Individuata la sorgente magmatica
dell’Etna
Simulazioni al computer dei percorsi di risalita del magma dal mantello
terrestre suggeriscono la posizione della sorgente che alimenta le eruzioni
dell’Etna e che, in passato, ha generato i vulcani dei Monti Iblei, oggi
estinti. Lo studio, condotto da ricercatori INGV, GFZ Potsdam e Università Roma
Tre e di Catania, è stato pubblicato su Earth & Planetary Science Letters,
Elsevier B.V.
Due belle foto dell'Etna scattate dal nostro collaboratore Bartolomeo Buscema
Potrebbe essere la Scarpata di Malta, la sorgente dei magmi che alimenta le
eruzioni dell’Etna e che, in passato, ha dato vita ai vulcani dei Monti Iblei,
oggi estinti. A svelarlo, lo studio, Etnean and Hyblean volcanism shifted away
from the Malta Escarpment by crustal stresses, condotto da un team di
ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), German
Centre for Geosciences (GFZ) di Potsdam, Università degli Studi Roma Tre e di
Catania.
I risultati della ricerca sono stati pubblicati su Earth & Planetary Science
Letters, Elsevier B.V. https://authors.elsevier.com/a/1WQH-,Ig4DB85;
https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0012821X18300165
“Eruzioni e terremoti sono parenti stretti”, spiega Marco Neri, primo
ricercatore dell’Osservatorio Etneo-INGV. “Come facce opposte della stessa
medaglia, entrambi i fenomeni accadono soprattutto lungo i margini delle placche
tettoniche che segmentano la superficie della Terra. Esistono, però, vulcani che
non seguono questa regola, perché si sviluppano all’interno delle placche
tettoniche e non sui bordi. Si tratta di un vulcanismo che i geologi definiscono
di tipo “intraplacca”, proprio come i vulcani che da milioni di anni eruttano
lungo la Sicilia orientale”.
Sebbene da cinquecentomila anni ad oggi è l’Etna ad essere molto attivo, in
precedenza e per milioni di anni sono stati i Monti Iblei (un altopiano montuoso
localizzato nella parte sud-orientale della Sicilia) a dominare la scena,
ospitando numerosi vulcani distribuiti da Capo Passero alla Piana di Catania e
da Siracusa a Grammichele.
Ma qual è la sorgente che alimenta le eruzioni dell’Etna? E da dove provengono i
magmi che hanno dato vita ai vulcani iblei?
“Abbiamo simulato al computer i percorsi di propagazione del magma al di sotto
dei vulcani iblei ed etnei fino al limite crosta-mantello, a circa 30 km di
profondità”, prosegue Neri. “Nei calcoli abbiamo considerato i diversi regimi
tettonici che si sono alternati in Sicilia orientale negli ultimi dieci milioni
di anni. In quest’area la crosta terrestre è stata compressa oppure dilatata con
diverse direzioni di estensione e compressione, che hanno a loro volta favorito
o contrastato la risalita dei magmi dal mantello verso la superficie. Il modello
ha anche messo in luce la progressiva evoluzione delle faglie della Scarpata di
Malta, che nel tempo si sono approfondite aumentando il carico litostatico
indotto dalle masse di roccia in deformazione”, aggiunge il ricercatore
dell’OE-INGV.
Gli scienziati hanno, così, scoperto che le traiettorie seguite dal magma lungo
la risalita dal mantello terrestre verso la superficie non sono verticali, bensì
variamente curve.
“Le traiettorie del magma confluiscono, verso il basso, sia per l’Etna sia per i
vulcani degli Iblei, in una stessa zona, sottostante la cosiddetta Scarpata di
Malta”, afferma Neri. “Si tratta di una struttura tettonica che apre la crosta
terrestre in Sicilia orientale e permette la risalita dei magmi dal mantello. Ma
la Scarpata di Malta è anche un imponente sistema di faglie “sismogenetiche”
situate poco al largo delle coste orientali siciliane sotto il Mare Ionio e
capaci di generare terremoti. Le sue faglie si allungano per oltre trecento
chilometri producendo, nel fondale marino, una scarpata profonda fino a tremila
metri”.
E sarebbe stata proprio la Scarpata di Malta ad aver generato, l’11 gennaio del
1693, nella Val di Noto, il sisma più violento accaduto negli ultimi mille anni
in Italia: Magnitudo Mw7.4, cinquantaquattromila vittime e un devastante tsunami
indotto dallo scuotimento del fondale marino.
“Lo studio dimostra che anche in Sicilia orientale vulcani e faglie
sismogenetiche sono espressione di un unico contesto vulcano-tettonico attivo da
milioni di anni e che evolve nel tempo, spiegando perché i vulcani iblei sono
oggi estinti, mentre l’Etna è ancora molto attivo. Individuare la zona di
provenienza dei magmi consente anche di vincolare i modelli geochimici che
indagano sul perché si formano i magmi”, conclude Marco Neri.
Figura 1 – Una colata lavica dell’Etna si espande sull’alto fianco orientale del
Vulcano. Il box in basso a sinistra mostra in modo semplificato la sorgente dei
magmi etnei, localizzata sotto le faglie della Scarpata di Malta
Figura 2 –
I crateri attivi alla sommità dell’Etna, ripresi da sud-est