Dal Fronte popolare francese del 1938
alle divisioni del centro-sinistra italiano
Il fallimento del Fronte di Léon
Blum spianò la strada al governo di Pétain
che consegnò la Francia ai nazisti
Le analogie con la situazione tedesca e italiana
di Giuseppe Prunai
Il deja vu è inevitabile osservando le difficoltà della cancelliera tedesca
Angela Merkel per varare la große
koalition, impedita finora dalle bizze del leader socialista Martin Schulz, un
personaggio che deve la sua notorietà soprattutto ad un’infelice battuta di
Silvio Berlusconi (quella del kapo, ricordate?) più che ai suoi meriti politici.
E il deja vu riaffiora prepotentemente osservando la situazione politica
italiana: mentre nel centrodestra si va delineando, sia pure a grande fatica
questa volta, una coalizione che va dai neofascisti della Meloni ai
secessionisti lombardi di Salvini, all’ultradestra economica di Berlusconi, nel
centrosinistra predomina la divisione, il distinguo, il personalismo,
la guerra fra bande tra il PD di stretta ortodossia (i renziani si
potrebbe dire) e i dalemiani, i bersaniani, gli emiliani etc. etc. Vani, finora,
i tentativi di mediazione svolti scientificamente da Fassino, confusamente da
Pisapia, senza convinzione da Prodi. La realtà è che si vuole abbattere Renzi ad
ogni costo prima del voto. Se un tempo, per sostituire il segretario di un
partito si convocava un congresso, adesso si sega direttamente il partito
infischiandosene se poi si finisce per consegnare il paese agli avversari.
Il
deja vu, l’analoga situazione a cui mi riferisco è lontana nella storia
un’ottantina di anni. Ma la storia, si sa, ha i suoi corsi e ricorsi, i suoi
cicli, insomma, si ripete. Parlo del Fronte popolare francese di Léon Blum (foto
a sinistra) del 1938.
Domanda: chi era Léon Blum? E’ stato uno dei dirigenti della sezione
francese dell’internazionale operaia (SFIO) che ha segnato la storia politica
francese soprattutto per aver rifiutato l’adesione dei socialisti alla Terza
internazionale comunista nel 1920, determinando la inevitabile scissione tra
socialisti e comunisti con un anno di anticipo rispetto all’Italia, dove la
cosiddetta “scissione di Livorno” si consumò nel 1921. Ma Blum è stato anche un
raffinato intellettuale. Nato a Parigi nel 1872 fu allievo del liceo “Henri IV”
dove incontrò André Gide (foto a destra) e sul giornale fondato da quest’ultimo,
pubblicò, a soli 17 anni, le sue prime poesie. Nel 1890, Blum entrò all’Ecole
normale superieure ma ne venne espulso alla fine del primo anno. Si iscrisse
allora ai corsi di giurisprudenza e letteratura della Sorbona. Si laureò in
lettere nel 1891 e in legge nel 1894.
Di religione ebraica, il suo coinvolgimento in politica coincide con l’Affare
Dreyfus, un ufficiale d’artiglieria ebreo accusato ingiustamente di spionaggio a
favore dell’impero tedesco nel 1894. Un’accusa infondata perché il vero
traditore era un suo superiore. Ma contro Dreufus giocò il clima di
antisemitismo che avvelenò la Francia di quegli anni, la fobia del diverso,
l’odio nei suoi confronti nonché i depistaggi dei servizi segreti per proteggere
il vero responsabile del tradimento. Dreyfus fu
processato, condannato, degradato ed esiliato all'Isola del diavolo ma in suo
favore si schierarono numerosi intellettuali come André Gide, Anatole France,
Marcel Proust e soprattutto Emile Zola che scrisse il famoso J'accuse. Il
processo fu riaperto e Dreyfus
riabilitato.
Ma il Leon Blum che qui ci interessa è
quello che lo vede presidente del consiglio dal 4 giugno 1936 al 27 giugno 1937
e dal 13 marzo 1938 al 10 aprile 1938 in entrambi i casi il suo governo era
sostenuto da una larga coalizione di sinistra, il Fronte Popolare che alle
elezioni dell’ aprile 1936 aveva ottenuto una maggioranza di 386 seggi su 608,
(la maggioranza del 50% più uno era di 304 voti). Purtroppo - ed ecco perché
abbiamo parlato di ricorsi storici - il fronte fu una coalizione divisa,
lacerata dai distinguo, dalle prese di posizione sterili, dai personalismi
idioti di stampo narcisista, dalla presunzione dei gruppuscoli di presentarsi
come partiti di massa. Il clima era dei più
velenosi
e litigiosi e per affermare un principio, anche se valido ma non
condiviso, non si esitava a mettere in crisi il governo che cadde per due
volte. La seconda crisi spianò la strada alla compagine del maresciallo Pétain
(foto a sinistra) che guidò il governo filo-tedesco e collaborazionista di Vichy
che apri le porte della Francia ai nazisti. Bloom fu deportato dalle SS e
internato in un albergo nel Tirolo italiano, presso il Lago di Braies dove il 4
maggio 1945 fu liberato dai soldati americani. Dopo la Liberazione, Blum fu a
capo del Governo Provvisorio francese in carica dal 16 dicembre 1946 al 22
gennaio 1947. Esaurito il mandato si ritirò a Versailles dove morì per un
infarto il 30 marzo 1950. Aveva 77 anni.
L’esperienza del Fronte riporta alla mente numerose, analoghe situazioni. A me
ha ricordato un sonetto di Giuseppe Giusti; “I più tirano i meno”.
“Che i più tirano i meno è verità/ posto che sia nei più senno e virtù/ Ma
i meno caro mio tirano i più/ se i più trattiene inerzia o asinità” sentenzia il
poeta toscano riferendosi alle divisioni ideologiche e politiche dei patrioti
risorgimentali destinati a confrontarsi sparpagliati contro il muro dei
conservatori e degli austriacanti. La maggiore delle divisioni, riguardava
l’assetto istituzionale della futura Italia: monarchia o repubblica? I Savoia o
Giuseppe Mazzini? Il problema fu risolto un secolo dopo con il referendum
del 2 giugno 1946. Narrare le
sorti del Fronte popolare sembra narrare una favola di Esopo, una di
quelle storielle cariche di significati reconditi che si concludono con una
morale introdotta dalla frase rituale Ὁ
μῦθος δηλοῖ ὅτι... (O
mythos dēloi hoti...)..la
favola insegna che… Ma cosa insegna?
Historia magistra vitae,
scrive Cicerone nel De Oratore, la storia è maestra di vita. Ma
l’esperienza francese del Fronte, come quella italiana delle divisioni
ideologiche del Risorgimento ci hanno insegnato qualcosa?