L’evoluzione delle città

Da smart e healthy

La salute come bene collettivo

Intervista al prof. Marco Trabucchi, dell’Università di Tor Vergata di Roma, Presidente dell'Associazione Italiana di Psicogeriatria e  direttore scientifico del Gruppo di Ricerca Geriatrica di Brescia.

 

di Luisa Monini

 

In questo primo squarcio di secolo le città, di volta in volta, sono state chiamate a diventare Smart, luoghi cioè in cui gli investimenti in capitale umano e sociale, nelle infrastrutture tradizionali e moderne (ICT) favorissero una migliore qualità della vita, una crescita economica sostenibile e una gestione consapevole delle risorse naturali con il coinvolgimento attivo dei cittadini. Poi alle città è stato chiesto di diventare Friendly: vale a dire più vicine a tutti i cittadini, soprattutto a quelli disabili, facilitandone attività e spostamenti. A tal proposito è doveroso ricordare che a Milano, in occasione della Giornata Europea Delle Persone con Disabilità 2016, è stato conferito il primo premio “ Access City Award”. Arriviamo così a un’altra fondamentale caratteristica che le città di tutto il mondo, o buona parte di esso, dovranno raggiungere entro il 2030 seguendo alcuni dei 17 obiettivi di sviluppo sostenibili siglati nel 2015 da 150 Paesi delle N.U.; in particolare l’ obiettivo N. 3: Assicurare la salute e il benessere per tutti e per tutte le età e il N. 11: Rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, duraturi, sicuri e sostenibili. Oggi dunque alle città si chiede di essere anche healthy; con decisori politici consapevoli dell’importanza della salute come bene collettivo e che mettano in atto  politiche chiare per tutelarla e migliorarla. I Comuni delle grandi città si stanno attivando molto bene in tal senso ma molta strada rimane ancora da fare perché, anno dopo anno, la cittadinanza cambia sembianze, diventa più numerosa, variegata ed esigente, imponendo scelte forse non previste ma sicuramente da calendarizzare in Agenda nei prossimi anni per soddisfare soprattutto  i bisogni socio-sanitari e delle persone più fragili tra noi: bambini, migranti e anziani; questi ultimi per lo più cittadini italiani che hanno lavorato nella loro vita producendo reddito e che meritano cure e assistenze gratuite, adeguate, dignitose, efficaci nonché dovute. Alcune riflessioni dunque s’impongono in questo periodo dell’anno che ha appena portato nelle case di molti di noi, la gioia e l’incanto di una nuova nascita. Ed è come se in ogni Casa fosse nato un bambino, una nuova vita da amare e della quale prendersi cura. Sempre.

Secondo recenti dati Istat l’aspettativa di vita alla nascita oggi è di 80-84 anni per i bimbi e di 86 anni per le bimbe. Come sarà la vecchiaia che li attende non ci è dato immaginarlo, visto i tempi che corrono; possiamo invece riflettere sul presente dei nostri anziani, assai critico. La tutela dell’anziano fragile oggi è un’emergenza sociale: per l’innalzarsi dell’età media della popolazione, per l’aumento delle cronicità, per l’incremento della spesa pubblica, per l’aumento della povertà, per i carichi di cura della rete parentale, per l’equità fra le generazioni. In questo capovolgimento storico e culturale prima ancora che demografico- epidemiologico-economico e sociale la Casa non è stata finora al centro delle  attenzioni da parte dei politici e quindi non è stata ancora resa intelligente, sicura ed elastica abbastanza per soddisfare le esigenze dei suoi inquilini che cambiano con il progredire dell’età. Ne parliamo con il prof. Marco Trabucchi, dell’Università di Tor Vergata di Roma, Presidente dell'Associazione Italiana di Psicogeriatria e  direttore scientifico del Gruppo di Ricerca Geriatrica di Brescia. Trabucchi  non ha dubbi nell’ affermare che le persone anziane, in quanto fragili, debbano restare sul loro territorio e continuare a vivere nel loro ambiente naturale, in case ospitali in grado di offrire loro calore e protezione. “La Casa fa parte di un sistema e non deve rappresentare per l’anziano solo un rifugio dal mondo esterno. Se la rete delle strade funziona, se uscire è cosa fattibile, piacevole e sicura allora la Casa ha un senso”. Il Presidente precisa che non c’è nulla di reazionario nel pretendere più sicurezza nelle strade dove gli anziani rischiano di essere disturbati da persone che chiedono e che esercitano pressioni al limite della violenza. Per non parlare del traffico: “Se uscendo di casa si rischia di essere travolti dalle biciclette, dalle moto, dalle auto che non si fermano ai semafori o alle strisce bianche, gli anziani ridurranno i propri movimenti, i propri spazi. Inoltre, precisa Trabucchi, la chiusura di molti negozi nei centri storici ha  reso molte città piene di solitudini, di silenzi e di difficoltà pratiche, obbligando le persone ad andare sino al supermercato o comunque in zone scomode rispetto a dove vivono.

C’è ancora molto da fare “ sostiene il Presidente: “L’amministrazione pubblica non deve  contare solo sui  soldi,  ma deve avere la capacità, ed è qui la superiorità della politica, di mettere insieme quello che c’è già per valorizzarlo e per creare delle situazioni che si arricchiscono progressivamente e vicendevolmente”. Sugli sforzi politici ed economici che, con la nuova riforma regionale, si stanno mettendo in atto per garantire la presa in carico delle fragilità con una continuità assistenziale integrata ospedale-territorio e sulle eventuali ricadute negative che questa manovra potrebbe avere per il futuro dei giovani, Trabucchi afferma: “ Non credo che le nuove generazioni ci perdano se si offrono servizi sistematici e efficaci agli anziani e per vari motivi: il primo è di ordine psicologico, diverso da quello che la gente normalmente crede. Se noi offriamo un futuro sereno agli anziani, il giovane sa di essere inserito in una società giusta, equilibrata che si preoccupa dei più fragili e quindi anche dei suoi rischi per il futuro”.  E Trabucchi torna a parlare del valore della Casa e del Territorio “ Una seria politica della Casa favorisce la gestione integrata ospedale – territorio nella cura agli anziani, favorisce il rapporto intergenerazionale, la coesione sociale e crea il capitale sociale”.

 

Il Galileo