Il Presidente che ama la Resistenza
Nei suoi interventi in occasione del 25 aprile ha ricordato gli IMI, i militari
italiani catturati dai tedeschi che rifiutarono di aderire alla repubblichina di
Mussolini, e la Brigata Majella, primo nucleo di Resistenza nata in Abruzzo
di Giuseppe Prunai
Alcuni anni fa, a Milano scompariva
un personaggio dello spettacolo - attore, autore, scenografo, pittore – che
amava definirsi giullare e che per questa sua attività fu addirittura insignito
del Premio Nobel. Quando le celebrazioni e le commemorazioni furono al culmine,
qualcuno osservò che il sullodato signore non solo aveva aderito alla repubblica
sociale italiana ma si era addirittura arruolato nella X Mas, la formazione più
spietata nella repressione della Resistenza.
E’ vero, osservò il figlio, ma lo fece perché ebbe paura.
Poer nano, esclamarono i milanesi
doc, povero piccino, ebbe paura. Nello stesso periodo storico, 650mila militari
italiani (ma secondo una stima sarebbero stati circa centomila in più),
catturati dai tedeschi dopo l’8 settembre, non ebbero paura nel
rifiutare qualsiasi tipo di collaborazione con la repubblichina di
Mussolini e con la Germania nazista e nell’affrontare un periodo di stenti, di
freddo, di fame, di denutrizione, di malattie e, in alcuni casi, affrontare la
morte. Questi militari furono declassati da prigionieri di guerra a internati
militari (IMI: internati militari italiani)
perché cittadini di uno stato, il Regno d’Italia di Vittorio Emanuele
III, fuggito a Brindisi, non riconosciuto dalla Germania di Hitler. A loro fu
anche negata l’assistenza della Croce rossa internazionale.
Fra questi IMI c’era mio padre, che alcuni mesi fa ricevuto una medaglia alla
memoria. Non me la sento di raccontare il suo calvario mi limito a ricordare che
il giorno della liberazione pesava poco più di 30 chili.
Bene ha fatto il Presidente della Repubblica Mattarella a ricordare gli IMI
ricevendo alla vigilia del 25 aprile le associazioni degli ex combattenti, dei
reduci e dei partigiani.
Mattarella ha ricordato le stragi fatte dai nazifascisti, le vittime civili, i
militari e i partigiani trucidati. Ha aggiunto il Capo dello Stato:
“Alle vittime di queste tragedie si aggiunsero i martiri della divisione Acqui
nelle isole Ionie. Gli internati militari: 600.000 soldati deportati nei campi
di concentramento perché si rifiutarono di combattere nelle file nazifasciste,
trattati così duramente che ben 50.000 non fecero più ritorno. I militari del
primo raggruppamento motorizzato caduti nella battaglia di Montelungo e quanti,
nelle fila dell'esercito del sud, presero parte alla guerra di liberazione.
A tutti
loro è rivolto il nostro pensiero e l'abbraccio del ricordo della Repubblica.
La
Resistenza fa parte della nostra storia. Nata spontaneamente nelle città, nelle
periferie, nelle campagne e sulle montagne, coglieva il bisogno di pace, di
giustizia e di libertà. Ha ridato dignità alla Nazione.
Le Forze
Armate vi hanno dato, con il Corpo italiano di liberazione, il loro prezioso
contributo”.
La tragedia degli IMI, il loro sacrificio che privò l’esercito repubblichino e
le SS di un cospicuo numero di effettivi, era rimasta sotto traccia. Non esiste
neppure un loro censimento preciso, ma solo stime sul loro numero. Si ritiene
che siano stati 650mila, (ma secondo la stima di uno storico tedesco sarebbero
centomila in più) e che di questi solo 50mila avrebbero aderito alla RSI o alle
SS.
Fu il presidente Pertini, che fu a capo del CLN Alta Italia, il primo a
riconoscere il loro ruolo concedendo a tutti il diploma di “Combattente per la
Libertà”. Dopo di lui, il presidente Ciampi ricordò i caduti di Cefalonia sui
quali stava cadendo l’oblio.
Il Presidente Mattarella è praticamente il primo a sposare in toto i valori
della Resistenza. Ha inaugurato il “settennato” con il rituale omaggio
all’Altare della Patria, ma subito dopo si è recato al mausoleo delle Fosse
Ardeatine a rendere omaggio ai martiri di una bestiale rappresaglia nazista. Ha
voluto trascorrere il suo primo 25 aprile da Presidente della Repubblica
recandosi a Casoli, in Abruzzo, per ricordare la Brigata Majella, il primo
nucleo di resistenza ai tedeschi. Ma la resistenza non fu solo quella armata, ma
anche quella delle popolazioni civili che, in barba ai bandi tedeschi,
nascondevano e sfamavano soldati alleati fuggiti dai campi di concentramento,
aiutavano i partigiani. Terribile la repressione tedesca che non risparmiò
neppure donne e bambini.
Scrive Alba de Cespedes, intellettuale e partigiana che Mattarella ha citato,
rivolgendosi agli abruzzesi:
«Entravamo nelle vostre case timidamente: un fuggiasco, un partigiano, è un
oggetto ingombrante, un carico di rischi e di compromissioni. Ma voi neppure
accennavate a timore o prudenza: subito le vostre donne asciugavano i nostri
panni al fuoco, ci avvolgevano nelle loro coperte, rammendavano le nostre calze
logore, gettavano un'altra manata di polenta nel paiolo. [...] Non c'era bisogno
di passaporto per entrare in casa vostra. C'erano inglesi, romeni, sloveni,
polacchi, voi non intendevate il loro linguaggio ma ciò non era necessario; che
avessero bisogno di aiuto lo capivate lo stesso. Che cosa non vi dobbiamo, cara
gente d'Abruzzo? Ci cedevate i vostri letti migliori, le vesti, gratis, se non
avevamo denaro».
Mattarella ha così proseguito:
“Vennero
poi le gesta della Brigata Maiella che ci conducono qui oggi a ricordare per
tutta Italia la liberazione del 25 aprile. Partita dall'Abruzzo e finita nel
lontano Veneto. Ce le hanno narrate, con efficacia e partecipazione lo storico
Marco Patricelli e con la sua testimonianza scritta Antonio Rullo, che combatté
con questa leggendaria Brigata, accanto a Ettore e Domenico Troilo,
straordinarie figure da ricordare sempre. Desidero ancora ringraziarlo per il
suo messaggio, che ha aggiunto calore e commozione al nostro ricordo. Saluto
anche i figli presenti di Ettore e Domenico Troilo e li ringrazio per la loro
presenza, così significativa, tra noi.
La
nascita del movimento della Resistenza, che mosse i primi passi in Abruzzo,
segna il vero spartiacque della nostra storia nazionale verso la libertà. Chiuse
la fase della dittatura e portò l'Italia all'approdo della libertà, della
democrazia e della Costituzione”
Il quotidiano socialista Avanti! del 27 aprile1945 e sotto il Nuovo Corriere, quotidiano di Firenze dello stesso giorno
Ed ha concluso:
“La vita
democratica, dopo il cupo ventennio fascista, ha le sue radici nella lotta di
liberazione. E la nostra Costituzione, sigillo di libertà e democrazia, come
scrisse Costantino Mortati nel 1955, nel decennale della Liberazione, «si
collega al grande moto di rinnovamento espresso dalla Resistenza».
Vorrei
concludere rivolgendo un commosso pensiero anche a tutti quei giovani soldati,
provenienti da tante parti del mondo, che sono caduti sul suolo italiano per
liberarci dal giogo nazifascista e che riposano nei cimiteri di guerra: non sono
stranieri, ma sono nostri fratelli.
Il
ricordo della Repubblica li abbraccia insieme ai nostri caduti della Resistenza,
cui è sempre rivolto il nostro pensiero riconoscente e ammirato.
Viva la
Resistenza, viva l'Italia libera e democratica”
Mentre il Paese sta attraversando un periodo di incertezza politica, il Capo
dello Stato ha tracciato una strada. Sta a noi cittadini percorrerla.