di Luisa Monini
“Perché
fu alla gente più disprezzata, emarginata, sporca e impura, quale allora erano
considerati i pastori costretti a vivere per lunghi periodi fuori dalle città
con le loro bestie, che Dio ha riservato l’onore di conoscere prima degli altri,
la venuta del Messia”. Luca, nel suo Vangelo narra che i pastori, avvolti da una
gran luce, si spaventarono, ma che l'angelo presto li tranquillizzò: “Non
temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è
nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore. Questo per voi
il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia”. E
subito apparve con l'angelo una moltitudine dell'esercito celeste che lodava Dio
e diceva: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che
egli ama».
E gli uomini che egli più ama sono proprio
loro: gli abbandonati, i dimenticati, le persone senza più speranza, gli ultimi.
Il profeta Isaia per indicare il Messia, quindi Gesù, utilizzava il nome
Emmanuele che in ebraico significa “Dio è con noi”, Dio verso l'uomo, il Grande
verso il piccolo. Dio entra nel mondo dal punto più basso perché nessuna
creatura sia più in basso di Lui e tutti quindi possano essere raggiunti dal suo
abbraccio che salva. La storia dunque ricomincia dagli ultimi, ogni giorno