Un seminario sull’assistenza sanitaria
a detenuti, tossicodipendenti e migranti
La
"Loggia" simbolo del comune di Brescia ritratta in un'antica stampa
Detenuti, Tossicodipendenti, Migranti: queste le popolazioni più svantaggiate
nell’ accesso all’assistenza sanitaria e, tra loro, soprattutto i detenuti,
prigionieri in carceri che, con un tasso di sovraffollamento del 115%,
rappresentano uno dei più gravi problemi di sanità pubblica. Secondo gli ultimi
dati dell’Associazione Antigone, gli Istituti di pena italiani ospitano quasi
57.000 detenuti a fronte di una capienza per 50.241 persone e, con un tasso di
crescita di 3.000 persone l'anno, alla fine del 2020 ne ospiteranno oltre
65.000. L’Italia, come nel 2013, rischierà così di essere condannata dalla Corte
europea dei diritti umani per il trattamento inumano e degradante nelle carceri.
Bisogna fare di più, a cominciare dalla tutela della salute dei detenuti che,
senza le dovute cure, possono rappresentare, una volta in libertà, un pericolo
per loro stessi (mancata aderenza alle terapie) e per la comunità, soprattutto
se affetti da malattie infettive quali le Epatiti e l’AIDS. Per garantire ai
tossicodipendenti una migliore assistenza sanitaria occorrono servizi dedicati e
uniformi a livello nazionale in modo che siano garantite le cure per
le infezioni correlate e le interazioni farmacologiche degli
antiretrovirali con la terapia sostitutiva e/o con i farmaci spesso in uso per
le comorbidità psichiatriche presenti. E’ dunque necessaria una fattiva
collaborazione tra psichiatri e infettivologi, assistenti sociali e psicologi
per stabilire percorsi di cura personalizzati. Infine, per quanto riguarda
l’assistenza sanitaria ai migranti, val la pena ricordare che l’Italia è stata
la prima Nazione al mondo, nel 1998, ad affermare il diritto alla salute per
tutti. Concetto questo ribadito ed ampliato nel 2009 dalla Carta sul Diritto
alla Salute dei Migranti stilata a Verona in occasione del VI Congresso della
FESTMIH (Federazione delle Società Europee di Medicina Tropicale e Salute
Internazionale) e sottoscritta da delegati di oltre 45 Paesi. Nella
Dichiarazione gli studiosi hanno espresso profonda preoccupazione riguardo alle
leggi e alle politiche sull’ immigrazione adottate dai Paesi europei,
sottolineando che tutte le politiche e i regolamenti che mettono in pericolo,
direttamente e indirettamente, la vita delle persone e ne ostacolano l’accesso
alla salute rappresentano non solo una palese violazione delle convenzioni
internazionali sui diritti umani e di quasi tutte le costituzioni nazionali ma
anche una minaccia alla salute pubblica. Il diritto alla salute viene
riconosciuto come "Diritto umano fondamentale per tutte le persone,
indipendentemente dalla loro origine, appartenenza etnica e stato legale”. È ora
che i Paesi dell'U.E. sviluppino politiche congiunte sulla migrazione,
assicurandosi che non violino i diritti umani fondamentali e, in particolare, il
diritto alla Salute.
Questi i temi trattati in un
seminario, svoltosi a Brescia, a Palazzo della Loggia, il 16 aprile scorso,
organizzato d’intesa con l’Ordine dei giornalisti della Lombardia nell’ambito
del ciclo di incontri “Salute in Comune”, con la colaborazione del Comune di
Brescia, della Fondazione Brunelli
Onlus, Università degli studi di Brescia, Fondazione della Comunità Bresciana
Onlus, Ordine dei Medici e Odontoiatri della Provincia di Brescia,
Ordine dei Farmacisti della Provincia di Brescia, Brescia Mobilità.
Scopo del seminario quello di stimolare il confronto tra relatori e giornalisti
su tematiche di grande attualità e rilevanza socio-sanitaria, giuridica,
culturale ed economica.
Gli atti del seminario si trovano nel sito
http://www.fast.mi.it/atticonvegni/ugis16aprile2018/16aprile2018