delle polveri sottili nel nostro Bel Paese
La normativa europea e quella italiana sono estremamente permissive rispetto a
quanto prescritto dall’OMS
di Bartolomeo Buscema
Due filtri di una centralina per il rilevamento delle polveri sottili: a destra
quello non ancora usato, a sinistra quello appena tolto dalla centralina
A molti di noi è capitato di osservare quel «nero» appiccicaticcio che si posa
sui nostri davanzali, sulle nostre piante d’appartamento, sui nostri mobili. Si
tratta delle famigerate e dannose polveri sottili generate dalla combustione dei
motori, soprattutto quelli diesel, dagli impianti di
riscaldamento, principalmente quelli a legna e pellet, dagli impianti
industriali.
Scientificamente conosciute con l’acronimo PM (Particulate Matter), ce ne sono
di varie granulometrie. Ad esempio, la sigla PM10, che identifica una delle
numerose frazioni in cui esso è classificato, si riferisce a piccole particelle
microscopiche il cui diametro è uguale o inferiore a 10 millesimi di millimetro.
Ricordiamo che circa il 60% del PM10 è composto da particelle più piccole
(PM2,5) che, se inalate, sono capaci di raggiungere in trenta giorni le porzioni
alveolari dei polmoni con effetti nefasti legati soprattutto alle sostanze
nocive presenti in atmosfera, tra cui il biossido di zolfo, gli ossidi di azoto,
ecc. Per evitare pericolose patologie polmonari, l’OMS (l’Organizzazione
Mondiale della Sanità) ne fissa il limite a 20 microgrammi
per metro cubo, senza mai raggiungere, in un giorno, la soglia dei 50
microgrammi per metro cubo. La
direttiva europea e quella italiana sono, inspiegabilmente, molto meno
restrittive: il livello annuale del PM10 non può essere superiore a 40
microgrammi per metro cubo (il doppio dell’Oms), e la soglia dei 50 microgrammi
per metro cubo non può essere
superata più di 35 volte in un anno. Purtroppo, in Italia, nel 2017, il limite
annuale per le polveri sottili è stato abbondantemente superato in 39 capoluoghi
di provincia italiani, con una media giornaliera di 50 microgrammi per metro
cubo .Portano la maglia nera con più di 100 giorni di inquinamento oltre il
limite :Torino con 112giorni, Cremona con 105, Alessandria con 103, Padova con
102 e Pavia con 101 giorni. Ma anche Asti, con 98 giornate oltre il limite,
Milano con 97, Venezia con 94, Frosinone con 93, Lodi
e Vicenza con 90 giorni.
Questo è il quadro preoccupante tracciato da Legambiente
nel suo rapporto annuale “Mal’aria 2018 – L’Europa chiama, l’Italia
risponde, pubblicato lo scorso 25
Gennaio.
E’ ormai tristemente nota la stretta correlazione tra gli alti livelli di
polveri sottili e le morti premature. Le stime dell’Agenzia Ambientale Europea
(EEA) ci dicono che nel nostro Bel Paese più di 60 mila decessi
l’anno sono attribuibili
all’inquinamento dell’aria, con un evidente e conseguente aggravio dei costi per
il nostro Sistema Sanitario Nazionale.
Registriamo che, negli anni passati, l’Italia è stata sottoposta a due procedure
d’infrazione da parte della Commissione Europea.
La prima, n. 2014/2147 notificata l'11 luglio 2014, riguardava la cattiva applicazione della direttiva 2008/50/CE ed era dovuta al superamento dei limiti di PM10 in 19 zone tra il 2008 e il 2012. La seconda, n. 2015/2043 notificata il 29 maggio 2015, era legata al superamento dei valori limite di biossido di azoto (NO2) in 15 zone tra il 2012 e il 2014.
Entrambe le procedure d’infrazione sono ormai giunte a una fase avanzata,
restringendo così i tempi per le necessarie contro misure, in parte contenute
nel citato rapporto di Legambiente che dà anche una valutazione sui risultati
parziali ottenuti. E’ ora di fare di più, di cominciare a rimboccarsi le mani.