Stato, la sua politica e l’operato del suo governo, andava reso innocuo.

E il mondo è stato zitto, in silenzio, a guardare muto, a girarsi dall’altra parte per anni. Tutti sapevano, ma nessuno veramente aveva l’interesse a intervenire. Poi arrivò la guerra, poi gli orrori della guerra, poi la liberazione dagli orrori della guerra e le inevitabili condanne.

 

Il Galileo