Fra le prime esperienze italiane
quella della Valdelsa da Vinci a Certaldo
di Silvia Talli
Si sta affermando in Italia un nuovo concetto di museo, non più ontologicamente
collegato alla materialità di una struttura destinata ad ospitare opere
artistiche di un determinato autore o riferibili ad una specifica corrente o
forma d’arte ma che invece si fonde con l’idea dello spazio come estensione e,
più precisamente, come territorialità. Si tratta del cosiddetto “museo diffuso”
che prende spunto dall’intuizione del museologo francese Georges Henry Riviére
che con Hugues de Varine, agli inizi degli anni ’70 teorizzò l’idea di un nuovo
modo di fare museo fondato sulla multipolarità delle sue diverse componenti e
destinato ad assumere la valenza di bene sociale, oltre che culturale, di una
comunità che se ne sentisse parte integrante e custode attiva.
Il “museo diffuso”, infatti, è stato pensato quale espressione diretta ed
immanente di un territorio che in questo modo si rivela nelle sue molteplici
espressioni identificative.
In tale prospettiva, il museo si colloca in una dimensione dinamica fino ad
identificarsi con un “percorso”, materiale ma non solo. E’ questa la filosofia
che ha ispirato, in Toscana, il Museo Diffuso dell’Empolese Valdelsa.
Si
tratta per l’appunto di un itinerario comprendente un’area che da Vinci si snoda
fino a Certaldo e all’interno della quale sono visitabili ben 21 musei
convenzionati, ciascuno con una peculiare offerta artistica, e piccoli centri di
indubbio interesse storico-culturale. Non un luogo unico, dunque, e come tale
specificamente identificabile, ma una pluralità di luoghi o, per meglio dire, di
“tappe” che come tante piccole tessere di un mosaico sono ognuna diversa
dall’altra ma tutte singolarmente destinate a comporre un insieme che ha già in
sé una propria ragione d’essere.
L’idea dello spazio che si sostanzia nella territorialità prescinde, infatti, da
ciò che è monotematico per valorizzare, al contrario, la varietà ma richiede
allo stesso tempo un filo conduttore che esalti l’identità di una determinata
dimensione spaziale, quale è appunto il territorio, rendendola riconoscibile non
solo all’esterno, e quindi a chi sceglie di accedervi, ma anche a coloro che la
popolano. Cinzia Compalati, storica dell’arte e direttore scientifico di questo
innovativo polo museale a cielo aperto, ha individuato il “trait d’union” che
collega il luoghi dell’Empolese Valdelsa nel percorso della Francigena. Ecco,
dunque, che per avventurarsi in questo museo “sui generis” occorre un documento
di viaggio su cui vengono apposti dei timbri e che non a caso si è scelto di
denominare la “Credenziale del Pellegrino dell’arte”. Tale “passaporto” dà
diritto per un anno intero e con un biglietto unico al prezzo di soli 15 Euro
(anziché 52), all’ingresso ai 21 musei presenti in questa vasta area della
Toscana che si estende per oltre 700 km quadrati.
Ognuna delle “tappe” del percorso, anche se piccola e periferica rispetto ai
centri più noti, dà al visitatore la possibilità di fruire di un’offerta
artistica di alto livello ma ancora non abbastanza conosciuta.
Basti pensare al Sacro Monte di San Vivaldo, nell’omonima frazione del comune di
Montaione, con le sue cappelle risalenti agli inizi del Cinquecento che, oltre a
custodire gruppi statuari in terracotta ispirate alla vita e alla Passione del
Cristo, riproducono esattamente la
topografia di Gerusalemme e dei suoi luoghi santi. San Vivaldo, infatti,
conosciuta come la “Gerusalemme di Toscana”, nacque proprio come meta di
pellegrinaggio per chi non poteva affrontare un viaggio in Terra Santa.
Per non parlare di Certaldo, centro medievale nel cuore della Valdelsa che dette
i natali a Boccaccio ed in cui è possibile visitare la casa museo del celebre
novelliere, oltre a Palazzo Pretorio che ospita opere di rilievo artistico fra
cui dipinti del quindicesimo secolo.
Altra “tappa” è quella di Castelfiorentino dove si possono visitare il Museo
Benozzo Gozzoli e il Museo di Santa Verdiana. Quest’ultimo, adiacente
all’omonimo santuario, ospita la Madonna con bambino di Cimabue e Giotto e altre
opere su tavola risalenti al tredicesimo e quattordicesimo secolo. Il percorso
tocca anche Gambassi Terme dove sono presenti pregevoli testimonianze di arte
romanica quali la Pieve di Santa Maria in Chianni e, nella vicina frazione di
Varna, la Canonica di San Giovanni; mentre ad Empoli è possibile visitare la
Casa del Pontormo e il Museo della Collegiata. A Vinci, estremità settentrionale
del MuDEV, il pellegrinaggio artistico porta direttamente al Museo Leonardiano e
alla Casa Natale di Leonardo da Vinci.
Arte, quindi, tanta arte ma non solo. L’idea del “museo diffuso” che nasce nel
segno del territorio e della sua peculiarità, coinvolge inevitabilmente una
moltitudine di ulteriori aspetti che lo identificano quali le tradizioni,
l’artigianato, i prodotti della terra fino all’enogastronomia, senza peraltro
dimenticare il ruolo primario attribuito alla storia locale, non necessariamente
antica ma anche contemporanea, riportata in tal modo alla sua dignità quale eco
periferico ma affatto marginale della storia nazionale e, a ben vedere, non solo
di questa.
Così a Montespertoli, borgo medievale adagiato su una collina del Chianti e
celebre zona vinicola, è possibile visitare il Museo della Vite e del Vino; a
Gambassi Terme e a Empoli il Museo del Vetro, a Montelupo Fiorentino il Museo
della Ceramica, a Certaldo il Museo del Chiodo mentre a Capraia e Limite il
Centro Espositivo della Cantieristica e del Canottaggio. Senza dimenticare il
Museo Civico di Fucecchio, tipico esempio di museo del territorio.
Per quanto riguarda la storia recente, non poteva mancare la “tappa” di Cerreto
Guidi con il suo Museo della Memoria Locale, caratterizzato da una dialettica
costante fra passato e presente, fra valorizzazione delle radici storiche che
coinvolgono il vissuto di una comunità e tensione della stessa verso il futuro
nel segno di una fruttuosa interazione fra generazioni diverse all’interno di
una medesima realtà territoriale.
Così il MuMeLoc, se da un lato nasce con l’impronta indelebile dell’eccidio
nazi-fascista del 23 agosto 1944 che causò 175 morti fra la popolazione civile,
dall’altro si pone come sede di progetti in continuo divenire.
Dietro il Museo Diffuso dell’Empolese Valdelsa, dunque, ci sono tante
componenti: passato e presente, territorio e comunità, valorizzazione del
patrimonio storico e culturale di una determinata area territoriale, ricerca di
nuove forme di sviluppo economico sostenibile; tutti elementi, questi, destinati
a ridefinirsi attraverso uno sguardo costante verso il futuro e le sue
sollecitazioni, perché il “museo diffuso” poggia su solide basi identitarie ma
nello stesso tempo è destinato a innovarsi senza rimanere mai fermo
parallelamente alla comunità che ne è il motore trainante e di cui esso è
diretta emanazione. Tutto ciò è già molto importante ma non esaurisce questa
“nuova filosofia” di museo che esprime, fra l’altro, non solo l’intento di
valorizzare luoghi meno noti, altrimenti destinati a rimanere ingiustamente al
di fuori dei percorsi turistici, ma anche quello di creare una nuova
consapevolezza nel turista come nello stesso membro di quella comunità che si fa
polo museale a cielo aperto. Si tratta, insomma, di promuovere un nuovo modo di
intendere il turismo e nel contempo
di vivere il proprio territorio.
Così, proprio come il pellegrino della Francigena sceglie la via più lunga e
impervia, mosso dal desiderio di cercare ciò che non è a portata di mano ma che
lo può arricchire, allo stesso modo il “pellegrino dell’arte”, e chi lo
accompagna nel suo viaggio, compie una scelta meditata che non si esaurisce in
una parentesi frettolosa ma in un percorso che è autentica e personale ricerca.